Da oggi, i pazienti affetti da ipofosfatasia avranno uno strumento in più per combattere la malattia. L’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) ha infatti dato il suo via libera alla rimborsabilità di Asfotase alfa, una terapia enzimatica sostitutiva a lungo termine indicata per il trattamento degli adulti e dei bambini.
Cos’è l’ipofosfatasia
Si tratta di una rara patologia ereditaria causata dalla carenza di attività della fosfatasi alcalina, un enzima coinvolto nello sviluppo delle ossa e nelle funzioni del sistema muscolare e nervoso. I pazienti affetti da questa malattia, che si presenta in forma severa in un caso su 300mila, accusano sintomi molto diversi, che in età pediatrica vanno dalle crisi convulsive al dolore muscolare, passando per deformità scheletriche, rachitismo e perdita prematura dei denti decidui. Gli adulti, invece, spesso accusano fratture, dolore muscoloscheletrico, affaticamento e difficoltà nella deambulazione.
I sintomi della malattia
«La malattia può non essere riconosciuta e diagnosticata in modo appropriato – ha sottolineato la professoressa Maria Luisa Brandi, presidente della Fondazione FIRMO – Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso, nel corso dell’evento con cui si è annunciata la rimborsabilità del nuovo farmaco -. Esistono numerose varianti e ogni paziente sviluppa l’ipofosfatasia in forma diversa, pur all’interno di un quadro comune. Sintomi come difficoltà motorie, debolezza muscolare, insonnia, ansia e depressione, disturbi respiratori sono manifestazioni aspecifiche che rischiano di essere scambiate per altri problemi di salute, causando un ritardo diagnostico significativo, soprattutto tra gli adulti».
Come funziona il nuovo farmaco per i pazienti con ipofosfatasia
Somministrato attraverso iniezione sottocutanea tre volte a settimana, il farmaco viene inoculato dai pediatri nei pazienti più piccoli e tramite auto somministrazione negli adulti. Asfotase alfa è il primo rimedio del suo genere nel contrasto dell’ipofosfatasia.
Una terapia che è una piccola rivoluzione
Avere una terapia che aiuti la mineralizzazione dello scheletro è dunque una piccola rivoluzione accolta con grande ottimismo da medici e associazioni di pazienti. «La rimborsabilità di asfotase alfa rappresenta un importante passo avanti per chi è affetto dalla malattia e per le loro famiglie – ha affermato Marco Pitea, medico del Dipartimento di Pediatria presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano -. Allo stesso tempo dà agli operatori sanitari la possibilità di offrire un trattamento efficace e sicuro a una più ampia popolazione di pazienti. In mancanza di un trattamento, infatti, le famiglie con un bimbo affetto da ipofosfatasia possono affrontare problematiche legate al suo sviluppo, alla sua crescita armonica e alla sua mobilità. Nel neonato possono presentarsi sintomi anche gravi con rischio di mortalità e morbilità elevato».
La voce dei pazienti
Al dottor Pitea ha fatto eco Luisa Nico, Presidente API – Associazione Pazienti Ipofosfatasia. «Questa è è una malattia con un impatto devastante sulla qualità della vita – ha detto -. Si pensi a quanto siano complicate, per esempio, azioni come il vestirsi, allacciarsi le scarpe, perfino stringere la moka per preparare il caffè. Il nostro impegno sarà ancora maggiore sia per aumentare la conoscenza della patologia sia per ottenere una diagnosi precoce e più tempestiva, ora che abbiamo a disposizione un trattamento efficace». «Prima di iniziare il trattamento con asfotase alfa, la mia vita era un continuo susseguirsi di dolori e difficoltà – ha spiegato un paziente -. Ogni giorno era una sfida, ma ora, grazie a questa terapia, posso finalmente sperare in una vita più normale e attiva».
Prospettive future
Con l’introduzione di asfotase alfa, le prospettive per i pazienti affetti da ipofosfatasia sono notevolmente migliorate. Tuttavia, la ricerca non si ferma. Gli esperti sono ottimisti riguardo al futuro e stanno esplorando ulteriori possibilità per migliorare la qualità della vita dei pazienti. Uno degli obiettivi principali è quello di sviluppare trattamenti che possano essere somministrati con meno frequenza, riducendo così l’onere per i pazienti e le loro famiglie. Inoltre, si stanno studiando nuove combinazioni di terapie che potrebbero potenziare l’efficacia di asfotase alfa e offrire risultati migliori. La diagnosi precoce rimane una priorità. «Con una maggiore consapevolezza della malattia e una migliore formazione dei medici, si spera di ridurre i tempi di diagnosi e di intervenire tempestivamente per prevenire complicazioni gravi -ha concluso la Presidente di API -. Mentre le associazioni di pazienti continueranno a svolgere un ruolo cruciale nel sensibilizzare l’opinione pubblica e nel supportare le famiglie».