Uno studio italiano condotto dall’IRCCS Neuromed di Pozzilli, in collaborazione con l’Università LUM di Casamassima, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The American Journal of Clinical Nutrition ha portato alla luce una preoccupante associazione tra il consumo di alimenti ultra-processati e un più rapido invecchiamento biologico.
La ricerca
La ricerca ha evidenziato come la qualità degli alimenti, non solo in termini nutrizionali, ma anche di lavorazione e formulazione, possa influenzare profondamente la salute a lungo termine. La dott.ssa Simona Esposito, prima autrice dello studio, ha ricevuto il Premio “Gianni Barba” durante il 45° Congresso nazionale della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) per la migliore ricerca scientifica nel campo della nutrizione umana.
Lo studio Moli-sani
Il lavoro si basa sui dati raccolti nell’ambito dello Studio Moli-sani, uno dei più ampi studi epidemiologici italiani, che coinvolge da 20 anni 25.000 cittadini adulti residenti in Molise. Grazie a un approfondito questionario alimentare, i ricercatori hanno potuto analizzare le abitudini alimentari dei partecipanti e calcolare il loro livello di consumo di alimenti ultra-processati (UPF, ultra-processed foods) .
Come verificare gli alimenti ultra-processati
Gli alimenti ultra-processati includono prodotti industriali confezionati che subiscono molteplici fasi di trasformazione e contengono ingredienti aggiunti come zuccheri, sale, additivi, coloranti e aromi. Questi alimenti si distinguono per essere molto diversi dalla forma originaria degli alimenti da cui derivano e presentano spesso etichette con lunghe liste di componenti poco familiari .
Età anagrafica ed età biologica, le differenze
A differenza della semplice età anagrafica, l’età biologica è un indicatore molto più complesso che riflette lo stato di salute reale dell’organismo, includendo la funzionalità degli organi, la salute dei tessuti e il livello generale di infiammazione sistemica. Per stimare questa età “interna”, i ricercatori hanno utilizzato una combinazione di oltre trenta biomarcatori ematici.
Età biologica più alta per chi consuma cibi ultra-processati
«L’analisi ha evidenziato che le persone che riportavano un maggiore consumo di alimenti ultra-processati presentavano, in media, un’età biologica superiore rispetto alla loro età cronologica, indicando una possibile accelerazione dell’invecchiamento dovuta proprio a un consumo più elevato di questi alimenti – ha spiegato la dott.ssa Simona Esposito -. Anche le persone che seguivano regimi alimentari considerati equilibrati dal punto di vista strettamente nutrizionale, ma che includevano una quota significativa di cibi ultra-processati, mostravano segni di invecchiamento biologico più rapido».
Gli alimenti ultra-processati più diffusi
Gli alimenti ultra-processati sono ampiamente diffusi nella dieta moderna e comprendono non solo snack salati, dolci confezionati o bibite gassate, ma anche prodotti insospettabili come pane di cassetta confezionato, alcuni tipi di cereali da colazione, zuppe pronte, piatti pronti surgelati e yogurt aromatizzati. La lavorazione industriale e la diversa formulazione del prodotto possono modificare in modo sostanziale la struttura degli alimenti, alterandone la matrice e riducendone il contenuto naturale di nutrienti, vitamine e fibre.
Statistiche degli alimenti ultra-processati
Secondo l’indagine INHES (Italian Nutrition & Health Survey), condotta dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli, il consumo medio di cibi ultra-processati rappresenta circa il 20% delle calorie giornaliere assunte dagli adulti e un quarto di quelle assunte da bambini e adolescenti. Nel campione analizzato, gli alimenti in questione erano principalmente carni lavorate, sostituti del pane e biscotti dolci. L’indagine ha coinvolto oltre 9.000 persone tra i 5 e i 97 anni e ha permesso di stimare il consumo di cibi ultra-processati in un campione della popolazione italiana.
Le aree di maggior diffusione dei cibi ultra-processati
È emerso che nel sud Italia e nelle aree rurali si fa meno ricorso ad alimenti molto lavorati, rispetto al nord Italia o ai centri urbani. Nella fascia adolescenziale, i ragazzi consumano più cibi ultra-processati delle ragazze, come anche gli adulti che pranzano normalmente fuori casa rispetto a chi ha la consuetudine di mangiare a casa. Inoltre, il consumo di cibi ultra-processati è in aumento in tutto il mondo e costituisce circa il 60% dell’apporto calorico giornaliero di Paesi ad alto reddito come Stati Uniti e Regno Unito. Anche i paesi a medio e basso reddito stanno seguendo questo esempio, con un aumento significativo del consumo di questi alimenti.
Attenzione al packaging
Se i cibi ultra-processati si celano dietro una parvenza di prodotti salutari ed occorre perciò leggere con attenzione le etichette sulle confezioni, un ulteriore elemento di preoccupazione riguarda il packaging. Molti alimenti ultra-processati vengono infatti venduti in contenitori di plastica o materiali multistrato, che possono rilasciare contaminanti chimici potenzialmente dannosi per l’organismo, come ftalati o bisfenoli.
Come tutelare l’età biologica
Sebbene siano necessari ulteriori studi per confermare queste osservazioni e comprendere appieno i meccanismi biologici alla base del rapporto tra alimenti ultra-processati e salute, i dati epidemiologici disponibili fino ad ora sono sufficienti a sollecitare una riflessione profonda sulle raccomandazioni alimentari. È fondamentale educare i consumatori a leggere le etichette, a riconoscere la natura degli alimenti e a privilegiare, laddove possibile, prodotti freschi e minimamente lavorati, prendendo come riferimento la Dieta Mediterranea tradizionale. «Questi risultati rappresentano un ulteriore richiamo a considerare l’alimentazione, non solo come fonte di energia e nutrienti, ma come un potente strumento capace di influenzare la longevità e la qualità della vecchiaia e della vita», conclude la dott.ssa Esposito.