lunedì, Febbraio 10, 2025
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Tumore al fegato: in aumento l’epatocarcinoma tra i giovani obesi

Il tumore al fegato è il sesto più diffuso al mondo e seconda causa di morte tra gli uomini. Il dottor Christian Cotsoglou, Direttore Struttura Complessa Chirurgia 2, IRCCS San Gerardo di Monza spiega perché l’epatocarcinoma oggi colpisce soprattutto i giovani; a quali sintomi prestare attenzione e le possibili cure

È in aumento il numero di tumori al fegato tra i giovani under 40. Il dato allarmante riguarda in particolare l’epatocarcinoma che nasce dagli epatociti. Insieme al colangiocarcinoma  è uno dei più aggressivi, tanto da rendere il tumore al fegato, il sesto più diffuso al mondo e la seconda causa di morte nei soggetti di sesso maschile.  Ne parliamo con Christian Cotsoglou, Chirurgo Oncologo Direttore Struttura Complessa Chirurgia 2, IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.

Dott. Christian Cotsoglou, Chirurgo Oncologo Direttore Struttura Complessa Chirurgia 2, IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza
Dott. Christian Cotsoglou, Chirurgo Oncologo Direttore Struttura Complessa Chirurgia 2, IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza

Dottore, come mai  l’epatocarcinoma oggi è in aumento tra i giovani?

«Fino a due decenni fa era considerato un tumore della terza età con una incidenza media di 65 anni negli uomini e di 73 anni nelle donne, oggi ha una prevalenza tra gli under 40 a causa di nuove malattie metaboliche che interessano in particolare i  giovani dei paesi industrializzati».

Possiamo fare un profilo del soggetto più esposto all’epatocarcinoma oggi?

«Il primo elemento distintivo è l’etnia. Questo tipo di tumore è più frequente nei paesi dell’est. Poi ci sono alcuni fattori classici da considerare, ovvero le patologie non oncologiche predisponenti il tumore».

Quali sono le più comuni?

«Innanzitutto, la cirrosi epatica da virus B e da virus C».

Cosa è cambiato rispetto all’ultimo ventennio per cui oggi sono aumentati i casi nei pazienti sotto i 40 anni?

«A fare la differenza sono i farmaci specifici contro l’epatite C. Questi, chiamati DAA, hanno un ruolo determinante nel decorso della malattia metabolica. Infatti, se un tempo l’epilogo dell’epatite da virus C era il cancro al fegato, oggi la trasformazione si è ridotta sensibilmente grazie al farmaco DAA. In tempi  brevi riesce a guarire il 95% dei pazienti».

Quindi oggi qual è la causa di epatocarcinoma giovanile nei paesi industrializzati come l’Italia?

Occorre ricercarli in nuove malattie metaboliche predisponenti di origini genetiche che hanno incidenza soprattutto nei giovani, tra cui:

  • la Tirosinemia, (malattia genetica metabolica congenita, causata da varie alterazioni genetiche trasmesse con modalità recessiva, in cui l’organismo non può metabolizzare efficacemente l’amminoacido tirosina, che tende quindi ad accumularsi)
  • la sindrome di Alagille, (una condizione genetica che causa dotti biliari ristretti e malformati nel fegato. La bile che non può fluire attraverso i dotti deformati si accumula nel fegato e provoca cicatrici),
  • Malattia di accumulo di glicogeno (si tratta di disordini genetici che influenzano il modo con cui il corpo immagazzina e utilizza il glicogeno, ovvero una forma di zucchero che funge da fonte di energia cruciale) . Non ci dimentichiamo che c’è sempre stato sommato a questa nuova forma di incidenza tumorale. Occorre poi considerare i fattori di rischio».

Esistono anche fattori di rischio generici?

«Sicuramente! Tra questi i più noti sono l’obesità, il diabete e la malattia epatica grassa  non alcolica, ovvero la steatosi epatica non alcolica (NAFLD) dovuta ad un accumulo di grasso nel fegato che genera uno stato infiammatorio epatico. Questo non dipende dall’alcol e neppure da un virus, ma da alcuni fattori metabolici predisponenti. In particolare l’accumulo di grasso. Essere sovrappeso  e non avere uno stile di vita corretto comporta dei rischi maggiori».

Ci sono dei campanelli di allarme?

«No, la malattia è asintomatica perché il fegato non è innervato da fibre sensitive. Non fa male. Solo se la malattia è importante può dare dolore diffuso, perdita di peso e ittero. Purtroppo, non ci sono sintomi sull’epatocarcinoma, mentre invece possono esserci sintomi sulla cirrosi epatica che ha generato l’epatocarcinoma».

Quali esami sono utili per individuare in fase iniziale un epatocarcinoma?

«Oltre agli esami di funzionalità epatica, lo screening si fa andando a cercare il marcatore specifico per questo tumore, che è l’alfa feto proteina. Poi ci sono indagini radiologiche classiche: l’ecografia, la risonanza magnetica, o la Tac con mezzo  di contrasto. In alcuni casi occorre fare anche una biopsia per maggiore sicurezza».

L’aumento di consumo di alcol incide nell’incremento di epatocarcinoma tra i giovani?

«Sì, ma occorre sapere che il danno che fa l’alcol al fegato è dose e tempo correlato. Quindi un ragazzo giovane difficilmente avrà un danno severo a 35 anni, ce l’avrà in età più avanzata se l’abuso di alcol diventerà cronico nel corso degli anni.  Mentre grasso ed obesità in età giovanile invece incidono più precocemente sull’insorgenza del tumore, entro la quarta decade di vita».

Le terapie oggi sono efficaci?

«Occorre fare una premessa, l’epatocarcinoma non può essere dissociato dall’epatopatia di base. Quasi sempre, infatti, sono patologie che insorgono in uno stato di epatopatia o cirrosi.  Quindi il trattamento di questi pazienti è multimodale multidisciplinare ma soprattutto fatto su misura. La terapia dipende anche dallo stadio del tumore e della malattia metabolica sottostante. Può partire da:

  • Trattamenti loco regionali come radiofrequenza, chemio embolizzazione e radioembolizzazione,
  • Chirurgia resettiva complessa
  • Trapianto di fegato che nei giovani è un’ottima terapia perché elimina sia il cancro che il problema metabolico sottostante
  • Farmaci anti-tumorali di nuova generazione
  • Terapie di supporto nei casi in cui i pazienti non possano essere trattati».

La maggiore incidenza negli uomini è frutto di una predisposizione genetica?

«Non ci sono indicazioni al riguardo, ma si considera che l’obesità, l’abuso di alcol e l’incidenza di alcune patologie virali sono più frequenti nei soggetti di sesso maschile».

Esiste una stima in merito alla sopravvivenza?

«Molto dipende dallo stadio della malattia. È strettamente correlato al numero e alla dimensione dei noduli, nonché all’infiltrazione vascolare. Ed esiste una correlazione tra trattamento terapeutico e prognosi. Oggi la sopravvivenza  a 5 anni  riguarda oltre il 70% dei soggetti sottoposti a  trapianto di fegato se all’interno dei Criteri Convenzionali».

Il suo consiglio per prevenire l’epatocarcinoma tra i giovani?

«Occorre seguire una dieta bilanciata e praticare attività fisica moderata, ma costante. Bevande gassate, cibi dolci, zuccheri complessi sono fattori predisponenti. Portano ad uno stato infiammatorio cronico di bambini e adolescenti in sovrappeso con un conseguente aumento di rischio di epatocarcinoma».

 

 

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
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