La tubercolosi torna a destare preoccupazione. Ogni anno circa nove milioni di persone si ammalano di tubercolosi e un milione e quattrocento mila muoiono. Sebbene nei Paesi Occidentali la tubercolosi sia ormai considerata sotto controllo, nuovi casi continuano a essere registrati ogni anno, impedendo di fatto di raggiungere l’obiettivo di eliminare la malattia entro il 2035. Con il rischio reale di essere nel 2025 la prima causa di decesso per singolo agente infettivo. È quanto emerso ieri a Milano nel corso dell’Incontro Tubercolosi 2024, un’agenda per la prevenzione e il trattamento, seconda tappa della campagna Diagnostica e Prevenzione: medicina, istituzioni, impresa, insieme per la salute dei cittadini, ideata in partnership da AMCLI ETS (Associazione Microbiologi Clinici Italiani), Cittadinanzattiva, Federchimica Assobiotec e Diasorin con l’obiettivo di informare e sensibilizzare i cittadini su problematiche di carattere infettivologico, causa di gravi effetti sulla salute.
Cos’è la tubercolosi: conosci l’infezione?
Cosa dobbiamo dunque temere? Per comprendere quali strategie adottare per monitorare nuovi casi e allontanare il rischio che questa infezioni nel 2025 diventi la principale causa di decesso per singolo agente infettivo (oggi è seconda dopo il Covid), occorre conoscerla. La tubercolosi è una malattia infettiva causata da una serie di batteri, il più comune è il bacillo di Koch (Mycobacterium tuberculosis). La tubercolosi colpisce soprattutto i polmoni, ma non solo. Può essere anche extra polmonare e in quel caso interessare le ossa, i reni e altri organi. Le fasi della tubercolosi sono tre: infezione primaria quando si entra in contatto con il batterio, infezione latente ovvero il batterio è presente ma non dà sintomi e infezione attiva quando la malattia si manifesta a livello polmonare o extra polmonare. Con una corretta terapia antibiotica si può guarire, ma se non trattata può essere letale.
I sintomi
A caratterizzare la tubercolosi polmonare non latente è innanzitutto la tosse cronica per almeno due settimane consecutive, a volte accompagnata da sangue. Alla tosse si aggiunge spesso una febbre poco elevata, sudorazione notturna, perdita di peso e inappetenza. A destare preoccupazione però sono soprattutto le forme latenti perché non accompagnate da sintomi. Queste permettono la maggiore diffusione e aumentano il rischio di contagio. Le persone più a rischio di contrarre la malattia sono: sieropositivi, diabetici, le persone malnutrite, le persone che hanno contratto una infezione recente, (meno di due anni), neonati e bambini con meno di cinque anni, fumatori, persone che fanno use di droghe, anziani, pazienti in cura con farmaci chemioterapici.
Come si diffonde
Il batterio si trasmette per via aerea attraverso gocce di saliva di una persona che ha sviluppato la malattia. Esattamente come accade per il Covid. Non tutte le persone contagiate però sviluppano la malattia. Infatti, sette persone su dieci riescono a debellare il batterio automaticamente grazie al loro sistema immunitario. C’è chi invece ha la malattia in una forma latente, ovvero non ha sintomi, ma è contagioso. In una percentuale compresa tra il 5 al 15% dei casi il batterio si attiva e la persona sviluppa l’infezione.
Chi sviluppa la malattia
Con gli intensi flussi migratori da parti del mondo ad alta incidenza verso l’Occidente, la tubercolosi è tornata dunque ad essere una emergenza tra le persone fragili, immunodepressi, carcerati, clochard e migranti. «Abbiamo la percezione che la tubercolosi sia legata principalmente all’immigrazione. I migranti infatti arrivano da Paesi ad alta incidenza con la malattia latente – ha spiegato Daniela Maria Cirillo, Capo Unità dell’Unità Patogeni Batterici Emergenti dell’Ospedale San Raffaele di Milano -. Una volta arrivati in Italia la malattia si sviluppa a causa delle condizioni drammatiche in cui si trovano. La tubercolosi però oggi circola anche tra gli italiani ed è quindi importante sensibilizzare la popolazione al fine di una pronta diagnosi in tutti e una efficace prevenzione».
I dati della tubercolosi in Europa
Sebbene nei Paesi Occidentali la tubercolosi sia considerata una malattia sotto controllo, nuovi casi continuano ad essere registrati ogni anno, impedendo di fatto di raggiungere l’obiettivo di eliminarla entro il 2035. Dando uno sguardo ai dati del Centro Europeo di prevenzione e controllo (ECDC) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2022 – ultimi dati ufficiali disponibili – in Europa sono stati notificati poco più di 170 mila casi di tubercolosi, in leggero aumento rispetto al 2021.
In Italia attenzione al sommerso
In Italia, definita paese a bassa endemia dall’OMS, i casi notificati nel 2022 sono stati 2439, con un tasso di incidenza pari al 4,1 per 100 mila abitanti. E la maggior parte riguarda la TBC polmonare (69%). I dati disponibili in Regione Lombardia – riferiti al 31 agosto 2024 – riferiscono di 533 casi di tubercolosi attiva nel 2023 e di 281 nel 2024. «I cittadini nati all’estero mostrano percentuali superiori rispetto ai nati in Italia – ha aggiunto Monica Sane Schepisi, Dirigente Medico della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute -. Il vero problema per arrivare raggiungere gli obiettivi della strategia “End TB” (meno di 10 casi per milione entro il 2035 meno di un caso per milione entro il 2050) è il sommerso dei casi di infezione latente non rilevata che rappresenta un bacino di riattivazione costante della malattia».
Strategie per contrastare la diffusione: test cutaneo
Per individuare i soggetti con infezione e il loro trattamento nei paesi a bassa incidenza come l’Italia, lo strumento fondamentale è il test cutaneo alla tubercolina di Mantoux, con derivato proteico purificato (PPD). Si tratta di un semplice test cutaneo da farsi con due differenti modalità. La prima consiste nell’iniettare sottopelle dell’avambraccio una piccola quantità di tubercolina PPD. Se entro 48/72 ore compaiono ponfi e chiazze eritematose nella zona iniettata, è probabile che il paziente sia affetto da tubercolosi. Il condizionale però è d’obbligo perché esistono anche molti falsi positivi, ovvero persone sane che sviluppano una reazione cutanea alla tubercolina.
Esami del sangue
Per ottenere conferma del sospetto diagnostico può essere fatto un esame del sangue in vitro basato sul test di rilascio dell’interferone – gamma (IGRA) con antigeni specifici per il batterio Mycobacterium tuberculosis. In questo modo i test IGRA misurano la reazione del sistema immunitario al batterio responsabile della tubercolosi. «Per un monitoraggio costante sarebbe necessario effettuare il test della tubercolina su tutte le persone venute a contatto con malati di tubercolosi, sui soggetti con HIV, sugli immigrati provenienti da zona ad alta diffusione, sui tossicodipendenti e su coloro che si trovano in carcere», dicono gli esperti.
Il registro dei casi di tubercolosi
Oltre ad un monitoraggio capillare dei casi presenti sul territorio, compresi quelli latenti, sarebbe opportuno mettere a disposizione dei centri locali un registro che raccolga le notifiche del Ministero della Salute. Un mezzo che permetterà di aumentare la consapevolezza della malattia nei cittadini e al sistema sanitario regionale e nazionale di monitorare e prevenire possibili incrementi della malattia.