lunedì, Gennaio 13, 2025
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Storie di Caregiver: Katia: «Mia figlia una forza della natura, ma quanta solitudine»

Katia Verzica, mamma e caregiver di Rebecca per far fronte alle esigenze della figlia ha lasciato il lavoro, si sta formando per diventare counselor e aiutare altri genitori con consigli pratici per alleviare la solitudine

Un abbraccio a tutti! mi chiamo Katia, ho 49 anni, sono una caregiver e mamma di Rebecca, una ragazza di 19 anni con disabilità cognitive e fisiche. Nonostante la diagnosi di sterilità la vita, in modo miracoloso, ha voluto comunque donarmi un grande regalo: essere mamma! Un sogno che purtroppo è diventato un incubo al momento della diagnosi di disabilità di Rebecca che mi ha catapultato nella dimensione di grande solitudine del caregiver.

Caregiver per amore: una gravidanza difficile

Purtroppo, ci sono state delle complicanze alla nascita, non è stata una gravidanza facile, come dico sempre, è stata una gravidanza malata. Già alle prime settimane sono stata trasferita in sala operatoria per un emorragia e mi è stato comunicato che molto probabilmente era avvenuto un aborto spontaneo.

Il miracolo della vita, nasce Rebecca

Qui avviene il secondo miracolo della mia vita: il medico che mi sta preparando per l’intervento, durante ecografia, comunica ai colleghi di annullare l’intervento perché in utero c’è qualcosa! Siiii! Era una gravidanza gemellare. Rebecca aveva un fratello che ha perso la sua battaglia, ma lei non ha mai smesso di lottare con tutta quella forza – sovrannaturale – per continuare quel viaggio che era iniziato e tracciato verso la vita. Rebecca ha lottato fino alla 24° settimana, dove i medici sono riusciti a bloccare il parto, ma Rebecca a 26 + 2 gg è nata!

Piccola grande Rebecca

Rebecca è nata di 920 gr e di 24 cm di lunghezza, rispetto a tutti gli altri prematuri era un gigante! il suo peso alla 40^ settimana era stato stimato infatti di 4,2 kg per 52 cm di lunghezza. Quando è nata era grande, ma non abbastanza per affrontare da sola le difficoltà di una nascita così prematura. La medicina, con i passi da gigante compiuti negli ultimi decenni, le ha permesso, anzi, oserei dire, l’ha aiutata a salvarsi la vita, perché lei davvero non ha mai mollato!

Per Katia inizia l’avventura da mamma e da caregiver

Così è cominciata la mia vita da Caregiver. Dopo il dolore, l’accettazione della diagnosi, la paura del non riuscire e, la cosa peggiore, il non saper a chi chiedere AIUTO e sentirmi sola! La solitudine è sentimento che ti assale, crea angoscia, ma che non può sopraffarti perché c’è chi ha bisogno di te e non puoi permetterti di fermarti.

Con la diagnosi inizia la solitudine

Nessuno comprende che la prima solitudine è nel momento delle dimissioni o della diagnosi della persona amata. Sono poche le cose che ti ricordi, se non le parole del medico che ha in mano la tua documentazione. In quel momento avresti un milioni di domande da fare, ma non riesci a elaborarne una e con le dimissioni scorri l’ultima pagina cercando la diagnosi e li hai il vuoto.

Casa rifugio, ma luogo di solitudine per il caregiver

La solitudine quando arrivi a casa è qualcosa di inspiegabile, cerchi nel referto qualche istruzione e/o informazione per capire come procedere, come attivare tutti i servizi o le opportunità e forse trovare qualcuno che ti spieghi cosa sta succedendo cos’ha tuo figlio o il tuo caro, cosa puoi fare, cosa succederà nel futuro, ma sei sola/o non sai a chi rivolgerti e come muoverti!

Addio lavoro

Inoltre, il più delle volte uno dei coniugi deve lasciare il lavoro, l’aggravamento o le necessità non possono essere gestiti da nonni o tate. I supporti psicologici “ ti aspettano nel loro studio”, gli assistenti sociali sono sommersi da pratiche gravose e difficili, sai che ci sono dei diritti e cominci ad annaspare tra le altre mamme, navigando su internet e chiamando i vari uffici, mentre la frustrazione sale, l’angoscia prende il sopravvento e comincia l’isolamento sociale. Il vortice di incombenze da affrontare non dà tregua. Spaventa perché cambia la vita, ma al tempo stesso dà forza.  Una forza che personalmente non sapevo di avere ma che è diventata ben presto la mia stampella di vita e che oggi cerco di trasferire a tanti altri genitori come me in un quotidiano lavoro di consigliera e prossima counselor certificata.

Impegno nel volontariato per alleviare la solitudine di tanti caregiver

Quando mi sono fortificata abbastanza, ho deciso di mettermi a disposizione del volontariato. Dal 2011 sono Presidente dell’associazione Genitori Istituto Dosso Verde. Un impegno nato dal desiderio di alleviare quel senso di inadeguatezza e di abbandono che accompagna ogni genitore che si trova da un giorno all’altro catapultato nella dimensione di caregiver.  In tutti questi anni, infatti, ho capito che la cosa peggiore per una mamma, un papà o un familiare che ha vicino una persona cara con disabilità, fragilità e disagio è proprio la solitudine!

La società dell’apparenza alimenta la solitudine dei caregiver

Solitudine dettata da una società che è impegnata troppo a guardare l’apparenza. Questo porta ad emarginare tutto ciò che non è perfetto. Non è pronta a riconoscere la meraviglia nell’imperfezione, portando tantissimi a nascondersi a emarginare a cronicizzare dolori e sofferenza!

Le criticità del sistema

Oggi la situazione si sta aggravando, le famiglie si sgretolano e l’angoscia sale.

  • Mancano le strutture: ci sono difficoltà nel reperire posti per sollievo, ricovero, riabilitazione.
  • Le liste d’attesa sono lunghe e ti senti meglio solo quando ricevi la B1 (l’assegno per l’acquisto di prestazioni di assistenza sociosanitaria e/o socioassistenziale che oggi ha un valore di 425 euro) – e un caregiver sa di cosa sto parlando!
  • Non ci sono figure di appoggio sufficienti

Davvero non ci sono soluzioni?

Ma davvero non ci sono soluzioni o non troviamo le soluzioni nella semplicità? Si potrebbe pensare ad una équipe dimissionaria che prenda in carico la famiglia.  Potrebbe essere anche un’associazione che tratta la problematica, con lo scopo di sostenere i genitori dalla diagnosi fino al momento delle dimissioni e oltre.

Una equipe multidisciplinare per alleviare la solitudine del  caregiver

Al momento delle dimissioni il team multidisciplinare potrebbe offrire, oltre al supporto psicologico, anche un sostegno pratico per la gestione delle pratiche amministrative da fare, come domande di invalidità e  permessi per la 104. Garantire anche un coordinamento tra il pediatra lo specialista, tra la scuola e i luoghi di svago. Che sia di supporto al genitore caregiver nella ricerca di laboratori, percorsi, sport adatti e, cosa indispensabile, possa aiutare la famiglia nella quotidianità per formare il genitore come caregiver rispetto ad un corretto modo di parlare, di comunicare, di mettere regole, di contenere comportamenti scorretti e stimolare quelli costruttivi.

È davvero impossibile?

E’ davvero impossibile? Io credo di no. In Italia ci sono tanti servizi, proposte, iniziative, attività e strutture che non si conoscono, che non arrivano al cittadino per la mancanza di comunicazione. Con il risultato che si sprecano energie, risorse e denaro, mentre le famiglie vivono nella solitudine.  Occorre perciò creare un abbraccio virtuale di supporto alla famiglia sfruttando la meravigliosa risorsa delle associazioni. Il dolore resta, ma con un sorriso e un consiglio è possibile alleviare un poco la sofferenza, dare un senso di accoglienza e creare un enorme beneficio da un punto di vista sociale ed economico. Io sono qui per questo e attraverso questa rubrica condividerò con voi esperienze di vita da caregiver per dare coraggio e supporto a chi si trova a gestire quotidianamente queste difficoltà.

A cura di Katia Verzica, caregiver e  futuro counselor

 

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