
Convivere con una malattia infiammatoria cronica rappresenta una sfida quotidiana. Lo sanno bene i pazienti affetti da spondiloartriti per i quali raggiungere una buona qualità di vita, senza sviluppare gravi disabilità, come accadeva in passato, è un primo traguardo importante possibile da raggiungere con una costante moderata attività fisica. Ma la ricerca non si ferma e proprio ai progressi su cure e scoperte scientifiche più recenti è dedicato il congresso SpA & Sport che si sta svolgendo in questi giorni (17 e 18 ottobre) presso l’Università di Padova. Promotore dell’evento è la professoressa Roberta Ramonda, UOC di Reumatologia, Dipartimento di Medicina e vicepresidente della Fondazione Italiana per la Ricerca della reumatologia (FIRA)
Cos’è sono le spondiloartriti
La spondiloartrite è una patologia infiammatoria cronica complessa. Interessa principalmente la colonna vertebrale e le articolazioni sacro-iliache, ma può colpire anche le articolazioni periferiche, con coinvolgimento della membrana sinoviale, della capsula e della cartilagine articolare, dei tendini e del liquido sinoviale. Le spondiloartriti possono essere associate ad altre patologie croniche autoimmuni extra articolari, come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa; la dermatite cronica (psoriasi) o l’uveite (infiammazione dell’occhio).
I soggetti più a rischio
Le spondiloartriti colpiscono 14,3 persone ogni 100.000 adulti con una netta prevalenza del sesso maschile (3 a 2) e un’età di insorgenza intorno ai 18-35 anni. «Fondamentale è riconoscere la malattia al suo esordio perché, se non trattate precocemente, possono causare progressivamente gravi disabilità. Le ricadute sono a livello fisico, ma anche psicologico, sociale, lavorativo ed economico. È fondamentale dunque attivare percorsi diagnostici e terapeutici efficaci» spiega la prof.ssa Ramonda.
I sintomi delle spondiloartriti
C’è un sintomo principale comune a tutte le forme di spondiloartriti, ed è il dolore lombare, associato a rigidità e difficoltà nei movimenti. Al momento non si conosce l’esatto meccanismo che porta allo sviluppo delle spondiloartriti ma gli studi scientifici si stanno concentrando su più fronti. È di fondamentale importanza, quindi, l’attenta valutazione di queste manifestazioni per una corretta diagnosi.
Il ruolo del microbiota
Secondo le ricerche fatte sulla spondilite, patologia reumatica infiammatoria delle vertebre che si inserisce tra le spondiloartriti, è emerso un legame tra il processo infiammatorio delle articolazioni e lo stato infiammatorio dell’intestino. «Studi recenti hanno dimostrato che alterazioni nella composizione del microbiota intestinale possono predisporre sviluppi infiammatori sistemici e influenzare la risposta immunitaria, contribuendo così all’insorgenza e alla progressione della malattia – ha aggiunto Francesco Ciccia Professore Ordinario di Reumatologia presso l’Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli e membro del Comitato Scientifico FIRA -. La disbiosi, caratterizzata da uno squilibrio tra microrganismi benefici e patogeni, può rafforzare i meccanismi immunologici coinvolti nella spondilite, attivando una risposta infiammatoria esagerata. Comprendere questi fenomeni può offrire nuove prospettive terapeutiche, spingendo a puntare anche su interventi mirati a modulare il microbiota e ridurre l’infiammazione intestinale».
La genetica tra le cause delle spondiloartriti
Gli ultimi studi hanno evidenziato anche un ruolo della genetica nello sviluppo delle spondiloartriti. In particolare, l’attenzione dei ricercatori si è concentrata sul gene HLA-B27, la cui presenza sembrerebbe predisporre la comparsa di spondilite anchilosante e altre patologie autoimmuni come sclerosi multipla, diabete 1 e morbo di Crohn. «Ricerche più recenti, invece, hanno rivelato che una variante differente per un solo aminoacido (B*2709) diffusa nell’Italia meridionale non conferisce predisposizione alla malattia – ha fatto notare Alberto Cauli, professore ordinario di Reumatologia dell’Università di Cagliari, Direttore della Reumatologia dell’AOU di Cagliari e membro del CdA di FIRA – . Dal confronto tra le due varianti, riteniamo di poter risalire in futuro alla scoperta del meccanismo che causa questa patologia».
Le nuove terapie con i farmaci biotecnologici
Grazie alla ricerca oggi per la gestione della malattia e per la cura ci sono innovative terapie a base di farmaci biotecnologici in grado di contrastare le citochine e le proteine pro-infiammatorie. «La terapia delle spondiloartriti si è arricchita permettendo ai pazienti di ottenere risultati impensabili sino a 10-15 anni fa. La possibilità di raggiungere uno stato di benessere definito come remissione è attualmente possibile in un numero sempre più elevato di pazienti», ha sottolineato Roberto Caporali, Direttore Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche ASST Pini-CTO di Milano, Università di Milano
L’importanza della diagnosi precoce
A fare la differenza oggi però è innanzitutto la diagnosi precoce che consente un trattamento multidisciplinare e una cura più efficace. «Ad oggi, purtroppo, permane un ritardo diagnostico ancora troppo lungo – ha rimarcato Caporali -. Per questo è necessario lavorare molto sul riconoscimento dei sintomi di malattia e sull’invio precoce dei pazienti alla valutazione reumatologica per poter aumentare la quota di pazienti che possano raggiungere la remissione e riacquistare una normale qualità della vita».
La ricetta per stare meglio: sport, nutrizione e farmaci biotecnologici
Per il miglioramento della qualità di vita dei pazienti, in realtà, è fondamentale adottare un approccio multidisciplinare: esercizio fisico, potenziamento muscolare, fisiochinesiterapia e a una corretta nutrizione. «I benefici principali potenzialmente includono il miglioramento della mobilità articolare, della postura e della flessibilità, elementi fondamentali per contrastare la rigidità tipica della malattia. L’attività fisica regolare, in particolare esercizi di allungamento, rafforzamento muscolare e attività aerobiche a basso impatto, come il nuoto o il ciclismo, possono ridurre il dolore, l’infiammazione e la progressione della malattia, migliorando anche la qualità della vita. Tuttavia, è essenziale che il programma di esercizio sia individualizzato in base alle condizioni cliniche e funzionali del paziente» ha specificato Andrea Ermolao, Direttore dell’U.O.C. Medicina dello Sport e dell’Esercizio Università di Padova.
Possibile remissione
Con un approccio multidisciplinare delle spondiloartriti è possibile oggi parlare anche di remissione. Ne sono convinti gli specialisti che si sono riuniti il 17 e il 18 ottobre a Padova. «Per migliorare il trattamento delle spondiloartriti è fondamentale una gestione multidisciplinare che possa abbracciare la sfera della nutrizione, della salute mentale, dell’attività fisica e riabilitativa- ha puntualizzato Ramonda -.Questo è possibile solo grazie alla collaborazione tra reumatologi, medici dello sport, fisiatri, geriatri e nutrizionisti». «La ricerca scientifica sta illuminando negli ultimi anni diversi aspetti importanti delle spondiloartriti e nel tempo ha consentito un nuovo approccio nella gestione della malattia arrivando a parlare di remissione – ha concluso Carlo Maurizio Montecucco, Presidente di FIRA e ordinario di Reumatologia dell’Università di Pavia al Policlinico San Matteo -. Continuare negli studi e investire nella ricerca è fondamentale per compiere ulteriori passi avanti e offrire a sempre più pazienti prospettive di vita migliori».