La sindrome VEXAS, una rara e complessa malattia legata all’invecchiamento, sta attirando sempre più l’attenzione nel campo della medicina grazie a progressi rivoluzionari. Recentemente, l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ha fatto passi da gigante nella comprensione di questa patologia grazie all’uso avanzato dell’editing genetico.
Sindrome VEXAS cosa bisogna sapere
Colpendo una persona su 4000, prevalentemente uomini sopra i 50 anni, la sindrome VEXAS è causata da una mutazione acquisita nel gene UBA1. L’avvelenamento delle cellule del sangue sarebbe il principale meccanismo alla base di questa sindrome. Questa alterazione genetica porta a un processo chiamato emopoiesi clonale, dove le cellule staminali mutate del sangue prendono il sopravvento su quelle sane.
I sintomi della sindrome di VEXAS
I sintomi includono febbre e infiammazioni sistemiche tra cui lesioni cutanee, interessamento polmonare e dei vasi sanguigni e infiammazione delle cartilagini. Non solo, viene anche compromessa la capacità del midollo osseo di generare un numero sufficiente di nuove cellule del sangue, determinando anemia e riduzione delle piastrine.
Le novità della ricerca
Il team del San Raffaele ha utilizzato tecnologie di editing genetico per creare un modello preclinico della malattia. Introducendo la mutazione nelle cellule staminali sane, i ricercatori hanno potuto osservare direttamente i meccanismi della malattia. In questo modo hanno scoperto che l’infiammazione creata dalle cellule mutate “avvelena” l’ambiente, mettendo in difficoltà le cellule sane. Questi risultati sono stati pubblicati su Nature Medicine da un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele – Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget), in collaborazione con la Divisione di Genetica e Biologia Cellulare. Il lavoro è stato coordinato dal dottor Samuele Ferrari, project leader dell’Unità di Nuove Strategie di Terapia Genica, insieme al professor Luigi Naldini, direttore dell’SR-Tiget e ordinario di Istologia all’Università Vita-Salute San Raffaele, e al dottor Giulio Cavalli, immunologo dell’Ospedale San Raffaele sino al 2022.
La cura oggi
Ad oggi non esiste ancora un trattamento approvato, ma possono essere utilizzati farmaci immunosoppressori con l’obiettivo di controllare l’infiammazione (es. come il cortisone o farmaci biologici) in associazione a farmaci che possano contribuire al miglioramento dei valori del sangue (eritropoietina, 5-azacitidina). In casi selezionati, può essere offerto al paziente un trattamento con trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore sano. I ricercatori hanno osservato che queste cellule mostravano segni dell’infiammazione e dell’invecchiamento precoce ed erano più propense a generare cellule del sangue del tipo mieloide, cioè monociti e granulociti che sono associati all’infiammazione, invece che cellule del tipo linfoide, cioè linfociti B e linfociti T che mediano le difese immunitarie.
Gli esperti impegnati nella ricerca
«Il nuovo modello preclinico che abbiamo messo a punto rappresenta uno strumento importante, che speriamo possa aiutare a sviluppare nuovi trattamenti per la sindrome VEXAS e per altre condizioni che si presentano con simili alterazioni genetiche a carico delle cellule del sangue», ha spiegato il dottor Samuele Ferrari che grazie allo studio sulla sindrome VEXAS è tra i vincitori dell’ERC Starting Grant 2024. «I meccanismi della dominanza clonale descritti in questo studio non solo fanno luce sulle caratteristiche cellulari della sindrome VEXAS, ma forniscono anche un punto di partenza per guidare la ricerca nel campo di altre patologie del sangue associate all’invecchiamento». Una ricerca sostenuta principalmente dall’American Society of Hematology e dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
Al San Raffaele primo ambulatorio multidisciplinare dedicato a questi pazienti
Oltre ad aver messo in campo un team di ricercatori impegnati a correggere i meccanismi della sindrome di VEXAS, il San Raffaele ha aperto il primo ambulatorio multidisciplinare in Italia dedicato proprio alla sindrome VEXAS. Questo centro, che già assiste 16 pazienti, offre diagnosi tempestive, trattamenti personalizzati e accesso a trial clinici. L’obiettivo è migliorare la qualità della vita dei pazienti e creare una comunità di supporto. «La creazione di un ambulatorio dedicato alla sindrome VEXAS è un passo cruciale per garantire ai pazienti un’assistenza specializzata e personalizzata», ha aggiunto il professor Lorenzo Dagna, «questa iniziativa non solo aiuterà a migliorare la gestione clinica della malattia, ma consentirà anche di raccogliere dati preziosi per la ricerca, accelerando lo sviluppo di nuove terapie», ha concluso il professor Fabio Ciceri.
In futuro sempre più medicina personalizzata
Il dottor Samuele Ferrari, uno dei principali ricercatori, ha manifestato molta fiducia nelle nuove scoperta: «Questi studi non solo porteranno a dei trattamenti per la sindrome VEXAS, ma potranno aprire anche la strada alla comprensione di altre malattie ematologiche legate all’invecchiamento». I risultati ottenuti rappresentano perciò una svolta nella ricerca scientifica nel portare nuove speranze ai pazienti e alle loro famiglie grazie alla medicina personalizzata.