martedì, Maggio 20, 2025
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Sicurezza sul lavoro: serve personale, competenza e mezzi

In occasione della giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro la commissione dei tecnici della prevenzione (TPALL) della FNO TSRM e PSTRP (federazione nazionale degli ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica) lancia un allarme: troppi morti, serve un cambio culturale

La sicurezza sul lavoro è un tema di cruciale importanza che, purtroppo, continua a essere trascurato in molte realtà lavorative. In occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro che si festeggia oggi, la Commissione di albo nazionale dei Tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro (TPALL) della FNO TSRM e PSTRP lancia un allarme: senza un cambio culturale significativo, continueremo a contare i morti sul lavoro.

I numeri della strage silenziosa

I dati forniti dall’INAIL, infatti, sono allarmanti: solo nei primi due mesi di quest’anno, 97 persone hanno perso la vita sul lavoro. A questi numeri si aggiungono i morti degli incidenti in itinere, i casi di invalidità permanente e le 15 mila nuove denunce per malattie professionali. Studi epidemiologici hanno rilevato che tra il 4 e il 7% delle nuove diagnosi di tumori sono causati da esposizione professionale, colpendo tra i 7mila e i 13mila lavoratori ogni anno. «Questa giornata, ci ricorda che in Italia si continua a morire di lavoro. – sottolinea Vincenzo Di Nucci, Presidente della Commissione di albo nazionale dei TPALL – È l’ora di prendere coscienza del fatto che, ogni giorno, si consumano vere e proprie tragedie, che prendono il nome di “infortuni sul lavoro” o “malattie professionali” e che continuano a fare più vittime delle calamità naturali».

Carenza di personale: servono 5900 tecnici operativi

La situazione è resa ancora più critica dalla grave carenza di personale nei Dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie locali (ASL) italiane. Attualmente, i Tecnici della prevenzione deputati alla funzione ispettiva sono circa 2.108, a fronte di una popolazione di quasi 59 milioni di abitanti e di oltre 3 milioni di imprese con dipendenti. Questo significa che per ogni 28mila abitanti è presente un solo TPALL. Ovvero uno ogni 1500 imprese, quindi un tecnico della prevenzione ogni 11.800 lavoratori.  Un rapporto che evidenzia un divario profondo rispetto agli standard europei, che prevedono almeno un TPALL ogni 10 mila abitanti.  Con l’organico oggi disponibile, si stima che per completare una sola visita a tutte le imprese, in alcune regioni di Italia, potrebbero servire oltre quindici anni. Dunque, mancano circa 3.600 professionisti e, secondo la Commissione di albo, per essere maggiormente efficaci, sarebbero necessari almeno 5.900 Tecnici operativi in questo settore.

Perché bisogna investire sulla prevenzione

Secondo l’Associazione internazionale di sicurezza sociale (ISSA), a cui aderiscono INAIL E INPS, per ogni euro investito si genera un risparmio di almeno tre euro in spese sanitarie e sociale. «Quindi, senza un investimento deciso e duraturo nella dotazione di personale, la sicurezza sul lavoro rischia di rimanere un obiettivo solo su carta – prosegue Di Nucci che aggiunge -:  prevenire non è un costo, ma un dovere, un atto di civiltà, nei confronti di chi lavora, di chi produce e per l’intera popolazione. Finché non ci sarà il giusto riconoscimento della valutazione del rischio, continueremo a contare le vittime sul lavoro. E non saranno morti per caso, ma per assenza di cultura, per carenze strutturali e per miopia politica. È tempo di un cambio di passo. Va costruito un modello di prevenzione organizzato, capace di mettere la salute al centro, come diritto fondamentale e non come variabile accessoria».

Le proposte di TPALL

La Commissione di albo nazionale dei TPALL, al riguardo, propone una svolta netta e strutturata per contrastare in modo concreto i morti e gli infortuni sul lavoro. Le proposte si articolano su tre direttrici fondamentali:

  • i professionisti,
  • l’organizzazione
  • i mezzi.

 

Professionisti con formazione universitaria

Per quanto riguarda i professionisti l’obiettivo è riconoscere e valorizzare le competenze dei tecnici della prevenzione, affinché abbiano una formazione universitaria solida sul tema della sicurezza sul lavoro. Oggi i tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro dovrebbero avere una formazione universitaria in tema di sicurezza sul lavoro con una laurea triennale di oltre 4500 ore di didattica e 1500 ore di tirocinio sul campo. Invece, troppo spesso, la sicurezza e la prevenzione nei luoghi di lavoro viene affidata a figure non qualificate, formate con corsi di poche ore. Quindi si dovrebbe affidare la prevenzione nei luoghi di lavoro ai TPALL e riservare le assunzioni  a figure con lauree tecniche e sanitarie. «È necessario riconoscere e valorizzare le competenze dei Tecnici della prevenzione, rafforzare i Dipartimenti di prevenzione e promuovere una solida cultura della sicurezza sul lavoro», sostiene Di Nucci.

Organizzazione centralizzata e regia unica

Sul versante imprese la commissione TPALL sostiene necessario rafforzare i dipartimenti di prevenzione che attualmente operano in modo frammentato con competenze sovrapposte nei vari enti  con una formazione specifica riconducibile a standard scientifici. Sarebbe opportuno creare una regia unica con coordinamento nazionale e instaurare un collegamento con le ASL per favorire un dialogo tra lavoratori e operatori pubblici. «È urgente completare e rendere operativo il Sistema informativo nazionale della prevenzione (SINP), previsto dal 2008 ma ancora fermo. Questo strumento è fondamentale per consentire l’analisi del rischio e valutare l’efficacia delle azioni messe in campo», incalza Di Nucci.

Risorse certe

Il terzo ambito di intervento su cui punta la commissione TPALL riguarda i mezzi da investire per completare e rendere operativo  il Sistema informativo nazionale della prevenzione (SINP). Previsto dal 2008 ad oggi è ancora fermo. (Questo consentirebbe l’analisi del rischio e la valutazione dell’efficacia delle azioni messe in campo).  Servono poi risorse certe e continuative per attuare i piani di prevenzione regionali e nazionali, realizzare programmi di audit partecipati e di responsabilità sociale. «La prevenzione non è un costo, ma un dovere e un atto di civiltà – conclude Nucci -. È tempo di un cambio di passo: va costruito un modello di prevenzione organizzato, capace di mettere la salute al centro come diritto fondamentale e non come variabile accessoria. Solo attraverso un impegno condiviso e un investimento deciso nella prevenzione sarà possibile ridurre il numero di vittime e garantire un ambiente di lavoro sicuro e salutare per tutti».

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