La sanità pubblica sembra essere sempre più in affanno. I conti non tornano, mancano medici e infermieri e le liste di attesa si allungano. In questo scenario ci si interroga sulle opportunità di cambiare i rapporti tra sanità pubblica e privata per trovare nuovi equilibri. Come? Lo abbiamo chiesto al Professor Gabriele Pelissero, Presidente AIOP (Associazione Italiana ospedalità privata) eletto lo scorso mese di giugno alla guida dell’ospitalità privata per il quadriennio 2024-2028, dopo essere già stato Presidente Nazionale AIOP per due mandati, dal 2012 al 2018.
Professore, la sanità privata può fare da stampella ad un Servizio Sanitario Nazionale malato?
«Premesso che oggi la Sanità privata eroga il 30% di tutti i ricoveri ospedalieri del SSN e più del 50% di tutte le prestazioni specialistiche e ambulatoriali, per aumentare l’offerta di prestazioni e ridurre le liste d’attesa, possiamo prevedere che la componente di diritto privato sia in condizioni di organizzarsi per aumentare l’offerta di prestazioni e rispondere meglio ai bisogni dei cittadini. Questo è lo spirito con cui, nelle ultime due leggi di stabilità in modo esplicito il Governo si è rivolto alla componente di diritto privato del proprio Sistema Sanitario dando indicazioni precise su aumento di volumi di attività e risorse destinate a quello scopo».
Quali elementi della sanità privata possono fare la differenza?
«A fare la differenza è l’efficienza del privato. Mi spiego meglio: il 30% di ricoveri e il 50% di prestazioni ambulatoriali erogati dal comparto privato per il SSN sono verificati e remunerati soltanto ed esclusivamente sulla base di prestazioni effettivamente fatte. Quindi abbiamo l’assoluta certezza che neppure un euro di denaro pubblico è destinato ad altro. Non solo, la soddisfazione degli utenti è molto elevata. La qualità delle risposte date ai cittadini e il gradimento sono la testimonianza di una grande rete di diritto privato che funziona».
Il cittadino però se chiede di fare una visita specialistica con il SSN deve aspettare mesi o anni, se paga l’attesa è di pochi giorni. Come è possibile?
«Questo è un problema generato da due fattori:
- Tutte le strutture private lavorano con volumi fissati dal SSN per fare un certo numero di ricoveri ospedalieri e prestazioni ambulatoriali. Quando terminano, il SSN impedisce di erogarne altre prestazioni nella stessa modalità. Per cui il contingentamento è una camicia di forza. Quando i fondi finiscono i privati per dovere contrattuale devono fermarsi. Ma sono liberi di erogare la prestazione in modalità privata per rispondere al bisogno del cittadino. ,
- Il secondo elemento di disfunzione riguarda le tariffe riconosciute dal SSN al privato che ha erogato un servizio per il SSN. Sono basse (in media 20 euro a visita) , quindi al netto dei costi del personale e di gestione dell’ambulatorio, al medico vengono riconosciuti 5 o 6 euro. Una cifra irrisoria, inferiore al costo orario di una colf. Il cittadino, per contro, vuole un servizio veloce e con medici competenti, ma le tariffe non sono più sostenibili e questo genera ulteriori ritardi».
Le assicurazioni possono aiutare a migliorare la sanità italiana?
«Aumentare i livelli di welfare aziendale legati ai contratti collettivi di lavoro per avere in aggiunta al SSN un sistema mutualistico liberamente accettato è un modo indiretto per aumentare le risorse a disposizioni del SSN. Questo fenomeno già presente in tutta Europa si sta diffondendo anche da noi e permette di dare un’opportunità in più ai lavoratori ma al tempo stesso anche a chi non ha un’assicurazione e deve per forza rivolgersi al pubblico».
Alla luce di queste considerazioni, qual è la sua ricetta per migliorare il SSN e integrarlo la sanità privata?
«Prima di tutto occorre usare nel migliore dei modi le risorse che abbiamo e per questo occorre:
- Ridurre la burocrazia per snellire l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale
- Incrementare i volumi di attività
- Adeguare le tariffe delle prestazioni al costo del lavoro».
Ad aggravare la situazione è la carenza di medici e infermieri, come correre ai ripari?
«Oggi paghiamo una ventennale errata programmazione che avrà ripercussioni ancora per tanto tempo, ma oggi abbiamo bisogno di più medici e infermieri. Quindi:
- occorre migliorare le condizioni contrattuali, anche dando qualche spazio di libertà in più in modo che si sentano più professionisti e meno impiegati. D’altra parte,
- dobbiamo prevedere l’utilizzo di personale straniero. L’Italia in questo è rimasta indietro, ma oggi sta correndo ai ripari grazie alla recente norma che consente di riconoscere i titoli con una procedura accelerata, prorogata fino al 2027».
L’assistente infermiere può essere una soluzione?
«Circa 20 anni fa abbiamo fatto la giusta scelta di portare la formazione infermieristica al più alto livello possibile, a livello universitario con due gradi di laurea. Oggi noi produciamo infermieri di alta specializzazione con grande capacità professionale. Ora serve una figura intermedia perché i bisogni di un paziente ricoverato sono molteplici e le esigenze di vita quotidiana non sono più di competenza di infermieri con alta specializzazione».