
In un mondo dove l’ipertensione colpisce milioni di persone, una nuova ricerca guidata dall’I.R.C.C.S. Neuromed ha rivelato un meccanismo sorprendente che coinvolge il cervello, il cuore e la milza. Questa scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Immunity”, potrebbe aprire nuove strade per la prevenzione e il trattamento dell’insufficienza cardiaca. Scopriamo insieme come il nostro corpo risponde alla pressione elevata e come questa risposta potrebbe essere la chiave per un cuore più sano.
Come il cervello protegge il cuore dallo scompenso
Una ricerca guidata dall’I.R.C.C.S. Neuromed svela questa complessa interazione biologica, inizialmente rivolta a proteggere il cuore, ma che coinvolge il cuore, il cervello e la milza nella risposta cardiaca al sovraccarico emodinamico cardiaco provocato dall’ipertensione arteriosa. «Abbiamo scoperto – spiega Sara Perrotta, Ricercatrice dell’I.R.C.C.S. Neuromed, primo autore della ricerca – che il cuore, sotto pressione a causa dell’ipertensione, invia un segnale al cervello, che a sua volta attiva il sistema immunitario nella milza. Quest’ultima rilascia un fattore di crescita, chiamato Placental Growth Factor (PlGF), capace di stimolare specifiche cellule immunitarie presenti nel muscolo cardiaco, favorendo un rimodellamento inizialmente adattativo. Tuttavia, con il tempo, questo processo tende a peggiorare, compromettendo la funzionalità del cuore».
Tre organi collegati: cuore, milza, cervello
La ricerca, condotta sia su modelli animali che nell’uomo, descrive un vero e proprio circuito biologico che collega tre organi: il cuore, che segnala il sovraccarico; il cervello, che processa l’informazione e invia comandi alla milza; e la milza stessa, che risponde producendo il PlGF, una molecola già nota per la sua importanza nei processi di crescita e riparazione dei tessuti. E si torna di nuovo al cuore: il PlGF stimola dei particolari macrofagi residenti in questo organo esprimenti il recettore Neuropilina-1. Queste cellule immunitarie, stimolate da PlGF, proliferano per favorire una risposta strutturale che consente al muscolo cardiaco di sopportare meglio la pressione elevata.
Cosa accade nei pazienti ipertesi
Gli scienziati hanno osservato che, anche in pazienti ipertesi, i livelli di PlGF nel sangue aumentano parallelamente ai segni di un rimodellamento del cuore. Inoltre, è stata individuata l’espressione di una particolare proteina, Neuropilina-1, nei macrofagi del tessuto cardiaco umano. «Questa scoperta – commenta Daniela Carnevale, Professore Ordinario dell’Università Sapienza di Roma e I.R.C.C.S. Neuromed, ultimo nome e autore di riferimento dello studio – apre nuove prospettive nella comprensione di come il sistema nervoso e quello immunitario lavorino insieme per governare la risposta del cuore nei processi patologici che portano allo scompenso cardiaco. In futuro, potremmo immaginare strategie terapeutiche capaci di modulare questa risposta naturale per prevenire l’evoluzione dell’insufficienza cardiaca».
Uno studio internazionale
Lo studio ha coinvolto ricercatori provenienti da diversi Istituti internazionali tra cui l‘Università di Manchester, l’Università di Toronto e l’Università di Edimburgo, a testimonianza di una collaborazione scientifica globale su un tema di grande impatto per la salute pubblica. Questa scoperta rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione di come il nostro corpo risponde all’ipertensione. La possibilità di modulare la risposta immunitaria per prevenire l’insufficienza cardiaca potrebbe rivoluzionare il trattamento di questa condizione, migliorando la qualità della vita di milioni di persone in tutto il mondo. La collaborazione internazionale e l’approccio multidisciplinare adottato in questo studio sottolineano l’importanza della ricerca scientifica nel trovare soluzioni innovative per le sfide della salute pubblica.