La sanità è fortemente in crisi. Il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, durante l’audizione ha lanciato un pesante grido di allarme in merito ai tagli alla spesa per il personale sanitario negli ultimi undici anni. Numerosi stanno rispondendo alla stessa preoccupazione. Guido Quici, Presidente della Federazione Cimo-Fesmed, avverte che il SSN è destinato al fallimento.
SSN destinato a risposte inadeguate ai bisogni
«Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sta affrontando una crisi del personale sanitario senza precedenti, causata da errori di programmazione, dal definanziamento e dalle recenti dinamiche che hanno alimentato demotivazione e disaffezione dei professionisti verso il SSN. Senza un adeguato rilancio delle politiche per il personale sanitario, l’offerta della sanità in ambito dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali sarà sempre più inadeguata rispetto ai bisogni di salute delle persone, rendendo impossibile garantire il diritto alla tutela della salute», dichiara il Presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta
Affrontare carenze e criticità
Il Presidente Nino Cartabellotta ha presentato in audizione diverse analisi mirate a rispondere su come affrontare carenze e criticità riscontrate in tema di personale sanitario. «Nel periodo 2012-2023 il capitolo di spesa sanitaria relativo ai redditi da lavoro dipendente è stato quello maggiormente sacrificato”. In termini assoluti, dopo una progressiva contrazione da 36,4 miliardi nel 2012 a 34,7 miliardi nel 2017, la spesa ha iniziato a risalire raggiungendo 40,8 miliardi nel 2022, per poi scendere a 40,1 miliardi nel 2023». Tuttavia, in termini percentuali sulla spesa sanitaria totale, il trend rileva una lenta ma costante riduzione: se nel 2012 rappresentava il 33,5%, nel 2023 si è attestato al 30,6%.
In 11 anni perso 28.1 miliardi
«Se la spesa per il personale dipendente si fosse mantenuta ai livelli del 2012, quando rappresentava circa un terzo della spesa sanitaria totale, negli ultimi 11 anni il personale dipendente non avrebbe perso 28,1 miliardi, di cui 15,5 miliardi solo tra il 2020 e il 2023, un dato che evidenzia il sacrificio economico imposto ai professionisti del SSN», ha commentato Cartabellotta. Per l’anno 2022, ultimo disponibile, la RGS riporta un totale di 681.855 unità di personale dipendente, pari ad una media nazionale di 11,6 unita’ per 1.000 abitanti con nette differenze regionali: da 8,5 unità per 1.000 abitanti in Lazio e Campania a 17,4 unità per 1.000 abitanti in Valle D’Aosta.
Lombardia e centro-sud sotto la media nazionale
«Questi dati – ha osservato il Presidente – portano a due considerazioni generali. Nelle prime 5 posizioni si collocano tutte le Regioni e Province autonome a statuto speciale di più piccole dimensioni (Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Province autonome di Trento e Bolzano) oltre alla Liguria. Al contrario, al di sotto della media nazionale si trovano tutte le Regioni in Piano di rientro, tutte del Centro-Sud, oltre alla Lombardia».
La reazione di CIMO-FESMED
Non ci sta neppure Guido Quici, Presidente della Federazione CIMO-FESMED. «L’allarme lanciato dalla Fondazione GIMBE in merito ai tagli alla spesa per il personale sanitario negli ultimi 11 anni si unisce ai numerosi segnali d’avvertimento lanciati di recente dalle principali istituzioni contabili del Paese, dalla Corte dei Conti alla Ragioneria dello Stato. Segnali che sposano la posizione assunta dai sindacati del settore ormai da anni: senza il personale sanitario, il diritto alla tutela della salute è seriamente a rischio. E senza una vera inversione di marcia volta a valorizzare i professionisti, il Servizio sanitario nazionale è destinato al fallimento».
La legge di Bilancio getta il SSN nell’abisso
«Eppure – aggiunge Quici – tale inversione di tendenza, sebbene ritenuta imprescindibile da tutti gli attori che in qualche misura si occupano di sanità, non è all’orizzonte. La legge di Bilancio prevede solo finanziamenti spot che non consentono di ripescare il SSN dall’abisso in cui al momento si trova. E per i medici non riserva nulla, se non un vergognoso aumento dell’indennità di specificità medica pari a 17 euro mensili».
Contratti scaduti da anni
«Ci si riempie la bocca della necessità di rendere nuovamente attrattivo il lavoro del medico ospedaliero, ma intanto tutti i contratti collettivi dei medici risultano scaduti: da tre anni quello dei medici dipendenti del SSN, e si attende ancora l’emanazione dell’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative; da un anno e mezzo quello dei medici dipendenti di strutture sanitarie private afferenti all’ARIS; da 20 anni, ed è senz’altro il fatto più vergognoso, quello dei medici dipendenti delle strutture sanitarie private afferenti all’AIOP», continua Quici.
Senza medici non c’è salute
«Forse non risulta abbastanza chiaro che senza medici non c’è salute. E se non si interviene prontamente con interventi efficaci sul tema della sanità, ben presto le corsie degli ospedali saranno vuote», conclude.