Come cambierà la sanità americana e mondiale dopo l’elezione di Donald Trump? Tra i primi cento decreti esecutivi firmati dal Presidente americano ha fatto molto discutere la decisione di uscire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Scelta motivata da una cattiva gestione della pandemia da Covid, ma anche dai pagamenti onerosi chiesti dall’OMS agli Stati Uniti. Una linea politica volta ad una spending review per portare avanti il motto America First, ma da molti criticata. Se in Europa si discute e si fanno supposizione su sull’onda lunga e sulle conseguenze che porterà nel panorama mondiale, negli USA medici e ricercatori avvertono i primi segnali del cambiamento. Ne abbiamo parlato con Francesca Polverino, medico italiano, professore ordinario di pneumologia a capo del centro di ricerca sulle malattie da fumo di tabacco presso il Baylon College of Medicine in Houston Texas.

Com’è la situazione della sanità americana oggi?
«Il Covid ha portato un forte aumento delle patologie respiratorie, quelle che noi chiamiamo “long COVID” ossia “il COVID lungo”. Questo ha portato ad un collasso delle pneumologie ed un forte aumento dei pazienti con patologie respiratorie corniche».
L’elezione di Donald Trump ha cambiato qualcosa nella sanità americana?
«L’amministrazione Trump ha introdotto una serie di politiche che stanno influenzando significativamente il sistema sanitario degli Stati Uniti. Una delle azioni più rilevanti è l’emanazione di un ordine esecutivo che sospende l’assistenza sanitaria di affermazione di genere per i giovani transgender sotto i 19 anni. Questo provvedimento ha portato diversi ospedali a interrompere i servizi e a conformarsi alla nuova direttiva».
Qual è la conseguenza?
«Diversi giovani transgender si trovano oggi privati delle cure necessarie, con potenziali ripercussioni sulla loro salute mentale e fisica. Non solo, anche la nomina di Robert F. Kennedy Jr. a capo del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani ha suscitato preoccupazione nella comunità medica, data la nota posizione scettica nei confronti dei vaccini».
Fuori dall’OMS, cosa ne pensa?
«L’amministrazione sostiene una presunta gestione inefficace e un’eccessiva influenza politica da parte della Cina all’interno dell’OMS. Questa decisione a mio avviso potrebbe indebolire la cooperazione sanitaria globale, riducendo la capacità di risposta coordinata a future emergenze sanitarie. Inoltre, in conseguenza di questa linea politica sono stati sospesi finanziamenti federali destinati a programmi di assistenza estera, inclusi aiuti umanitari e sanitari».
Come definirebbe questa scelta?
«A mio avviso è una mossa azzardata. Questa sospensione potrebbe avere effetti negativi su vari programmi essenziali, tra cui quelli dedicati al contrasto alla povertà sia a livello nazionale che internazionale. L’assenza degli USA nell’OMS potrebbe creare disuguaglianze nell’accesso ai vaccini e aggravare le pandemie. Altri paesi come Cina e Europa potrebbero assumere un ruolo guida nelle politiche sanitarie mondiali con maggior rischi per la salute pubblica degli USA perché potrebbero essere più lenti nel rilevare e rispondere alle minacce sanitarie, mentre ci potrebbero essere ostacoli alla ricerca scientifica. Infine, Agenzie come il CDC e la FDA dovrebbero investire più risorse per monitorare le emergenze sanitarie senza il supporto dell’OMS».