Per la salute mentale in Italia oggi si investe il 3,3% del Pil. Secondo le previsioni del rapporto Headway – A new roadmap in Brain Health in Italia: Focus Mental Health realizzato da Angelini Pharma in partnership con THE European House -Ambrosetti per un beneficio reale sarebbe necessario arrivare al 5% del Pil. Non solo, i casi di trattamento sanitario obbligatorio dopo il Covid sono aumentati in maniera importante e in alcune realtà addirittura raddoppiati. Numeri spia, dunque, di un crescente disagio sociale. A lanciare l’allarme, oltre a medici e educatori, sono le forze dell’Ordine.

Da Trieste il segnale di un problema di salute mentale pubblica crescente
L’appello alle istituzioni per trovare una soluzione al problema è partito da Trieste. Portavoce i vertici del SAP locale. «La città ha registrato un incremento di trattamenti sanitari obbligatori in particolare dopo il Covid (i casi di TSO in città sono raddoppiati) e non ha ancora dimenticato il ferrato omicidio ai danni di due agenti di polizia Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, uccisi nella Questura di Trieste il 4 ottobre del 2019 per mano di Alejandro Stephan Meran, giudicato in Cassazione non imputabile per vizio totale di mente e dunque assolto », ha dichiarato Lorenzo Tamaro, segretario del Sap del F.V.G.
Sulla Rotta Balcanica migliaia di persone con problemi di salute mentale
Per non parlare dei flussi migratori che attraverso la Rotta Balcanica hanno portato a Trieste, e poi nel resto d’Italia, migliaia di persone con gravi problemi di salute mentale. L’uso di sostanze stupefacenti e un aumentato consumo di farmaci antidepressivi negli ultimi 20 anni completa il quadro di un Paese che ha nella salute mentale un problema ormai prioritario. È necessario un cambio di passo per arginare il fenomeno e trovare una collocazione idonea agli aggressori con problemi di salute mentale per scontare la loro pena. Sapere che Meran è stato assolto per vizio totale di mente offende la memoria dei colleghi uccisi barbaramente durante l’esercizio delle loro funzioni e mette in pericolo la collettività».

Salute mentale, Paoloni: «Serve formazione specifica per agenti delle forze dell’ordine»
Una richiesta di attenzione da parte degli uomini in divisa che non può più essere ignorata. Chiamati ad intervenire durante aggressioni ai danni di cittadini, di medici e infermieri, gli uomini in divisa chiedono più tutele. Infatti, quando costretti a subire minacce con coltelli o armi per garantire l’ordine pubblico, mettono a rischio la propria incolumità o, nel caso di intervento, la propria carriera e il proprio futuro. «Il tema è delicato – ha aggiunto il segretario generale del Sap Nazionale Stefano Paoloni durante il congresso di Como -. Noi siamo chiamati spesso ad intervenire quando ci sono episodi di violenza e di forza da parte di soggetti con problemi di salute mentale. Questo significa che i poliziotti devono agire in modo da contenere la rabbia dell’aggressore e arginare la sua reazione. Questo richiede competenze specifiche per non rischiare di peggiorare e compromettere la situazione».
Cosa chiede il SAP per migliorare la gestione dei soggetti con problemi di salute mentale
«Cosa serve dunque? Un percorso formativo importante non solo sul primo approccio perché per un arco temporale discreto occorre gestire autonomamente le persone mentalmente instabili o alterate per effetto di sostanze stupefacenti – ha fatto notare Paoloni -. Quindi le nostre richieste vanno nella direzione di una formazione in grado di rendere gli agenti di polizia preparati ad affrontare chi ha problemi di salute mentale e di un sostegno con personale sanitario specifico (psicologi, psichiatri e assistenti sociali) nel momento in cui si deve affrontare questi soggetti».

Ripensare le Rems, la proposta del garante dei diritti della persona del Friuli-Venezia Giulia
Il caso Meran, e molti altri, insegnano però che assicurare alla giustizia un soggetto potenzialmente pericoloso, con problemi di salute mentale, non significa aver messo in sicurezza la collettività, anzi. Oggi, infatti, esiste un altro grave problema di gestione dei detenuti con problemi di salute mentale come ha ben evidenziato proprio da Trieste il garante dei diritti della persona della Regione Friuli-Venezia Giulia, Enrico Sbriglia: «La scelta di cancellare gli ospedali psichiatrici giudiziari senza verificare come mai non funzionassero e ricercarne le responsabilità, ha riversato migliaia di soggetti potenzialmente pericolosi in strada, destinatari di un’azione di cura da parte delle aziende sanitarie. E il risultato ce l’abbiamo sotto i nostri occhi».
Rems: oggi poche e con le liste d’attesa
«Oggi si preferisce parcheggiare il violento all’interno delle carceri piuttosto che ricoverarlo nelle Rems, che per altro sono poche e ci sono le liste d’attesa – Ha sottolineato Sbriglia -. Non solo, per l’assenza, comprensibile, di una vision anche securitaria, spesso possono non essere in grado di gestire folli violenti. Nelle Rems, nel migliore delle ipotesi, il controllo è assicurato da vigilanti privati che, però, non possono compiere atti di polizia veri e propri, quali le perquisizioni locali e personali, atti di coercizione legale, assumere testimonianze, etc.; di fatto possono soltanto allertare, a loro volta, le forze dell’ordine attendendone l’arrivo. Quindi, constatato che le attuali strutture potrebbero non essere in grado di gestire i malati mentali caratterizzati da condotte violente autolesionistiche e/o rivolte ad altri pazienti oppure al personale sanitario, etc., sarebbe ragionevole ripensarle».
Rems nelle carceri per gestire i soggetti con problemi di salute mentale
Parte dal garante dei diritti della persona la richiesta di una leale ed intelligente collaborazione tra le due istituzioni pubbliche. «Si potrebbero realizzare strutture perfettamente autonome all’interno di aree già penitenziarie, ma che andranno gestite esclusivamente dai servizi sanitari, affidando la sola sorveglianza e, quando ritenuto necessario dalle autorità sanitarie, anche i controlli interni, alla polizia penitenziaria, di fatto già presente in loco. Basterebbe realizzare una Rems per ogni regione, favorendo anche una formazione congiunta, oltre che permanente, del personale interessato, e una parte significativa dei problemi sarebbe forse risolta».
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