Si chiama Carolina Greco, ed è una dei tanti “cervelli in fuga” che oggi è tornata in Italia. Laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche presso l’Università degli studi di Milano, dopo sei anni di ricerca trascorsi negli Stati Uniti, alla University of California, ha deciso di invertire la rotta e fare ritorno in Italia. Oggi è responsabile del laboratorio di Metabolismo Circadiano all’Humanitas University dove studia la connessione tra lo scompenso cardiaco e altri organi.
Perché il ritorno in Italia
Nel momento in cui sempre più giovani laureati italiani scelgono di andare all’estero (secondo i dati Istat sono circa 1 milione e 300 mila), Carolina Greco per amore della famiglia, del cibo e dell’Italia ha deciso di tornare.
Una scelta di testa o di cuore?
Carolina non ha dubbi:« è stata una decisione maturata negli anni e finalizzata grazie ad un finanziamento ottenuto dalla comunità europea destinato a giovani ricercatori per avviare un proprio laboratorio».
Cosa le ha dato l’esperienza negli Stati Uniti per la sua ricerca?
«Dopo sei anni negli Stati Uniti a fianco di ricercatori di fama mondiale ho ottenuto l’esperienza che in Italia non avrei mai potuto avere. L’America corre veloce, i ritmi della ricerca sono incalzanti, c’è competizione e i fondi non mancano. In Italia, ora posso mettere a frutto le competenze acquisite. Sono tornata al momento giusto».
L’ambito in cui Carolina Greco ha studiato e fatto ricerca in America è sfidante perché lo scompenso cardiaco oggi rappresenta la cardiopatia più diffusa tra gli over 65. Interessa uomini e donne in egual misura e, a causa dell’invecchiamento della popolazione, è la patologia cardiovascolare più diffusa tra gli over 70.
Ritmi circadiani e scompenso cardiaco che interazione hanno?
«Cerchiamo di capire come sono alterati i ritmi circadiani nelle varie popolazioni cellulari all’interno del cuore, nei cardiomiociti e nei fibroblasti. Invece a livello sistemico osserviamo le alterazioni dei ritmi circadiani in tutto l’organismo durante lo sviluppo dello scompenso cardiaco. L’obiettivo è di identificare nuovi meccanismi alla base della patologia».
Cosa avete scoperto?
«Il primo dato significativo di partenza è il legame tra lo scompenso cardiaco e altri organi. Per ora ci siamo focalizzati sul fegato. Quello che abbiamo rilevato è una fase compensatoria dell’ipertrofia cardiaca nella prima fase della malattia, quando ancora la funzione cardiaca è preservata, ma c’è uno stress a livello cardiaco. In quel momento vediamo un’alterazione del metabolismo circadiano del fegato».
Questo cosa significa per la ricerca?
«Esiste una relazione tra i due organi e dunque una patologia cardiaca può causare una malattia al fegato e viceversa. Ciò che ancora ignoriamo è il meccanismo che determina questa relazione anche se la ricerca clinica ha evidenziato un beneficio dei due farmaci SGLT2i e GLP1-RA contro il diabete e l’obesità per chi soffre di scompenso cardiaco».
Prossimo step della ricerca?
« Dopo il fegato andremo ad indagare l’interazione tra scompenso cardiaco ed altri organi, in particolare del muscolo scheletrico ed adiposo. L’obiettivo è fare prevenzione ed identificare nuovi biomarcatori della malattia per arrivare ad avere nuovi farmaci in grado di contrastare l’insorgenza dello scompenso cardiaco. Vorremmo arrivare a riconoscere in anticipo quando un paziente sta sviluppando uno scompenso cardiaco, anche in assenza di cause scatenanti come fumo e obesità».