Avere fiducia nel proprio medico aiuta il malato nel percorso di guarigione perché lo pone in una condizione di sicurezza e benessere emotivo. UN rapporto medico-paziente costante, quindi, aiuta dunque nel percorso di guarigione. Diversamente la mancanza di dialogo tra medico e paziente genera confusione, delusione e un senso di malessere che può avere risvolti negativi nell’aderenza alla terapia. Questi risvolti psicologici hanno una valenza scientifica come ha confermato lo studio F.I.O.R.E.
Lo studio F.I.O,R.E. 3 nel rapporto medico- paziente
Lo studio sperimentale F.I.O.R.E. 3 (Functional Imaging of Reinforcement Effects) realizzato dalla Fondazione Giancarlo Quarta Onlus, in collaborazione con l’Università di Padova e con l’Università di Parma, è la terza parte di un lavoro di indagine neuroscientifica svolto mediante risonanza magnetica funzionale per comprendere come la relazione tra medico e paziente può incidere sul percorso di cura. La prima parte ha indagato i bisogni del malato, la seconda parte ha invece studiato gli effetti che ha a livello cerebrale un rapporto discontinuo e distaccato. Tutti gli studi sono stati fatti con lo stesso metodo: il neuroimaging.
Cos’è il neuroimaging
La parola neuroimaging significa “neuro” ed “imaging”; quindi, è come se, con questi strumenti, il cervello venisse immortalato da varie prospettive. Questa tecnica consente di indagare il funzionamento del nostro cervello, prendendo in esame gli aspetti strutturali (anatomici) o gli aspetti funzionali (di “cooperazione” tra le diverse parti del cervello). Questa tecnica ha permesso di studiare la mente umana in modo dettagliato e, soprattutto, il cervello di persone IN VITA. In questo studio i soggetti indagati hanno dovuto immedesimarsi di volta in volta all’interno di situazioni che illustravano con immagini e testi diverse interazioni tra interlocutori.
Le interazioni che alimentano la fiducia nel rapporto medico-paziente
A trenta soggetti sani sono state sottoposte una serie di vignette raffiguranti interazioni tra due individui – medico e paziente – in situazione di continuità di rapporto e al contrario in soluzioni occasionali. Le situazioni ipotizzate raffiguravano un infortunio e il colloquio tra paziente e medico in tre prospettive: descrizione della situazione (infortunio), bisogno del paziente e risposta del medico. Nelle due ipotesi: di sostegno e continuità di rapporto e in una situazione di occasionalità. Lo studio ha poi evidenziato quali aree cerebrali risultavano maggiormente coinvolte nelle due diverse situazioni e le correlazioni esistenti tra cervello-comportamento-personalità. Nella prima ipotesi (di continuità) risultavano connessi l’elaborazione della prospettiva del sé nel futuro e il riconoscimento visivo dei volti in modo personalizzato. In questo caso è emerso che il senso di continuità ingaggia aree associative, sensomotorie, emotive e cognitive all’unisono, in armonia, segno di benessere del soggetto.
Cosa accade nel cervello del malato se manca il sostegno del medico
Diverso è lo scenario che emerge se viene meno la fiducia nel rapporto e manca il sostegno del medico. In questo caso, la connettività di alcune delle regioni individuate precedentemente si modifica significativamente. La mancata corrispondenza alle attese genera dissonanza e frizione emotiva, cosa che richiede una forte mediazione di tipo cognitivo per giustificare la violazione del rapporto di reciprocità. A livello psicologico, mentre la ricerca mostra che la continuità di rapporto determina una situazione di sicurezza e benessere generale e di fiducia nella relazione; al contrario, la possibile interruzione del rapporto genera un senso di abbandono e “distress” o fatica.