A volte nei palazzi di periferia si nascondono storie tragiche oltre ogni limite. Paolo (nome di fantasia) è un uomo affetto da SLA. Da tempo vive solo in una anonima casa popolare. Da quattro anni però convive con la sclerosi laterale amiotrofica. Una condanna per chiunque, ancor più per chi è solo e non ha un caregiver.
La malattia irrompe nella solitudine di Paolo
La malattia si manifesta dapprima in maniera subdola, quasi impercettibile. Una gamba che cede mentre sale le scale, una mano che non riesce più a stringere le posate e poi via via il passo si fa sempre più lento, le parole muoiono a metà, il boccone si ferma in gola con il rischio di soffocare. Le condizioni di Paolo peggiorano rapidamente, fino a renderlo un uomo non più autosufficiente. È in quel preciso momento che la vita già difficile diventa impossibile per un uomo solo, senza famiglia, senza lavoro e senza affetti. Nessuno che si possa prendere cura di lui. Quando il caregiver non c’è chi si fa carico del malato? Gli assistenti sociali passano una volta al giorno per cambiarlo, dargli da mangiare, poi il vuoto e il silenzio. Le giornate per Paolo trascorrono tutte uguali in attesa di andare in un centro dedicato per proseguire il lento declino che inevitabilmente lo condurrà al termine del suo viaggio terreno.
Se il caregiver non c’è
A rompere il silenzio che accompagna le sue giornate si sono però i volontari di una associazione del territorio. Uomini e donne allertati un giorno dai vicini di casa per i lamenti che sentivano. È bastato un attimo per loro comprendere la gravità della situazione, aiutare Paolo sofferente perché una gamba aveva assunto una posizione innaturale. Un dolore che diventa, in qualche modo, la sua ancora di salvezza. I volontari lo aiutano e decidono di non lasciarlo più solo a lungo. Si organizzano: ognuno di loro diventa per poche ore il suo caregiver. Un piccolo aiuto, ma fondamentale per affrontare la terribile malattie che l’ha condannato all’immobilità pressoché totale.
Serve più assistenza
La storia di Paolo mette in luce un dramma nel dramma. Oltre la malattia la solitudine può diventare una vera e propria prigione, in assenza di aiuti e servizi, tanto più quando manca anche una rete familiare di assistenza. Una condizione più diffusa di quanto si possa immaginare che oltre alle malattie degenerative, si considerano le croniche. A metterlo in luce l’ultima indagine dell’Osservatorio Sanità di Uni Salute su patologie croniche e familiari, da cui è emerso ancor più come il compito dei caregiver sia fondamentale, ma molte volte reso complicato dalle difficoltà nell’accedere ai servizi di assistenza.
La ricerca rivela che un malato su cinque necessita di assistenza
La ricerca fatta su una platea di mille italiani con malattie croniche ha evidenziato come un malato su cinque (18%) necessiti di un’assistenza almeno saltuaria, e che nel 58% dei casi a fornirla siano prevalentemente i familiari, con un picco del 64% al Sud. La maggioranza di essi (61%), però, ha riscontrato difficoltà nell’accedere ai servizi che dovrebbero aiutarli nell’assistenza al malato.
Tutta colpa della burocrazia
Il problema principale per tutti è la burocrazia, il 60% degli intervistati la considera un ostacolo. Quasi uno su due ritiene inoltre insufficienti le risorse e i fondi dedicati e molti lamentano una scarsa flessibilità nell’andare incontro alle esigenze delle famiglie. Spesso è difficile trovare informazioni su quali servizi siano disponibili nel proprio territorio, lamenta un intervistato su tre (30%).
Come semplificare allora la vita dei caregiver e dei malati?
Il 72% degli intervistati chiede più risorse e fondi per i servizi. Per il 58% è necessario un sostegno psicologico e programmi di formazione sulla malattia e sulle pratiche di assistenza. Il 54% ritiene importante la telemedicina come strumento di supporto, anche se ad oggi solo il 5% dei malati cronici ne fa uso. Da segnalare anche la richiesta di consegna a domicilio di ricette e medicinali (62% dei casi), consulenza per conoscere nuove opportunità di cura e assistenza (57%) e terapie a domicilio (51%).