giovedì, Aprile 24, 2025
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Protesi d’anca con tecnica mininvasiva AMIS: un’innovazione nell’ortopedia

Il Policlinico San Donato è il centro di riferimento nazionale e internazionale per la protesi d’anca mininvasiva. Federica Bosco intervista Il dott. Augusto Dagnino «La novità principale risiede nella via d’accesso anteriore, che riduce il danno collaterale a muscoli, tendini vasi e nervi».

La protesi d’anca mininvasiva con tecnica AMIS (accesso mininvasivo anteriore) rappresenta il fiore all’occhiello dell’Unità di Ortopedia I dell’IRCCS Policlinico San Donato, un centro di riferimento nazionale e internazionale per questa tecnica. Nell’ultimo anno, l’IRCCS Policlinico San Donato ha eseguito oltre 680 interventi di protesi d’anca mininvasiva con tecnica AMIS, con una degenza in fast recovery. Il 40% dei pazienti è stato dimesso in 3 giorni e il 78% in 4giorni. Ne parliamo con il dottor Augusto Dagnino che, insieme al dottor Carlo Enrico Fiorentini, guida il reparto di Ortopedia I dell’IRCCS Policlinico San Donato ed esegue un training sulla procedura.

Augusto Dagnino
Dott. Augusto Dagnino, reparto di Ortopedia I dell’IRCCS Policlinico san Donato

Dottor Dagnino, cos’è la tecnica AMIS per la protesi d’anca?

«La tecnica AMIS è un intervento mininvasivo che permette l’inserimento della protesi all’anca senza “tagliare” i muscoli. Tra le varie tecniche, la AMIS (Anterior Minimally Invasive Surgery) è una vera chirurgia mininvasiva, nel senso di rispetto e salvaguardia globale dei tessuti. Non seziona i muscoli, non prevede il distacco dei tendini, ma segue una via sia intermuscolare sia inter-nervosa, riducendo il rischio di danneggiamento di muscoli, tendini, vasi e nervi».

Quali sono le novità che caratterizzano la tecnica AMIS per la protesi d’anca?

«La novità principale della tecnica AMIS risiede nella via d’accesso mininvasiva, che riduce il danno collaterale a muscoli e tendini. Dopo l’intervento, i muscoli tornano alla loro posizione originale, permettendo un recupero più rapido. Le protesi utilizzate sono sempre di materiali di alta qualità, ma la vera innovazione è nella tecnica di accesso».

I vantaggi di questa tecnica quali sono?

«Rispetto alla chirurgia protesica tradizionale, la tecnica mininvasiva presenta vantaggi unici. I tempi di recupero funzionale sono ridotti, non vengono applicati né drenaggi né cateteri, facilitando la ripresa della mobilità dell’articolazione. L’intervento è effettuato in “fast recovery”, con una percentuale altissima di dimissioni già al terzo giorno dopo l’operazione. Il dolore post-operatorio è ridotto, così come il sanguinamento, con bassissime possibilità di dover ricorrere a una trasfusione. La cicatrice è molto piccola (4-7 cm) e posizionata in una zona meno visibile. Le protesi in titanio, con la parte mobile in ceramica, sono durevoli nel tempo, consentendo di non  dover rioperare il paziente dopo qualche anno».

Che tipo di expertise richiede?

«La tecnica AMIS richiede una curva di apprendimento elevata, ma una volta acquisita, può essere estesa a quasi tutti i pazienti, tranne nei casi di revisioni dove si utilizza la tecnica precedente per evitare ulteriori cicatrici».

Chi sono i candidati ideali per la protesi d’anca con la tecnica AMIS?

«La tecnica AMIS può essere consigliata ai grandi anziani (over 70), che non possono essere operati con le tecniche tradizionali, troppo debilitanti, oppure per i pazienti nella fascia di età 40-50 anni che desiderano ritornare a praticare attività sportiva».

Negli ultimi anni sono aumentati i giovani, molti sportivi necessitano di un intervento all’anca, come mai?

«Un tempo le protesi avevano la data di scadenza. Dopo 20 anni, dovevano essere cambiate. Ora invece non hanno scadenza quindi siamo più propensi a operare un paziente anche sotto i quarant’anni. Giovani ce ne sono tanti, soprattutto sportivi. Lo sport danneggia e usura. Ma come tutte le malattie c’è una componente ambientale e genetica».

Tra gli sport quali mettono più a rischio le anche di chi è già geneticamente predisposto?

«Nuoto e bicicletta sono i meno traumatizzanti. Sci, paddle, ginnastica invece logorano di più l’anca. Dove ci sono tanti salti e cambi di direzione i rischi aumentano. Poi occorre considerare che gli sportivi hanno una soglia del dolore più alta».

Quali sono i sintomi dell’artrosi all’anca?

«Un dolore nella parte anteriore della coscia, oppure all’inguine può essere il segnale di un’anca lussata».

Il campanello di allarme da non sottovalutare?

«La difficoltà ad allacciarsi le scarpe».

Quali sono invece gli errori che commettono i pazienti dopo l’intervento?

«Dopo l’intervento con la tecnica mininvasiva i pazienti più giovani si dimenticano di avere una protesi e non  rispettano i tempi di ripresa. Il nostro compito è di guidarli e di contenerli perché comunque ci sono delle cicatrici che impiegano 20 giorni a guarire e ci sono dei rischi da evitare».

Quali rischi si possono correre con la protesi all’anca inserita con la tecnica AMIS?

«Come per qualsiasi intervento chirurgico, anche la tecnica AMIS comporta alcuni rischi. Uno dei principali è la lussazione della protesi, che può verificarsi se il paziente recupera troppo rapidamente prima del tempo consigliato. Anche se il rischio di rigetto è basso, può comunque verificarsi una mobilitazione della protesi, ovvero la protesi non si aggancia correttamente  all’osso. In questi casi, potrebbe essere necessario un intervento correttivo per sostituirla. Inoltre, c’è un rischio minimo di infezione e sanguinamento, come in qualsiasi procedura chirurgica».

Affinché l’intervento si svolga nel miglior modo possibile è necessaria una preparazione fisica?

«Prima dell’intervento, è consigliabile che i pazienti facciano una preparazione muscolare. Se il dolore lo consente, il paziente può seguire una preparazione che renda il post-operatorio più rapido. Tuttavia, in molti casi, i pazienti possono avere dolori significativi che rendono difficile l’attività fisica preoperatoria. Gli sportivi, avendo una soglia del dolore più alta, sono generalmente meno preoccupanti, ma è importante che non sottovalutino l’intervento e seguano le indicazioni mediche».

Dopo l’operazione dell’anca con tecnica mininvasiva è necessaria la riabilitazione?

«Durante la pandemia di COVID-19, l’IRCCS Policlinico San Donato ha implementato un sistema di tele riabilitazione per i pazienti extraregionali. Questo sistema ha permesso di monitorare i pazienti giorno per giorno e fornire indicazioni sugli esercizi da fare. I risultati della tele riabilitazione sono stati sovrapponibili a quelli della riabilitazione in presenza, dimostrando che anche con un approccio a distanza, i pazienti possono ottenere ottimi risultati. Un traguardo questo che ancora oggi consente di seguire quotidianamente anche i pazienti che vivono in altre regioni».

Possiamo dire che oggi la tecnica AMIS per la protesi all’anca non ha rivali?

«La tecnica AMIS rappresenta un’innovazione significativa nel campo della chirurgia protesica dell’anca, offrendo numerosi vantaggi in termini di recupero funzionale, riduzione del dolore post-operatorio e miglioramento della qualità della vita dei pazienti. Grazie a questa tecnica, l’IRCCS Policlinico San Donato continua a essere un punto di riferimento nell’ortopedia italiana internazionale, garantendo cure di eccellenza ai pazienti».

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
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