venerdì, Gennaio 24, 2025
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Osteopata neonatale: chi è il primo “allenatore” dei nostri bambini

Dalla terapia intensiva all’età scolare l’osteopata neonatale aiuta i piccoli a risolvere alcuni problemi funzionali. Il dottor Andrea Manzotti è stato il primo. Oggi fa ricerca e ha una scuola di formazione

Dott. Andrea Manzotti osteopata neonatale e pediatrico

Nascere pretermine per un bambino spesso significa non aver ancora completato lo sviluppo fisico per affrontare la vita. Una condizione che ogni anno in Italia interessa circa 24 mila bambini.   Numeri che allarmano non solo per le delicate condizioni cliniche dei neonati nelle prime settimane di vita, ma anche per le conseguenze che molti di loro dovranno affrontare nel corso degli anni. È evidente che gli interventi sanitari fatti nei primi giorni e mesi di vita sono fondamentali. Quotidiano della salute ha incontrato il dottor Andrea Manzotti, osteopata  pediatrico e neonatale che nel 2003 ha aperto il primo ambulatorio di osteopatia pediatrica e neonatale presso l’Ospedale di Vimercate (MB) per approdare successivamente all’Ospedale Buzzi di Milano ed è fondatore di una scuola di formazione di 2 anni sull’ osteopatia neonatale e pediatrica presso la SOMA.

Dottore il suo intuito ha fatto scuola, com’ è nata la figura di osteopata neonatale?

«Per formazione sono un fisioterapista osteopata, nel 2003 grazie ad una pediatra illuminata, la dottoressa Patrizia Calzi, abbiamo iniziato questo lavoro in team all’ospedale di Vimercate perché abbiamo capito che  Intervenire sul bambino precocemente aiuta la risoluzione di alcuni problemi come alterazioni posturali e funzionali legati ad esempio all’apparato respiratorio o gastroenterico.  Nei primi giorni e mesi di vita il bambino è plastico, per cui è più facile  recuperare alcune funzioni. Per intenderci in presenza di stress respiratorio, il neonatologo si occupa della parte farmacologica e tecnologica, io lavoro sul bambino a livello posturale, per aiutarlo a togliere le tensioni legate a posizioni obbligate dalle apparecchiature a cui è attaccato per respirare. Quindi lavoro sulla funzione».

All’ospedale Buzzi di Milano il suo lavoro è cambiato?

«Ho aggiunto la ricerca grazie al lavoro che svolgo in terapia intensiva. In questo l’ospedale Buzzi grazie all’approvazione del comitato etico e al primario, dottor Gianluca Lista, che è all’avanguardia, abbiamo prodotto molte pubblicazioni che dimostrano l’efficacia dell’osteopatia nei bambini pretermine. Ogni anno sono circa cinquecento i neonati su cui intervengo con tecniche dolci per aiutare lo sviluppo non ancora completo di organi o per correggere posizioni. Gli studi fatti dimostrano che, ad esempio,  nei bambini con plagiocefalia (deformazione cranica caratterizzata da una forma irregolare o piatta del cranio) un trattamento precoce aiuta a risolvere il problema. Il trattamento osteopatico sui pretermine migliora per esempio, la saturazione di ossigeno. Non solo, nei bambini a termine, l’osteopatia pediatrica, insieme alla fisioterapia, permette di correggere posture sbagliate, piede torto, problemi di stipsi o un funzionamento non appropriato del sistema gastroenterico».

Lei ha fatto da apripista, oggi in Italia c’è spazio per l’osteopata neonatale?

«Sono stato il primo a Vimercate, poi ho cresciuto un gruppo di colleghi a cui ho lasciato l’ambulatorio e sono arrivato al Buzzi dove ho replicato e ampliato il lavoro con la ricerca.  Oggi ci sono diversi ambulatori, il progetto ha varcato i confini della Lombardia e si è aperto  un filone interessante in Italia».

L’osteopata effettua delle manipolazioni, pure su bambini molto piccoli si agisce in questo modo?

«Prima di tutto viene fatta  una valutazione personalizzata e poi si procede con la manipolazione che non deve durare mai più di venti minuti per non creare stress nel bambino. La manipolazione si ripete poi una o due volte la settimana. Siccome ogni osteopata ha una sua tecnica e nella gestione del bambino in ospedale le mani non sono sempre le stesse, con otto anni di studio, al Buzzi abbiamo sviluppato un modello di manipolazione nostro che oggi stiamo diffondendo anche in altri ambulatori di osteopatia neonatale.  L’errore che l’osteopata neonatale deve evitare è di considerare il bambino un piccolo adulto. Non è così. Il neonato ha una funzione, un’anatomia e una fisiologia propria».

A proposito di tecniche, è differente la gestione del maschio rispetto la femmina?

«Da un punto di vista tecnico non ci sono differenze, ma ricercando e raccogliendo quasi undici mila valutazioni negli anni, abbiamo osservato che differiscono per reattività, maggiore nella femmina, minore nel maschio. Questo dipende da un pannello ormonale differente».

Il lavoro dell’osteopata neonatale prosegue fino all’adolescenza, in collaborazione con altre figure dedite al giovane adulto, o non esiste continuità di cura?

«L’obiettivo del mio lavoro è proprio quello di sviluppare una rete di professionisti preparati in modo da garantire una continuità di cura anche durante la fase della crescita e dell’adolescenza fino all’età adulta. Per questo ho messo a punto  nella mia scuola di formazione un percorso di due anni sulle tecniche di osteopatia neonatale e pediatrica. La preparazione è fondamentale per aiutare i bambini nella fase della crescita e anche per non dare false illusioni ai genitori. Noi lavoriamo sulle alterazioni delle funzioni e sulle comorbidità che la patologia pediatrica spesso manifesta ».

 

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
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