Prendersi cura delle ossa in un’Italia che invecchia rapidamente e fa i conti con l’aumento delle malattie croniche. L’osteoporosi rappresenta una sfida enorme ma anche un’opportunità di cambiamento. Oggi sono oltre 4 milioni gli italiani colpiti da questa patologia silenziosa, quasi l’80% sono donne, e il numero è destinato a crescere al pari dell’onere sociale ed economico che ad esso si accompagna.
Le fratture da fragilità
Colpiscono soprattutto polso, omero, vertebre e femore, costano infatti ogni anno al Sistema Sanitario circa 10 miliardi di euro, tra cure, riabilitazione e ricoveri. A questi si aggiungono gli impatti indiretti: giornate lavorative perse, isolamento sociale, depressione, perdita di autonomia. Se non si agisce oggi, entro il 2034 le fratture potrebbero aumentare del 20%, arrivando a toccare quota 700.000 casi l’anno. Un trend preoccupante che può, e deve, essere invertito. Ma non è tutto già scritto.
Serve un cambiamento culturale
«Aumentare la consapevolezza, promuovere stili di vita più sani e migliorare la prevenzione e la cura anche nei più giovani. Il rischio di fragilità ossea riguarda non solo gli anziani, ma anche adulti e over 50, spesso inconsapevoli del problema. Tuttavia, è possibile intervenire fin da subito per proteggere la propria salute e prevenire conseguenze future. “NON ROMPERLE!” è un invito ad agire, a non rimandare e a prendersi cura del proprio futuro», osserva Luca Pisanello, Deputy General Manager Italfarmaco, l’azienda promotrice dell’iniziativa con il patrocinio di Fedios – Federazione Italiana Osteoporosi e malattie dello Scheletro, e tra i principali attori nel campo della salute ossea, grazie a un costante impegno nella ricerca scientifica e nell’innovazione terapeutica.
Un Motor-Home in 8 città
Per promuovere la conoscenza sulla salute delle ossa, un motor-home farà tappa in 8 città italiane: Genova, Torino, Varese, Pavia, Ancona, Bari, Battipaglia e Frosinone, in un tour di 16 giorni. A bordo, specialisti del metabolismo osseo offriranno incontri informativi gratuiti per aiutare i cittadini a prendersi cura della salute delle proprie ossa.
Diete alla moda? Attenzione alle ossa
Negli ultimi 12 mesi, i social sono stati invasi da contenuti su dieta chetogenica, detox, ipocalorica e digiuno intermittente. Un’ondata di post, reel e consigli virali che ha raggiunto, solo in Italia, ben 310 milioni di utenti, promettendo trasformazioni lampo e risultati spettacolari. Ma cosa si cela dietro l’apparente efficacia delle diete di tendenza? Secondo una recente review scientifica, non tutto è oro ciò che brucia (grassi): alcuni di questi regimi alimentari potrebbero mettere a rischio la salute delle ossa.
Possono ridurre la qualità delle ossa
Dieta chetogenica: Popolarissima tra chi cerca risultati rapidi, la dieta chetogenica è stata finora oggetto di pochi studi riguardo ai suoi possibili effetti sulla salute delle ossa in età adulta. Tuttavia, ci sono motivi per ritenere che una dieta chetogenica possa ridurre la qualità delle ossa.
Diete ipocaloriche severe: La perdita di peso non si ferma alla massa grassa: in obesi adulti, una dieta ipocalorica severa può compromettere la qualità del tessuto osseo, rendendo le ossa più fragili e vulnerabili.
Digiuno intermittente: Sempre più diffuso, ma ancora sotto osservazione. Gli effetti sullo scheletro non sono chiari: gli studi mostrano dati contrastanti e servono ulteriori ricerche per capire se sia davvero sicuro a lungo termine.
Serve un approccio integrato
«Le evidenze scientifiche internazionali ci dicono che per prevenire la fragilità ossea serve un approccio integrato che combini corretti stili di vita, attività fisica mirata, alimentazione ricca di calcio, vitamina D e, quando necessario, un supporto farmacologico mirato -commenta la Prof.ssa Giulia Letizia Mauro, Professore Ordinario di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Palermo e Direttore del Dipartimenti assistenziale di riabilitazione fragilità e continuità assistenziale A.O.U. Policlinico Palermo- Regimi alimentari non bilanciati e allenamenti non idonei, spesso diffusi online e senza solide basi scientifiche, possono avere effetti negativi sul metabolismo osseo. Prima di lasciarci tentare dall’ultima dieta virale, fermiamoci un attimo e consultiamo uno specialista qualificato: la salute delle ossa non è un dettaglio trascurabile, ma un investimento fondamentale per il nostro futuro»
Il sole fa bene? Sì, ma con cautela
A causa dei cambiamenti nello stile di vita, la carenza di vitamina D è diventata una condizione sempre più diffusa. Con l’avvicinarsi dell’estate, l’uso delle creme solari torna in primo piano, portando con sé l’attenzione su un tema cruciale: l’equilibrio tra protezione della pelle e produzione di vitamina D, argomento al centro anche di una recente meta-analisi condotta dall’Università di Brescia.
Assumere vitamina D
L’American Academy of Dermatology (AAD) suggerisce di assumere la vitamina D attraverso l’alimentazione o supplementazione, e non tramite l’esposizione diretta ai raggi UV. Nonostante la protezione solare possa ridurre in parte la produzione cutanea di vitamina D, è fondamentale non esporsi mai al sole senza adeguata protezione, per evitare l’elevato rischio di melanoma e altri tumori della pelle. Con l’avanzare dell’età, inoltre, la capacità dell’organismo di produrre vitamina D attraverso l’esposizione solare diminuisce progressivamente, rendendo la sua assunzione attraverso la dieta particolarmente indicata.
Agire sullo stile di vita non è sufficiente
Un recente position paper pubblicato su Archives of Osteoporosis, firmato da esperti italiani di diverse discipline (endocrinologia, cardiologia, nefrologia, reumatologia e medicina generale), ha ribadito alcuni punti-chiave, fra cui il ruolo del calcio e della vitamina D. L’assunzione quotidiana di calcio e vitamina D rappresenta un pilastro nella protezione delle ossa dalle fratture da fragilità. Si tratta di due elementi essenziali per la salute dello scheletro: il primo perché componente principale delle ossa, la seconda perché favorisce l’assorbimento del calcio a livello intestinale e contribuisce al corretto rinnovamento e alla mineralizzazione del tessuto osseo.
Anche l’AIFA raccomanda vitamina D
«Una recente linea di indirizzo pubblicata da un gruppo di esperti ha evidenziato che una supplementazione giornaliera di 600 mg di calcio e di 2000 UI di vitamina D è spesso necessaria per soddisfare, in caso di osteoporosi e di inadeguato introito alimentare di calcio e di carenza di vitamina D, i fabbisogni di calcio e di vitamina D raccomandati dalle linee-guida. Inoltre, l’Agenzia Italiana del Farmaco raccomanda, ove dieta e livelli ematici di vitamina D siano inadeguati, un adeguato apporto di calcio e vitamina D prima di avviare la terapia anti-fratturativa, onde evitare di vanificare l’efficacia di tali farmaci», sottolinea il Prof. Maurizio Rossini Professore Ordinario di Reumatologia presso l’Università di Verona e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.
E i falsi miti sul calcio?
«È ora di metterli da parte. Oggi sappiamo, grazie a solide evidenze scientifiche, che l’assunzione di calcio e vitamina D, nelle giuste quantità, non risulta comportare un aumento del rischio cardiovascolare o renale, salvo in presenza di patologie specifiche -commenta il Dr. Andrea Giusti, Direttore Medicina Interna Asl 3 di Genova– Rinunciare a questa integrazione per paure infondate può essere un errore, soprattutto per chi ha un apporto alimentare insufficiente. La verità è che proteggere le ossa dalle fratture si può: quando dieta e stile di vita non bastano, è necessario ricorrere a strumenti efficaci e sicuri»
Fragilità ossea e healthy Aging
In Italia, l’osteoporosi è ancora troppo spesso percepita come un inevitabile effetto dell’invecchiamento, invece di una patologia cronica che può essere prevenuta e trattata. Eppure, affrontarla in modo tempestivo e mirato significa non solo evitare fratture, ma anche proteggere l’autonomia, la mobilità e il benessere psicologico di milioni di persone. Perché l’osteoporosi non colpisce solo le ossa: impatta profondamente sulla qualità della vita, aumentando il rischio di dolore cronico, disabilità e isolamento. In altre parole, è un ostacolo concreto a un invecchiamento sano e attivo, quel healthy aging che oggi è al centro delle politiche di salute pubblica.