Avere malattie infiammatorie croniche intestinali spesso ha ripercussioni anche sugli occhi. Non tutti lo sanno, ma chi soffre di malattia di Crohn o rettocolite ulcerosa con molta probabilità tende ad avere occhi infiammati e per questo necessita di periodiche visite oculistiche. Quali sono i sintomi di una infiammazione agli occhi? lo abbiamo chiesto al dottor Jacopo Milesi, oculista presso l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
Quali sono le infiammazioni più frequenti negli occhi?
«Le più comuni sono le congiuntiviti che sono le infiammazioni della parte più superficiale dell’occhio, cioè la congiuntiva. Sono solitamente batteriche o virali, molto contagiose, causano fastidio, lacrimazione, bruciore e secrezioni, ma non sono pericolose per la vista. Danno disturbi passeggeri e si risolvono con colliri antibiotici o cortisonici. Nella maggior parte dei casi si sceglie di dare un collirio che contiene entrambi. Prima di prescrivere tali colliri è tuttavia buona norma effettuare una visita oculistica per escludere la presenza di cheratite».
Cos’è la cheratite?
«Si tratta di una infiammazione o una infezione che coinvolge la cornea, ovvero quella struttura trasparente convessa anteriormente che rappresenta la lente più potente del nostro apparato visivo. La diagnosi può essere fatta solo dal medico oculista».
Quali differenze ci sono tra congiuntivite e cheratite?
«Nella congiuntivite, oltre al fastidio e alla lacrimazione, non c’è significativa diminuzione della vista, cosa che invece caratterizza spesso la cheratite. Altri elementi distintivi della cheratite sono fotofobia e abbagliamento. I sintomi però non sono facilmente distinguibili, esiste un’ampia area grigia di sovrapposizione, quindi la visita oculistica è fondamentale. Questo soprattutto in caso di cheratiti di origine non batterica come le forme erpetiche, ovvero sostenute dall’herpes virus».
Cosa bisogna fare in presenza di cheratite erpetica?
«In quel caso l’uso di colliri cortisonici non è indicato, se non associata ad appropriata terapia antierpetica. Anzi, i colliri cortisonici da soli sono addirittura pericolosi perché potrebbero peggiorare la sintomatologia. Talvolta quando c’è una infezione erpetica a carico dell’occhio si sviluppano le classiche vescicole erpetiche sulle palpebre, ma non sempre ciò accade. Esistono infatti anche forme più insidiose che, se non vengono valutate dal medico oculista, difficilmente vengono riconosciute. Allora i rischi sono elevati perché il cortisone può scatenare l’herpes e, senza appropriata copertura antivirale, i danni sono importanti: cicatrici sulla cornea con danni permanenti alla vista. Altri casi molto insidiosi di cheratite sono quelle fungine, anche se più rare».
Quando si sviluppano infezioni fungine negli occhi?
«Le forme fungine sono più rare di quelle batteriche o virali, questo perché i funghi sono patogeni opportunisti, cioè aggrediscono i nostri occhi solo se ci sono fattori predisponenti quali uso di lenti a contatto, interventi chirurgici o immunodepressione. Normalmente le barriere di difese della superficie oculare, come lacrima, epitelio della cornea, mucosa rappresentano una barriera efficace contro i funghi, e quindi è difficilissimo che ci sia una infezione micotica; a meno che una persona faccia uso improprio di lenti a contatto. In quel caso, se la gestione delle stesse non è corretta, può capitare che le spore fungine si depositino sulla parente interna della lente, e si crei un ambiente ideale per la proliferazione del fungo. A quel punto si sviluppa una cheratite fungina della cornea difficilissima da trattare anche perché non esistono colliri antifungini disponibili nelle farmacie, ma vanno prodotti in modo galenico. Casi ancora più rari sono le infezioni fungine a carico del segmento posteriore dell’occhio (vitreiti e retiniti), conseguenti di solito a infestazioni fungine del torrente circolatorio (fungemie) come capita purtroppo in pazienti immunodepressi. (HIV e AIDS)».
Quando il paziente è affetto da MICI, quali tipi di infiammazioni sviluppa negli occhi?
«A causa delle MICI, come morbo di Crohn e Rettocolite ulcerosa, il paziente ha una probabilità aumentata di sviluppare una malattia infiammatoria agli occhi. Nello specifico uveiti auto immunitarie. In particolare, le uveiti anteriori o intermedie».
Quali sono i sintomi?
«Il sintomo più frequente, come per le congiuntiviti, è l’arrossamento dell’occhio, ma con una differenza: l’infiammazione non è nella cornea, ma dietro il bulbo oculare. Non ci sono secrezioni, ma compare calo della vista con offuscamento e fotofobia, (fastidio alle luci). L’oculista sarà in grado di stabilire la diagnosi corretta sul tipo di uveite».
Esistono diversi tipi di uveite?
«Ci sono tre tipi di uveite: anteriore, che sono le scleriti, episcleriti; intermedie ovvero pars planite e iridociclite; e le uveiti posteriori, vitreiti e retiniti. Queste ultime spesso sono quelle più gravi perché è più alto il rischio di danno permanente alla vista».
Cosa si rischia con i diversi tipi di uveite?
«Se nella sclerite il rischio di danno alla vista è modesto, nella uveite intermedia iridociclite, il rischio di danno permanente alla vista è ancora basso, se diagnosticato in tempi brevi. Invece con la vitreite, che coinvolge la camera vitreale più profonda dove si trovano retina e nervo ottico, ci possono essere danni visivi difficili da recuperare, se non ben trattati».
Come si curano le uveiti?
«La terapia di attacco nelle uveiti auto-immunitarie è il cortisone. Nelle forme anteriori o intermedie spesso è sufficiente una terapia steroidea solo in collirio, per periodi di tempo più o meno lunghi a seconda del grado di infiammazione. Nelle forme intermedie come le iridocicliti è bene associare anche midriatici cioè colliri che dilatano la pupilla, perché se c’è infiammazione nella camera anteriore dell’occhio per un periodo di tempo prolungato possono crearsi delle aderenze anomale tra iride e cristallino (sinechie), con il risultato che la vista peggiora e può venire la cataratta. Non solo, la presenza di tali aderenze anomale rende anche più complicato un eventuale successivo intervento di cataratta. Quindi, quando c’è una uveite intermedia, l’oculista prescrive di solito anche un collirio in grado di mantenere la pupilla dilatata finché l’infiammazione si spegne. Purtroppo il cortisone può far peggiorare le uveiti su base infettiva pertanto, specie nelle forme più gravi cioè in presenza di uveite posteriore, è indicato effettuare un esteso screening infettivologico prima di iniziare la terapia steroidea».
Ci possono essere complicazioni a seguito di uveite trascurate?
«Naturalmente sì! Le uveiti a seconda di dove si localizzano possono far danni a carico della cornea, del cristallino o nei casi più gravi a carico della retina o del nervo ottico. Alcune forme di uveite possono causare rialzo della pressione dell’occhio e conseguente glaucoma. In tal caso è necessario aggiungere colliri in grado di abbassare la pressione dell’occhio. Purtroppo anche una terapia cortisonica in collirio, specie se prolungata nel tempo, può avere effetti collaterali oculari come cataratta e glaucoma; in tali casi può essere necessario sostituire il cortisone con farmaci immunosoppressori non steroidei, analoghi a quelli utilizzati per il trattamento della malattia sistemica. E’ sempre necessaria la supervisione di un oculista esperto nella gestione di tali patologie».