Stipendi uguali tra pubblico e privato, garanzia di un numero minimo di personale adeguato proporzionale al numero di utenti e programmazione preventiva del fabbisogno di personale con un monitoraggio costante dell’utenza anziana e di persone fragili che necessitano di essere assistiti. Sono questi i punti essenziali definiti da Snalv Confsal per una riforma capace di garantire una maggiore tutela del lavoratore OSS di RSA e Case di cura private. Una richiesta che Maria Mamone, segretario generale di Snalv Confsal intende portare a istituzioni e datori di lavoro per un tavolo di confronto.
Cosa chiedete per la tutela del lavoratore di RSA?
«Da diversi mesi lavoriamo per superare la disparità di trattamento in un settore come quello delle RSA che anche se oggi è ancora in ombra, un domani avrà un ruolo importante nella società. La popolazione sta invecchiando e dunque sarà un settore nevralgico per cui dobbiamo lavorare oggi per arrivare pronti al domani».
Voi parlate di disparità tra lavoratori di pubblico e privato di RSA e Case di Cura, in che termini?
«Non è possibile che oggi ci siano OSS o infermieri di serie A e di serie B. Non diciamo che nel pubblico non ci siano problemi, ma se andiamo a vedere le tabelle retributive tra privato e pubblico ci sono quasi 300 euro di differenza».
Che ripercussioni ci sono nella tutela del lavoratore OSS?
«Siamo contenti che per la prima volta anche degli imprenditori si rendano conto che questa è una situazione insostenibile perché è sempre più alto il rischio di rimanere senza personale qualificato. Prima si riteneva che fosse una emergenza circoscritta al Covid; invece, si tratta di una crisi che è diventata sistemica e devono essere presi dei provvedimenti. Anche perché i contratti collettivi sono diversi nel pubblico e nel privato. Non solo, le RSA sono spesso convenzionate con le Regioni che le gestiscono in autonomia. Questo ha due conseguenze: ritardi nei pagamenti e trattamenti disomogenei. Elementi che ricadono a cascata sull’anello più debole che è rappresentato proprio dai lavoratori».
Fino ad oggi qual è stata la risposta delle istituzioni?
«Dopo un incontro con la viceministro del lavoro e delle politiche sociali Teresa Bellucci qualcosa è stato fatto, ma serve un passo più lungo».
Gli interventi più urgenti da fare per la tutela del lavoratore, quali sono?
«La retribuzione è un elemento prioritario, ma non l’unico. C’è anche la condizione di lavoro da tutelare perché stiamo parlando di personale che deve occuparsi di pazienti fragili: anziani, disabili e persone con malattie degenerative. Quindi è fondamentale garantire una condizione di benessere dei lavoratori. Noi chiediamo che venga rispettato il lavoratore, tenendo conto che ci deve essere una equiparazione nella retribuzione e nelle mansioni tra pubblico e privato. È altresì necessario che venga data una giusta dignità al lavoratore, tenendo conto della particolarità del lavoro che svolge».