domenica, Gennaio 12, 2025
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Morire per un intervento di chirurgia estetica è possibile? La parola all’esperto

Silvio Abatangelo, specialista in chirurgia plastica dice: «Importanti gli esami preoperatori, l’esperienza del chirurgo e la specializzazione. Sbagliato in Italia potersi affidare a chirurghi generici»

La morte di Helen Comin operata lo scorso 5 settembre in una clinica privata di Castelfranco Veneto per la sostituzione delle protesi al seno, ha destato sconcerto e portato molti a chiedersi se è possibile morire per un intervento di chirurgia estetica.

Quotidiano della salute ha rivolto la domanda ad un esperto: il Dott. Silvio Abatangelo, specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, Dirigente Medico presso l’Unità Operativa di Chirurgia Plastica Ricostruttiva presso l’ASST Nord Milanese, Ospedale Città di Sesto San Giovanni.(Milano).

Dottore, cosa può essere andato storto in un intervento di sostituzione di protesi al seno, al punto da causare la morte della paziente?

«Occorre ricordare che ogni volta che si fa un intervento chirurgico c’è un rischio. Purtroppo, a volte passa un messaggio fuorviante, ovvero che si tratti di un intervento mininvasivo. Nel caso specifico di questa paziente poi  si è trattato di una revisione della mastoplastica additiva, ovvero le protesi avevano già creato una capsula ed è stato necessario fare una capsulectomia  per cambiarle. Quindi era comunque un intervento più invasivo rispetto ad una mastoplastica vergine».

 Questo è un dettaglio da non sottovalutare, mi sembra di capire…

«Non credo si sia trattato di un errore del chirurgo, ma di un evento avverso da capire se correlabile o meno alle procedure anestesiologiche che purtroppo rappresentano il principale rischio durante gli interventi di chirurgia estetica. Un arresto cardiaco può succedere sia durante un intervento di chirurgia plastica estetica sia in qualunque altro tipo di intervento, da capire è se era prevedibile oppure, come a volte accade, non preventivabile».

Quali esami devono essere fatti prima di un intervento di questo tipo per eventualmente riconoscere patologie pregresse?

«Prima di tutti una visita anestesiologica in modo da  valutare i rischi di una persona. La figura dell’anestesista è fondamentale anche nel monitoraggio post-operatorio. Nel caso specifico questa donna ha avuto una problematica cardiaca acuta durante la fase peri operatoria. È stata rianimata dall’anestesista e dal chirurgo poi è stata portata in una struttura maggiore, in una terapia intensiva, però dopo qualche giorno è morta».

Si sarebbero dovuti fare esami più approfonditi a monte?

«Forse, sempre tenendo ben presente però che esiste un margine di fatalità che non si può prevedere.  Ad esempio, quando un embolo parte da una trombosi venosa profonda degli arti inferiori, può generare un’embolia polmonare che può causare il decesso della persona. In quel caso non è prevedibile perché l’ecodoppler agli arti inferiori non rientra nel protocollo da seguire prima di una mastoplastica additiva. Allo stesso modo la visione dell’elettrocardiogramma può non evidenziare la predisposizione ad un arresto cardiaco».

Se fosse stata operata in un ospedale pubblico, anziché in una clinica privata, avrebbe avuto qualche chance in più di salvarsi?

«Esistono anche delle patologie cardiache congenite misconosciute. Una persona non sa di avere una predisposizione congenita ad un arresto cardiaco e quando il fatto purtroppo accade, si scatena un vespaio perché l’ episodio non era prevedibile. Certo, l’ospedale pubblico dovrebbe teoricamente essere garanzia di più personale medico e di anestesisti, di maggior monitoraggio che permette di non perdere minuti e secondi preziosi. Ciò non significa che in Italia non esistano cliniche private di altissimo livello con standard di qualità eccellenti. Però, nel caso specifico, credo siano state fatte tutte le manovre rianimatorie necessarie e il golden minute non è stato perso».

Quindi  nella scelta della clinica e del medico per un intervento di chirurgia estetica quali sono i criteri da adottare?

  • Sicuramente sono fondamentali gli esami preoperatori
  • Una valutazione in tempo degli esami preoperatori, perché alla luce dei risultati qualora fossero necessari esami di secondo livello, ci sarebbe tempo per farli.
  • Esami del sangue specifici, elettrocardiogramma, RX che si fa sempre dopo i 50 anni e prima quando il paziente è un forte fumatore.
  • Se l’anestesista avrà poi dei dubbi chiederà una consulenza di uno specialista
  • La casistica degli interventi è fondamentale. Numeri alti di interventi sono sinonimo di esperienza, intesa non solo come esecuzione tecnica, ma anche nella gestione post-operatoria…

La specializzazione in chirurgia estetica è elemento discriminante ed essenziale immagino…

«È chiaro che la specializzazione in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica dovrebbe essere sinonimo di garanzia di esperienza ed affidabilità.  Purtroppo, la legge italiana non vieta agli altri chirurghi di eseguire interventi di questo tipo. E questo è un problema non da poco. È una stortura che dovrebbe essere corretta. Il secondo elemento da considerare è la provenienza del chirurgo plastico perché un trascorso nel settore pubblico è sinonimo di esperienza, di maggior numero di interventi e quindi di più sicurezza».

 

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
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