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Mindfulness, per una vita piena

A cura di Francesca Martino, counselor a mediazione corporea e facilitatrice Mindfulness

La parola “mindfulness” in italiano si traduce con “consapevolezza”. Consapevolezza è un termine composto da “con” e da “sapevole”, un antico derivato di “sapere”. Quindi si potrebbe dire che una persona ha consapevolezza se sa, se ha il sapere di quella determinata cosa. Ma anche il termine inglese “awerness” si traduce in italiano con “consapevolezza”, qual è la differenza?

Mind e fulness uguale pienezza

Se scomponiamo mindfulness in mind e fulness, emerge il tema della pienezza e infatti quando parliamo di mindfulness ci riferiamo al fatto di portare attenzione al momento presente in modo curioso e non giudicante” (Kabat-Zinn) e questo ha a che fare con la pienezza, in quanto dà significato, consistenza, ad ogni singolo momento, rendendo la nostra vita piena.

Una meta per trovare energie

Francesca Martino

Una vita piena potrebbe diventare l’obiettivo, la mèta verso la quale scegliamo di rivolgere le nostre ricerche e le nostre energie; spesso infatti aneliamo ad una vita felice che però pare essere un’utopia, qualcosa che sarebbe bello raggiugere ma impossibile. Un po’ come la perfezione. Se paragoniamo la felicità ad una giornata bella, di sole, con il clima perfetto succede che tutte le volte che vediamo apparire delle nuvole sentiamo queste come un disturbo, un’interferenza. Esattamente come quando subentra una malattia, un infortunio o un cambiamento inaspettato nella nostra vita: lo subiamo e soffriamo per questo. E qui la mindfulness ci può venire in aiuto, ma non perché sia un metodo per evitare le esperienze spiacevoli o per diventare impassibili ad esse, bensì perché ci permette di stare con queste esperienze, a contatto, ma con meno sofferenza.

La pratica della Mindfulness, una pratica antica

Negli anni ’70 il ricercatore biologo Jon Kabath-Zinn che era anche studioso di buddismo Zen, Vipassana e yoga, durante un ritiro ebbe l’intuizione che la meditazione potesse offrire un supporto nell’alleviamento della sofferenza per le persone affette da malattie croniche. In Occidente la pratica della meditazione Vipassana si è diffusa anche tra le persone comuni, e non solo presso i monaci, a partire dalla fine del 1800 con la traduzione in inglese di uno dei testi fondamentali del buddismo e grazie al contributo di diversi maestri, tra i quali il monaco vietnamita Thich Nhat Hanh.

Un sentiero di otto passi

L’antica cultura spirituale buddista insegna che la cessazione della sofferenza è possibile e per ottenerla indica un sentiero di otto passi, uno dei quali è quello della consapevolezza che in lingua pali si dice “sati” e che è stato tradotto in inglese con la parola “mindfulness”.

Reagire al dolore con accettazione

Alla base del lavoro di Kabath-Zinn c’è l’assunzione che le sensazioni dolorose e la sofferenza sono distinte e che la nostra sofferenza nasce dalle nostre reazioni al dolore: quando reagiamo al dolore con l’accettazione anziché opponendo resistenza, la nostra sofferenza diminuisce. Il programma per la riduzione dello stress basato sulla “pratica delle consapevolezza” da lui elaborato, il “Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) è ancora il riferimento principale per chi pratica mindfulness. Questo programma si inserisce nell’ambito degli approcci alla guarigione alternativi, o ad integrazione, delle terapie tradizionali e focalizzati sul benessere mente-corpo.

La Mindfulness è un atteggiamento

La Mindfulness, dunque, non è una disciplina ma è una modalità che si assume, una postura, un atteggiamento attraverso il quale ci poniamo nei confronti della vita e delle cose che accadono fuori e dentro di noi. Ed è grazie a questo atteggiamento che possiamo cambiare il modo in cui reagiamo allo stress (frustrazioni, ritmo di vita, carico di impegni, ecc.) con il quale abbiamo a che fare costantemente nella nostra vita.

Stare con il presente

La meditazione è stare con quel che succede nel momento presente senza fare nulla, semplicemente osservando: quali sono le mie sensazioni fisiche (il respiro, tensioni muscolari, fastidi, dolori, ecc.)? Quali rumori ci sono? Quali profumi? Ci saranno pensieri che arrivano, non li scaccio, li lascio transitare ma non mi faccio portare via da loro. E così via. Lo posso fare in una posizione seduta o sdraiata, lo posso fare mentre cammino. Rimango connessa con il momento presente, attimo per attimo senza mettere giudizio o aspettative.

Mente e corpo in connessione

Questo atteggiamento che richiede allenamento, ossia pratica, pratica e pratica, ad un certo punto creerà in me una nuova abitudine, una nuova postura: mente e corpo sono profondamente interconnessi e le sensazioni fisiche del corpo sono influenzate dalle emozioni e dai pensieri e, viceversa, ciò che pensiamo è influenzato da quello che accade nel corpo. Le sensazioni positive che proviamo facendo l’esperienza di meditazione diventano così apprendimenti che modificano la rete neurale del cervello generando risposte nuove agli stimoli e soprattutto a ciò che percepiamo come minaccia.

Accogliere i segnali

L’esercizio costante della mindfulness può aiutare a modificare le nostre risposte automatiche perché permette di riconoscere e accogliere i segnali di allerta che giungono nel corpo (battito cardiaco, mal di stomaco, ecc.) e a non venire sopraffatti dalle emozioni; in questo modo si può portare attenzione al momento presente e alla valutazione se c’è effettivamente qualcosa di pericoloso o se si tratta di un pensiero rispetto ad una situazione da affrontare. Interrompendo così il circolo vizioso per il quale la risposta ad uno stress (minaccia) genera ulteriore stress. E allo stesso modo possiamo distinguere il dolore fisico dal dolore mentale, ossia dal carico che il nostro pensiero aggiunge andando nel giudizio, nella non accettazione, nell’impazienza, ecc. ecc.

Stare nella tempesta senza sofferenza

Riprendendo la metafora della giornata di sole, si tratta di accettare il fatto che le nuvole arriveranno, alcuni giorni di meno altri di più e a volte anche molto nere e minacciose fino a portare tempesta, e che la nostra possibilità di stare bene non dipende dall’eliminazione delle nuvole ma dalla possibilità di stare anche nella tempesta senza troppa sofferenza. Attraverso la pratica di meditazione che, come abbiamo detto prima non è più solo appannaggio della dimensione spirituale, possiamo produrre cambiamenti nel nostro modo di vivere migliorando la nostra qualità di vita.

Allenare la Mindfulness

Naturalmente perché il cambiamento si consolidi come nuova abitudine ci vuole tempo e per questo nella pratica della mindfulness ci si rifà a sette principi fondamentali quali il non giudizio, la pazienza, l’essere aperti alle novità (la mente del principiante), la fiducia, l’accettazione, il non cercare i risultati e il lasciare andare.

Ci vuole allenamento e meditazione

È qualcosa che va allenato con tanta pratica per questo è meglio seguire un programma e ritagliarsi del tempo per fare degli esercizi di meditazione (pratica formale) ma, nello stesso tempo, praticare anche informalmente prestando attenzione alle attività quotidiane che solitamente facciamo con il “pilota automatico”. Tutto ciò comporta un gran lavoro perché si tratta di uscire dalla propria zona di confort e cambiare delle abitudini, ma è una fatica relativa perché i risultati si possono osservare fin da subito, sentendo man mano i benefici che si hanno nell’aver un maggior controllo sulla propria vita.

Stare nelle emozioni per essere vivi

La buona notizia è che l’interesse e la ricerca clinica e scientifica sulla mindfulness stanno sempre più crescendo e gli ambiti di applicazione sono in aumento e vanno dallo sviluppo personale alla crescita professionale, alla scuola, alla salute mentale, all’ambito clinico a quello neurologico e anche sportivo. Sebbene questa pratica possa sembrare qualcosa di lontano dalle nostre esperienze ricordiamoci che, quando eravamo bambini, eravamo costantemente in contatto con le nostre sensazioni e con le nostre emozioni e vivevamo il presente che di fatto è, come scrive Jon Kabat-Zinn, l’unico momento che abbiamo per essere vivi.

 

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