
Per decenni, il menisco è stato considerata una struttura rudimentale del ginocchio, una sorta di guarnizione che si poteva rimuovere senza troppe conseguenze. Come accaduto in passato con l’appendice e le tonsille, anche il menisco è finito spesso sul tavolo operatorio per interventi di asportazione che oggi considereremmo eccessivamente aggressivi. Il paradigma è cambiato: il menisco è stato rivalutato come un organo fondamentale dell’articolazione del ginocchio, non solo dal punto di vista meccanico, ma anche sensoriale e propriocettivo.
Cosa dicono le linee guida internazionali
Le linee guida più recenti – tra cui quelle dell’American Academy of Orthopaedic Surgeons (AAOS) – sottolineano l’importanza di trattare le lesioni degenerative meniscali con approcci conservativi. Ma da dove nasce questo cambio di prospettiva? E quali sono oggi le strategie più efficaci per gestire le menisco patie?
Lo sai che il ginocchio contiene due menischi?
Il ginocchio contiene due menischi: uno mediale (interno) e uno laterale (esterno), che si trovano interposti tra il femore e la tibia. il loro compito è distribuire il carico, stabilizzare l’articolazione, assorbire gli shock meccanici e fornire feedback propriocettivi, ovvero farci capire come è disposto il ginocchio nello spazio. Rispetto al passato oggi sappiamo che il menisco non è affatto una struttura inerte, ma un vero e proprio organo propriocettivo, ricco di terminazioni nervose che contribuiscono a regolare l’equilibrio, la postura e la risposta neuromuscolare. Inoltre, è fondamentale per il corretto funzionamento dell’articolazione.
Perché può favorire l’artrosi precoce
Asportarlo – anche solo in parte – modifica la distribuzione dei carichi e accelera l’usura della cartilagine articolare, favorendo l’artrosi precoce. I dati più recenti indicano che una meniscectomia totale può aumentare il rischio di artrosi del ginocchio fino a 14 volte nel giro di 10-15 anni.
Lesioni degenerative meniscali
Le lesioni degenerative meniscali non derivano da un trauma improvviso, come capita a volte negli sportivi, ma sono la conseguenza di un logoramento progressivo del tessuto meniscale, tipicamente legato all’età, all’usura, o a condizioni biomeccaniche alterate come l’artrosi. Queste lesioni colpiscono soprattutto soggetti oltre i 45 anni con un dolore generalmente di tipo meccanico, associato a rigidità, gonfiore e limitazione funzionale, ma può anche presentarsi in forma lieve e più aspecifica.
Come cambia l’approccio clinico: dalle forbici alla prevenzione
Alla luce di questo, le società scientifiche ortopediche internazionali, come l’AAOS, promuovono oggi un approccio conservativo per la maggior parte delle lesioni degenerative meniscali, soprattutto quando non sono associate a blocchi articolari o gravi instabilità.
Strategie non chirurgiche: l’allenamento
Questo approccio include una serie di strategie non chirurgiche:
- Esercizi di tonificazione muscolare
L’obiettivo è rinforzare la muscolatura del quadricipite e dei muscoli posteriori della coscia (ischiocrurali), che hanno un ruolo chiave nella stabilizzazione del ginocchio. Un muscolo forte e tonico riduce il carico sulle strutture articolari e compensa parzialmente le carenze biomeccaniche del menisco degenerato. Programmi di esercizio supervisionati, anche tramite fisioterapia, migliorano la funzione del ginocchio e riducono il dolore. In particolare, sono utili esercizi a catena cinetica chiusa, come squat leggeri, salite di gradino e bicicletta, abbinati a esercizi di allungamento.
- Propriocezione e neuro motricità
L’allenamento propriocettivo ha lo scopo di stimolare le terminazioni nervose del menisco e dei legamenti, migliorando la risposta riflessa dell’articolazione. Si tratta di esercizi che sfidano l’equilibrio, come il mantenimento su superfici instabili, l’uso della tavoletta propriocettiva o del bosu, e schemi motori dinamici.
Ginocchiere e integratori
Ortesi e tutori
L’uso di ginocchiere funzionali può offrire supporto meccanico, ridurre il carico e facilitare il movimento, soprattutto nelle fasi iniziali di una lesione o durante la ripresa da un episodio acuto. Esistono ortesi che scaricano il compartimento mediale o laterale del ginocchio, a seconda della sede della lesione. Non sono però una soluzione a lungo termine, ma un supporto temporaneo, utile nei pazienti che devono mantenere una certa mobilità (ad esempio per motivi lavorativi) mentre seguono la fisioterapia.
Condro protettori e integratori
Alcuni composti, come la glucosamina, il condroitin solfato e l’acido ialuronico, sono utilizzati per sostenere il metabolismo della cartilagine e dei tessuti articolari. Pur con risultati ancora controversi nella letteratura scientifica, molti pazienti riferiscono benefici soggettivi in termini di dolore e mobilità. Anche gli omega-3, la curcumina e altre sostanze ad azione antinfiammatoria naturale possono svolgere un ruolo adiuvante.
Infiltrazioni rigenerative
Negli ultimi anni si è assistito a un’importante evoluzione nelle terapie infiltrative. Oltre alle classiche infiltrazioni di acido ialuronico, che migliorano la viscosità del liquido sinoviale e lubrificano l’articolazione, si sono diffusi i trattamenti con plasma ricco di piastrine (PRP) e le infiltrazioni a base di cellule mesenchimali (ottenute da midollo osseo o tessuto adiposo). Questi approcci, ancora in parte sperimentali, sembrano favorire la rigenerazione tissutale e il rallentamento della degenerazione articolare, anche se sono necessarie ulteriori conferme cliniche.
Quando si opera (ancora)?
Esistono situazioni in cui l’intervento chirurgico è ancora indicato, anche in presenza di lesioni degenerative. Si tratta in genere di:
- Presenza di blocchi articolari o instabilità meccaniche rilevanti.
- Dolore intenso e persistente che limita la vita quotidiana dopo almeno 3-6 mesi di terapia conservativa
- Lesioni Traumatiche in soggetti attivi
Quando il menisco si ripara
In alcuni casi selezionati si può tentare una riparazione meniscale, anche in soggetti non giovani, soprattutto se si tratta di lesioni periferiche, dove la vascolarizzazione è sufficiente a consentire la guarigione.
Tuttavia, anche quando si procede con l’intervento, il concetto guida resta sempre lo stesso: preservare il più possibile il tessuto meniscale residuo.
Evitare l’asportazione per ritardare l’artrosi
Uno dei motivi principali per cui oggi si cerca di evitare l’asportazione del menisco è la consapevolezza del suo ruolo nel prevenire o ritardare l’artrosi. La letteratura è ormai concorde nel ritenere che la rimozione meniscale, specie se avvenuta in giovane età, anticipa la necessità di protesi di ginocchio anche di molti anni. Al contrario, preservare il menisco – anche se lesionato – consente in molti casi di evitare o rimandare l’intervento di sostituzione protesica, con benefici sia per la qualità della vita del paziente che per il sistema sanitario.
Protesi a tempo
Non va dimenticato, infatti, che le protesi di ginocchio, pur essendo oggi molto efficaci, hanno comunque una durata limitata nel tempo e possono comportare complicanze. Posticipare la loro necessità significa mantenere più a lungo la funzionalità naturale del ginocchio, ottenere un intervento di sostituzione protesica con la migliore tecnologia del futuro e la necessità di un impianto con sopravvivenza minore.
No pezzo di ricambio da rimuovere ma organo sensoriale da preservare
La storia del menisco è emblematica di come la medicina evolva nel tempo, passando da una visione semplicistica a una sempre più attenta alla funzione e alla fisiologia. Oggi non consideriamo più il menisco come un pezzo di ricambio da rimuovere, ma come un organo sensoriale da salvaguardare, anche quando lesionato.
Medicina rigenerativa
Le lesioni degenerative meniscali, pur essendo frequenti e invalidanti, possono spesso essere gestite con successo senza ricorrere al bisturi, grazie a una combinazione di esercizi, supporti biomeccanici, integratori e trattamenti innovativi come le infiltrazioni rigenerative.
In un’epoca in cui si cerca di promuovere la salute articolare e ritardare gli interventi invasivi, la preservazione del menisco rappresenta una delle frontiere più importanti dell’ortopedia moderna.
A cura del Prof. Giacomo Placella Medico ortopedico presso l’Unità di Ortopedia e Traumatologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, Professore Associato dell‘università Vita – Salute San Raffaele di Milano