Correva l’anno 1999. Preparavo le valigie per l’imminente partenza, direzione Milano. L’incontro con la professoressa Marisa Cantarelli avrebbe cambiato il corso della mia vita professionale. Sono un’infermiera che si è formata presso la Scuola Regionale per infermieri di Taranto. Nella valigia tanta voglia di crescere come persona e come professionista, un’opportunità che solo città così evolute come Milano possono offrirti.
Gli inizi
Inizio a lavorare presso un noto ospedale milanese, un ospedale che oltre alla cura si occupa anche di ricerca scientifica.
Tutto nuovo e all’avanguardia. Incontro una realtà molto più grande di me. Un’accoglienza non da parte di tutti così esplosiva, d’altronde arrivo dal sud Italia, la parola Terrone è alla portata di molti.
La capo sala del reparto parlando di accoglienza mi dice «vieni dal sud, sappiamo come si lavora dalle tue parti». Chiede ai miei colleghi di tenermi sotto controllo perché non si fida, le nostre scuole non preparano gli infermieri adeguatamente. Spesso me la trovo dietro come un’ombra con l’occhio sempre vigile.
Intanto sono passati soli 3 mesi e la voglia di crescere professionalmente aumenta sempre più, d’altronde Milano è un campo fertile per chi vuole fare carriera.
Sono un’infermiera del sud, ma voglio imparare
Inizio a cercare disperatamente corsi, concorsi e tutto ciò che abbia a che fare con l’infermieristica. Mi imbatto in un concorso denominato “Concorso per Infermieri Insegnanti e Dirigenti” durata due anni.
Attira la mia attenzione anche se non riesco a capire di cosa si tratti, ma una cosa mi colpisce, è organizzato dall’Università degli Studi di Milano.
L’incontro inaspettato con Marisa Cantarelli
Pur sapendone poco, mi fiondo e preparo i documenti per partecipare al concorso. Arriva il giorno mi presento nella sede di via Festa del Perdono, Aula Magna immensa, 300 candidati. Sorrido a me stessa perché credo fermamente che non potrei mai competere con i colleghi li presenti. Il test dura 60 minuti, per un totale di 80 domande.
Man mano che scorro le domande mi dico che ho perso un giorno di lavoro. Intanto ho la macchina in panne e devo scappare a recuperarla. Termino il test prima della scadenza e consegno ad una persona che al ritiro mi dice testualmente «Ha già terminato? Quasi stupita (non sa che non credo di avere alcuna speranza di aver passato il test e allora perché perdere tempo?) lei ha un sorriso simpatico e dolce».
Nel salutarmi mi ricorda che coloro che avranno superato il test riceveranno a breve un telegramma per partecipare alla seconda prova orale. Ringrazio e vado.
Tra me e me dico “tanto non è il mio caso”.
La sorpresa di aver superato il test
Dimentico tutto mi immergo nella routine. Dopo una settimana precisa trovo nella cassetta della posta un telegramma, confesso che si gela il sangue per un attimo. Apro ed era un invito a presentarsi in data x, per la seconda prova orale. In pratica avevo superato il test. Sembrava uno scherzo, ma non lo era.
Arriva il fatidico giorno, mi presento e mi dicono che devo sottopormi a diversi colloqui.
Così avviene. In ultimo mi chiama la persona che alla fine del test scritto, mi aveva ritirato la prova.
Le parole di Marisa Cantarelli
Mi trovo seduta di fronte a Lei. Una persona dalla presenza importante, che mi mette subito a mio agio, grande personalità, ma soprattutto mi accoglie con spirito di incoraggiamento, tanto che la mia tensione si riduce pian piano.
Legge il mio curriculum e mi dice «lei viene dal sud?» Aiuto mi dico. Continua «perché è qui, cosa si aspetta?» Io cerco di dire quel poco che l’emozione mi consente di pronunciare, con l’aggravante che conosco poco l’ambiente, il tipo di scuola e gli obiettivi.
La persona sempre sorridente e incoraggiante, continua «le piace la ricerca?» Gli studi che avevo fatto non contemplavano questa parola. Rispondo per evitare brutte figure «si certo, reputo che sia il futuro della professione». Lei mi sorride con spirito gioioso e rincuorante e mi dice: «sa che gli infermieri pugliesi che ho conosciuto in diverse occasioni hanno un grande spirito combattivo e credono nella crescita della professione infermieristica? Li apprezzo molto». Da quando sono a Milano è la prima persona che mi dice queste parole.
Orgogliosa di essere un’infermiera del sud grazie a Marisa Cantarelli
Ci salutiamo. Lasciando il suo studio avverto una sensazione strana e nuova, come se quel colloquio mi avrebbe lasciato qualcosa di importante e duraturo nel tempo.
Dopo pochi giorni, mi comunicano che avevo superato il concorso, quella che oggi è l’equivalente della Laurea Specialistica.
Ma la cosa che scopro e che mi turba positivamente più di tutti è che quella Signora simpatica e così tanto accogliente, che aveva ritirato il mio test all’Università, che mi aveva detto che gli infermieri pugliesi sono preparati e determinati, si chiamava Professoressa MARISA CANTARELLI.
Una grande maestra di vita
La incontro ancora, durante due lezioni. Lei non era solo una grande professoressa ma una vera oratrice, dotata di grande intuizione. In quelle due lezioni cerca di lasciarci un’eredità importante, ovvero quella di far crescere la Professione Infermieristica, quasi come un testamento.
Prima teorica di assistenza Infermieristica
Lei è stata la prima Teorica Italiana di Assistenza Infermieristica. Autrice di libri tra cui “il Modello delle Prestazioni Infermieristiche”. Promotrice e responsabile di numerosi progetti di ricerca infermieristica. Personalità di spicco del mondo accademico. Il suo curriculum è lunghissimo.
Dirige la Scuola Universitaria di Discipline Infermieristiche dell’Università di Milano, aperta nel 1975 da Vera Maillart, successivamente diretta dalla stessa Marisa Cantarelli.
Fonte di umanità e intelligenza
Lei era MARISA CANTARELLI, solo dopo scopro la sua grandiosità e l’onore di averla inconsapevolmente conosciuta.
Da quel sorriso e incoraggiamento, per me tutto è cambiato. Lei non era solo i suoi “numerosi titoli” e un curriculum da fare invidia ad un premio Nobel, ma fonte di grande umanità ed intelligenza.
Grazie Professoressa Cantarelli, farò tesoro dei suoi insegnamenti.
Contributo di Gabriella Scrimieri