Le malattie rare non hanno età, ma spesso sembra essere così dal momento che l’accesso alle cure sembra essere più difficile per gli anziani. Infatti, mentre l’attenzione su queste patologie è cresciuta, la popolazione anziana continua a essere invisibile all’interno di percorsi diagnostici e terapeutici. In Italia, dove oltre il 24% della popolazione ha più di 65 anni, questo rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria e sociale.
Una diagnosi tardiva
Chi è affetto da una malattia rara attende mediamente tra i 5 e i 7 anni per una diagnosi. Per gli anziani questo tempo può essere troppo. La lunga attesa spesso si traduce in una rinuncia alle cure o, peggio, in un’esclusione silenziosa da ogni percorso assistenziale. Secondo i dati presentati nel corso dell’evento “Malattie rare negli anziani: necessaria un’attenzione adeguata del Sistema Sanitario”, che si è tenuto lo scorso 18 giugno a Roma, il ritardo diagnostico colpisce duramente proprio chi, per età e condizioni cliniche, è già più fragile.
Cosa dice la legge sulle malattie rare
Con la legge 175/2021 e con l’adozione del Piano Nazionale delle Malattie Rare 2023-2026 negli ultimi anni in termini normativi scientifici ed organizzativi sono stati fatti importanti passi avanti, eppure ad avere ancora grosse difficoltà di accesso alle cure sono le persone anziane.
Le difficoltà di cura per un anziano con malattia rare
Un anziano con una malattia rara, infatti, affronta un doppio ostacolo: quello comune a tutti i pazienti rari (come la scarsità di specialisti e la limitata disponibilità di test genetici) e quello dell’ageismo sanitario, una forma di discriminazione basata sull’età che tende a ridimensionare i bisogni clinici degli over 65. Questo pregiudizio, come ha sottolineato l’On. Ilenia Malavasi, non è ancora disciplinato da una normativa adeguata in Italia e continua a pesare sulle decisioni cliniche quotidiane.
Come uscirne?
Per i pazienti anziani, il percorso verso la diagnosi si trasforma spesso in una vera e propria corsa ad ostacoli con diagnosi errate e difficoltà di accesso ai centri specializzati. Secondo i dati statistici, in Italia oggi sei pazienti adulti su dieci con malattia rara ricevono inizialmente una diagnosi sbagliata e, prima di ottenere quella corretta, consultano in media otto specialisti. Per gli anziani, questo iter può significare una perdita di tempo prezioso e un aggravamento delle condizioni fisiche che pregiudica la qualità di vita.
Le criticità dell’attuale sistema
I limiti attuali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) nel trattamento delle malattie rare negli anziani sono diversi: dal limitato accesso ai test genetici, spesso realizzati in pochi centri di eccellenza, ad una frammentazione dei registri regionali delle malattie rare. Questo incide nella possibilità di ottenere dati utili per la ricerca e la prevenzione. Senza dimenticare l’assenza di percorsi assistenziali dedicati proprio agli anziani con malattie rare e la scarsa formazione del personale sanitario con aggiornamenti specifici sulle malattie rare in età avanzata.
Serve una rete tra medici di base e specialisti per gestire le malattie rare negli anziani
Gli esperti dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), del Comitato Nazionale Malattie Rare e dell’Osservatorio Malattie Rare hanno sottolineato, durante il convegno, la necessità di costruire una rete integrata tra medici di famiglia, specialisti e servizi territoriali. Per farlo, è essenziale formare il personale sanitario fin dall’università, rafforzare la presenza dei Centri di Eccellenza sul territorio e superare l’attuale frammentazione dei percorsi di cura.
Un modello di presa in carico con supporto psicologico e inclusione sociale
Secondo il Sen. Orfeo Mazzella, «servono modelli di presa in carico specifici per l’anziano con malattia rara, capaci di garantire non solo la cura medica, ma anche il supporto psicologico e l’inclusione sociale». Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice di OMaR, ha aggiunto che «è tempo di integrare nella gestione delle malattie rare anche la geriatria e la medicina interna, riconoscendo che l’esclusione degli anziani da cure adeguate significa alimentare un ageismo che la nostra società non può più tollerare». Per garantire dignità e qualità della vita a tutti i pazienti, è urgente superare quindi le barriere culturali e organizzative che ancora oggi penalizzano gli anziani.