Il mondo è in allerta per il timore che una nuova malattia misteriosa si possa diffondere. Per il momento ha colpito 416 persone uccidendone 31 in Congo, ma la paura che possa varcare i confini e arrivare in Europa è tanta. A rendere ancora più preoccupante la situazione è la poca conoscenza che medici, ricercatori e scienziati hanno della malattia che è stata battezzata per questo Disease X. Nelle ultime ore è circolata al notizia che possa essere causata dalla malaria, perché 10 dei 12 campioni raccolti sono risultati positivi proprio alla malattia infettiva provocata dalle zanzare, ma -secondo quanto affermato dall’OMS – potrebbe essere la sintesi di più malattie. Per cercare di fare chiarezza su Disease X abbiamo interpellato un esperto in materia: il direttore delle struttura complessa di Malattie infettive e tropicali dell’ASST Santi Paolo e Carlo, la Professoressa Giulia Marchetti.
Professoressa, siamo di fronte davvero ad una malattia misteriosa?
«Sì, si tratta di una malattia non ancora identificata, indicata appunto come “Disease X”, un termine usato per descrivere un agente patogeno sconosciuto con il potenziale di causare gravi epidemie. I sintomi principali includono febbre, mal di testa, tosse, rinorrea (naso che cola) e dolori muscolari, spesso accompagnati da complicazioni come anemia e difficoltà respiratorie. Diverse ipotesi sono in corso di valutazione, tra cui infezioni respiratorie acute, influenza, COVID-19, malaria e morbillo, ma la causa specifica non è ancora stata confermata».
Quali sono le caratteristiche di questa malattia misteriosa?
«La malattia presenta i seguenti aspetti:
- sintomi principali: Febbre, tosse, astenia e rinorrea;
- decorsi gravi: Anemia, difficoltà respiratorie e malnutrizione, soprattutto nei bambini malnutriti;
- tasso di mortalità: 7,6% (31 decessi su 406 casi registrati);
- contesto geografico: l’epicentro è la zona di Panzi, in un’area remota della provincia Kwango nella Repubblica Democratica del Congo;
- trasmissione: sono stati osservati cluster familiari, suggerendo una potenziale trasmissione domestica».
Chi colpisce?
«La malattia colpisce principalmente:
- bambini: il 64,3% dei casi riguarda individui di età compresa tra 0 e 14 anni; i bambini sotto i cinque anni rappresentano oltre la metà dei casi totali e il 54,8% dei decessi;
- donne: Il 59,9% dei casi riguarda soggetti di sesso femminile;
- popolazioni vulnerabili: tutti i casi gravi sono stati segnalati in individui gravemente malnutriti».
Questa malattia misteriosa ha già varcato i confini dell’Africa?
«No, al momento l’epidemia è circoscritta alla zona di Panzi nella Repubblica Democratica del Congo. Tuttavia, la vicinanza geografica al confine con l’Angola solleva preoccupazioni per una possibile diffusione transfrontaliera. Finora non sono stati segnalati casi al di fuori dell’Africa».
In Italia al momento si corrono dei rischi?
«Attualmente, il rischio per l’Italia e il resto dell’Europa è basso. La malattia è confinata a un’area remota e non sono stati segnalati casi di diffusione internazionale. Tuttavia, la situazione richiede un continuo monitoraggio, poiché un agente patogeno sconosciuto potrebbe teoricamente rappresentare un rischio se si diffondesse».
Nel caso dovesse arrivare in Europa, saremmo in grado di difenderci, come?
«Anche se il rischio attuale è basso, è importante adottare misure preventive generali:
- monitoraggio: rafforzare la sorveglianza sanitaria a livello globale, in particolare alle frontiere, per individuare eventuali casi sospetti;
- vaccinazioni: garantire una copertura vaccinale elevata per le malattie comuni, come morbillo e influenza, che potrebbero avere sintomi sovrapponibili;
- comunicazione: informare il pubblico sui sintomi e incoraggiare chiunque abbia viaggiato in aree colpite a segnalare immediatamente eventuali sintomi».
Chi potrebbero essere i soggetti più a rischio?
«Nel caso la malattia misteriosa dovesse arrivare in Italia gli individui che avrebbero più probabilità di essere colpiti sono:
- bambini sotto i cinque anni di età, in particolare se malnutriti;
- individui malnutriti o con condizioni di salute compromesse, come anemia o malattie croniche;
- operatori sanitari esposti ai pazienti infetti, soprattutto in contesti con misure di prevenzione e controllo limitate;
- popolazioni nelle aree colpite con accesso limitato a servizi sanitari e diagnostici».