Negli ultimi cinque anni, la violenza sugli operatori sanitari in Italia è aumentata del 38%, con circa 18.000 episodi registrati nell’ultimo anno. Un dato allarmante che ha avuto una particolare incidenza sulle donne, con le infermiere che risultano le più colpite, subendo ben il 76% delle aggressioni. Un fenomeno quello delle aggressioni che non riguarda solo l’Italia, ma riflette un trend in crescita anche a livello europeo (+32%) e mondiale (+39%), evidenziando una vera e propria emergenza globale.
Mancanza di fiducia
La prima causa è la crescente mancanza di fiducia dei pazienti nei confronti dei medici e del sistema sanitario. Poi vi è il gravoso problema delle lunghe liste d’attesa e i tempi estenuanti nei pronto soccorso e in altri presidi sanitari. La maggior parte delle aggressioni si verifica proprio in queste situazioni critiche, con i familiari dei pazienti che, esasperati dall’attesa e dalla percezione di inefficienza, finiscono per reagire in modo violento e incontrollato.
Il tema delle liste d’attesa oggi è un tema urgente e sempre più discusso, un fenomeno che sta generando sempre più preoccupazione tra gli operatori sanitari. Sebbene la causa principale di questa problematica sia legata alla carenza di risorse, la situazione ha un impatto diretto anche sulla sicurezza e sul benessere degli operatori.
Le cause delle lunghe liste d’attesa
Le liste d’attesa sono un aspetto strutturale del sistema sanitario pubblico che si riflettono in tempi di attesa molto lunghi per le prestazioni specialistiche, gli interventi chirurgici e altre tipologie di cura. In alcuni casi, i tempi possono arrivare anche a mesi o anni, creando un senso di frustrazione crescente tra i pazienti. Le cause sono molteplici: il numero limitato di risorse economiche, la carenza di personale, l’aumento della domanda di servizi sanitari, la scarsa organizzazione e, in alcuni casi, l’inefficienza nella gestione dei flussi.
Un altro elemento da non sottovalutare è l’aumento della complessità delle patologie e l’invecchiamento della popolazione, che rende necessario un maggiore ricorso a prestazioni mediche, aumentando di conseguenza il carico di lavoro degli ospedali e delle strutture sanitarie.
La violenza sugli operatori sanitari: una conseguenza diretta
La correlazione tra le lunghe attese e la violenza sugli operatori sanitari è purtroppo un fenomeno ben documentato. Il rischio di violenza psicologica, verbale e fisica nei confronti dei medici, degli infermieri e di tutto il personale sanitario è in aumento, con un effetto devastante sulla qualità della vita lavorativa degli operatori e sulla loro salute mentale.
Quando i pazienti o i familiari non ottengono risposte tempestive alle loro richieste di cura, la frustrazione cresce, e questo spesso sfocia in episodi di aggressione. La percezione di abbandono e di un trattamento ingiusto, unita alla mancanza di informazioni chiare e trasparenti, può far precipitare la situazione in modo rapido e violento. La violenza, che si manifesta sia in forma fisica che verbale, diventa quindi una reazione emotiva alle difficoltà incontrate nel sistema sanitario.
Le conseguenze della violenza sugli operatori sanitari
Gli episodi di violenza hanno effetti devastanti su chi li subisce. Gli operatori sanitari si trovano costantemente a fronteggiare situazioni stressanti, ma l’aggressività da parte dei pazienti e dei familiari mina la loro serenità e il loro impegno professionale. Il rischio di burnout aumenta notevolmente, e questo può portare a un calo nella qualità del lavoro e nella motivazione.
Inoltre, la violenza crea un ambiente di lavoro insostenibile, con conseguenze anche per la sicurezza di chi opera nelle strutture sanitarie. Le aggressioni fisiche, purtroppo non rare, possono determinare infortuni seri che richiedono trattamenti medici e, in alcuni casi, il licenziamento temporaneo dal lavoro, con ulteriori carenze nell’assistenza ai pazienti.
Le possibili soluzioni
Rafforzare l’immagine dei professionisti sanitari attraverso campagne di comunicazione che valorizzino il loro ruolo cruciale per la società; investire nella sanità territoriale per ridurre il carico dei pronto soccorsi, potenziando i servizi di assistenza primaria e le strutture intermedie; aumentare il personale sanitario, assumendo nuovi medici, infermieri e specializzandi, e migliorando le condizioni lavorative; formare il personale e i cittadini alla prevenzione e al dialogo, attraverso percorsi di sensibilizzazione e mediatori culturali dove necessario; rendere più sicure le strutture sanitarie, con sistemi di sorveglianza adeguati e procedure che prevengano situazioni di rischio.
Prevedere nelle scuole primarie una formazione tarata sul rispetto e la conoscenza del ruolo dell’operatore sanitario.
Prevedere la presenza di uno psicologo all’interno delle aree di pronto soccorso per sedare l’ansia del paziente e del parente in un momento di forte ansia e preoccupazione.