sabato, Febbraio 8, 2025
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Laura, caregiver per amore: l’Alzheimer Café ci fa sentire meno soli

Laura è la caregiver per amore di Andrea, suo marito, affetto da Alzheimer. Per farlo sentire meno solo frequentano insieme gli Alzheimer Cafè. Un luogo di socialità dove condividono con altri pazienti e caregiver feste, giochi e balli. Un modo per allontanare la solitudine e rallentare il corso della malattia

Sono Laura, caregiver per amore di Andrea (nome di fantasia) affetto da Alzheimer. Oggi ha 72 anni, ne aveva solo 63 quando ha manifestato i primi segni della malattia. Perdeva la memoria troppo spesso. Prima dimenticava le chiavi, poi non ricordava più dove aveva parcheggiato la macchina. Un’estate eravamo al mare in Sicilia e non ricordava più come tornare a casa. Brevi parentesi di vita che, quasi inconsapevolmente, ci ha trascinato sempre più in basso in un burrone senza fine, a rallentatore. Poi è arrivata la diagnosi, impietosa a dare un nome al suo continuo dimenticare tutto: Alzheimer.

L’Alzheimer accelera, ma da caregiver per amore ho attivato il freno a mano

Da quel momento il mio ruolo di moglie è cambiato. Oggi per lui sono moglie, madre, e soprattutto caregiver. Il giorno in cui abbiamo dato un nome alla sua malattia è come se avessimo schiacciato l’acceleratore da un lato e inserito il freno a mano dall’altra. La malattia è come se scalpitasse per andare più veloce, ma io con amore, insieme alle nostre figlie, ho attivato un freno a mano per cercare di rallentare la discesa e vivere Andrea il più a lungo possibile. Anche se questo significa frustrazione per le volte che non ci riconosce, rabbia per i comportamenti scontrosi che manifesta, tristezza per la solitudine che prova e che leggiamo nei suoi occhi sempre più smarriti.

Il lockdown ha peggiorato la situazione

Essere il caregiver di un malato di Alzheimer è quanto di più emotivamente difficile possa accadere ad una persona, in  particolare in un  momento di chiusura come è stato il da Covid19.  Un’emergenza nell’emergenza che ha toccato tante famiglie come la nostra. Chi vive il dramma dell’Alzheimer  vive una realtà difficile, fatta di silenzi, di delusioni, ma anche momenti di lucidità che vorresti cristallizzare nel tempo, ma che non rimangono, anzi si fanno sempre più radi. Fa tanto male il fatto che Andrea non mi riconosca come prima. Ci sono giorni che non riconosce neppure le nostre figlie. Loro piangono quando accade, si disperano, ma non possiamo cambiare le sorti della malattia. L’unica cosa che possiamo fare, dico sempre loro, è mantenere vivi i ricordi attraverso le fotografie che abbiamo e cercare di non far sprofondare Andrea nella solitudine, perché questo sarebbe come spingerlo più velocemente nel burrone.

Un nastro che si riavvolge

La pressione psicologica per noi caregiver come per gli altri familiari è tanta e dunque è importante ricevere un aiuto concreto nella quotidianità da associazioni e volontari. L’importanza di riuscire a non far spegnere l’interruttore dei ricordi di chi si ammala di Alzheimer è fondamentale. Mi rendo conto che il meccanismo è impietoso. Dapprima dimenticano gli ultimi anni di vita, poi come un nastro che si riavvolge, le dimenticanze vanno indietro nel tempo, scivolano inesorabilmente fino all’età giovanile, all’adolescenze e all’infanzia, finché un giorno per lui si spegnerà la luce.  Questo determina uno scollamento con la realtà e l’impossibilità di riconoscere le persone del presente e del recente passato come parenti, compagni di vita o amici. Le conseguenze sono inimmaginabili. La sua malattia ha fatto ammalare tutta la famiglia. Ma ad un certo punto per non sprofondare tutti nel baratro abbiamo dovuto cercare un rimedio e dare un senso alla nuova quotidianità.

Quando ho capito che essere caregiver per amore non basta

Il momento di svolta è stato quando Andrea si è smarrito al supermercato. Era una giornata positiva, sembrava ricordare tutto e quando mi ha detto che voleva venire con me a fare la spesa l’ho accontentato. Per circa mezz’ora tutto è andato bene. Sceglieva sugli scaffali i suoi prodotti preferiti, poi improvvisamente, mentre io acquistavo i salumi al banco, si è allontanato. Io non me ne sono resa conto immediatamente e qualche minuto più tardi non l’ho più visto. Al panico iniziale è seguita una assidua ricerca con il personale del supermercato. Alla fine, l’ho trovato nel parcheggio che cercava disperatamente la macchina. Ho capito in quel momento che dovevo chiedere aiuto, non potevo più affrontare la malattia da sola e fare scudo a lui per permettergli di vivere la sua socialità come prima. È allora che tramite l’associazione A.M.A ho conosciuto gli Alzheimer cafè.

Alzheimer cafè la socialità ritrovata con altri caregiver per amore

Noi abbiamo trovato un’ancora a cui aggrapparci con l’Alzheimer Café. Un luogo di socialità in cui vado due volte la settimana con Andrea per vivere momenti di condivisione e di risveglio di memoria con altri malati e i loro caregiver. Insieme giochiamo a carte, fino a quando è possibile, ascoltiamo musica, balliamo e soprattutto noi caregiver per amore ci confrontiamo e facciamo squadra. Condividere le esperienze fa bene, aiuta ad essere più forti e ad accettare meglio una malattia impietosa che toglie tutto: la memoria, il sorriso, la salute dell’intera famiglia. La vita cambia inesorabilmente, occorre accettare il destino ma grazie ad una socialità ritrovata con altri caregiver per amore è più facile farsene una ragione. Gli Alzheimer cafè permettono con i loro volontari di mantenere vivi i legami e di non spegnere l’interruttore della memoria.

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