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L’attività fisica non è per tutti?

Lo scorso 14 novembre il Ministero della Salute ha diffuso le linee di indirizzo per attività fisica di diabetici, trapiantati e pazienti con malattie muscolo scheletriche. Il ruolo dell’infermiere di famiglia come coordinatore dell’attività fisica

Muzio Stornelli infermiere

Oramai da moltissimi anni abbiamo sdoganato il concetto dell’attività fisica legata solamente ai soggetti sani. Superati i limiti imposti da varie patologie, in passato definite invalidanti, anche persone con malattie croniche, sono oggi in grado di svolgere attività fisiche, più o meno intense. E seguendo questa “buona educazione” il Ministero della Salute, in concomitanza con la Giornata mondiale del diabete (celebrata lo scorso 14 novembre), ha diffuso le linee di indirizzo sull’attività fisica, revisionando le  raccomandazioni per le persone con diabete mellito,  per le persone sottoposte a trapianto e nuove raccomandazioni per le persone con patologie muscolo-scheletriche.

Linee di indirizzo sull’attività fisica per chi ha il diabete

Nel documento prodotto dal Ministero della Salute,  il primo ambito di intervento riguarda il diabete. In Italia le persone con diabete mellito sono circa 4 milioni, di cui circa 300.000 del tipo 1. Sul fronte del diabete di tipo 2, si stima che circa 1 milione di persone abbia la malattia senza che le sia mai stata diagnosticata. Sulla scia delle indicazioni fornite dall’OMS, relative alle persone con diabete di tipo 2, risulta necessario  modificare le proprie abitudini giornaliere:

  • Interrompere almeno ogni 30 minuti, i periodi trascorsi in posizione seduta o reclinata con pause, anche brevi di attività;
  • Eseguire brevi camminate, esercizi aerobici a intensità lieve/moderata;
  • Eseguire esercizi a corpo libero effettuati sul posto (ad esempio piegamenti sulle gambe effettuati alzandosi ripetutamente da una sedia o dal divano);
  • Alternanza ripetuta della posizione seduta con quella in piedi.

Pertanto, seguendo le indicazioni del Ministero stesso, il messaggio da promuovere è “muoversi di più e stare meno tempo seduti”.

L’importanza dell’idratazione

Secondo le indicazioni del Ministero della Salute,  la pratica settimanale di attività fisica aerobica deve essere fatta per almeno 150-300 minuti a intensità moderata oppure per almeno 75-150 minuti a intensità vigorosa, da ripetersi ogni giorno, cercando di evitare due giorni consecutivi di inattività. Resta tuttavia da suggerire, oltre alle attività sopra indicate, l’integrazione di esercizi specifici a casa, in palestra (cyclette, cyclette ellittica, tapis roulant) o all’aperto. E’ fondamentale, prima di eseguirli, non restare a digiuno. Bere acqua al fine di garantire un’adeguata idratazione e controllare la glicemia in caso di malessere durante o dopo lo svolgimento della stessa attività programmata.

In caso di diabete di tipo 1, un esercizio fisico moderato e costante è sempre raccomandato, anche ad alta intensità o addirittura a livello agonistico, purché in possesso di regolare certificazione. In tal caso è però necessario eseguire i controlli glicemici prima, durante e dopo la prestazione sportiva, anche per le 24 ore successive, soprattutto in caso di allenamento o prestazione molto impegnativa.

Il ruolo dell’infermiere di famiglia

Per una buona aderenza delle indicazioni finora fornite, il protagonista assoluto potrebbe diventare l’infermiere di famiglia. Il quale, assumendo il ruolo di coordinatore della programmazione delle attività cosiddette sportive, diventerebbe una sorta di personal trainer. In questo modo sarebbe possibile mantenere la popolazione in condizioni di buona salute, attivare il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta nel caso in cui si presentassero complicanze o variazioni rilevanti rispetto al quadro iniziale del paziente.

Per persone in attesa di trapianto o trapiantate attività fisica 150 minuti a settimana

Il secondo focus sviluppato dal Ministero della Salute riguarda le persone in attesa di trapianto o trapiantate. Nel documento si fa da subito riferimento al fatto che, anche in assenza di linee guida specifiche, è auspicabile per le persone trapiantate, svolgere attività fisica lieve-moderata per almeno 150 minuti a settimana. Nelle fasi iniziali, in soggetti sedentari, è raccomandabile  1-2 sedute, da aumentare nel tempo fino a raggiungere il target di 3-5 sessioni in 7 giorni.

Nel caso di soggetti in attesa di trapianto, gli esercizi da compiere devono essere compatibili con la sua condizione clinica e personalizzabili in base alla tipologia di trapianto da effettuare. In generale, è bene camminare oppure guardare la televisione pedalando anche solo per 10 minuti tre volte al giorno. In questo modo si può evitare un decadimento eccessivo della muscolatura, producendo quindi un miglioramento del trofismo muscolare.

Dopo il trapianto attività fisica crescente

Dopo il trapianto, nel momento in cui diviene possibile svolgere attività che richiede sforzi relativamente importanti, si può prendere in considerazione lo svolgimento di esercizi “crescenti” compatibili con il quadro clinico. Tra l’altro, molti studi hanno confermato che l’attività fisica contribuisce a favorire il recupero psico-fisico-sociale della persona trapiantata con effetti positivi “contagiosi” anche rispetto alla stessa qualità di vita del soggetto trapiantato.

Attività aerobica  moderata per pazienti con malattie muscolo scheletriche

L’ultima scheda del documento oggetto del nostro approfondimento riguarda le persone con malattie muscolo-scheletriche. Anche in questo caso il riferimento principale rimane quello dell’OMS. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità  è consigliabile sottoporsi ad attività aerobica a intensità moderata per almeno 150-300 minuti a settimana o, in alternativa, 75-100 minuti ad elevata intensità o combinazioni equivalenti delle due, integrati con esercizi per l’allenamento della forza dei principali gruppi muscolari da effettuare a intensità almeno moderata per due o più volte alla settimana. Nel caso in cui il dolore fosse “invalidante” sarà necessario praticare attività a minor impatto sulla patologia del sistema muscolo-scheletrico di cui è affetta la persona. Viene inoltre suggerito di potenziare i deficit muscolari secondari attraverso attività specifiche.

L’importanza del monitoraggio e dell’ attività fisica personalizzata

Di fronte ad una patologia muscolo-scheletrica, risulta inderogabile rispettare un programma di attività fisica personalizzato che tenga conto dell’età, delle patologie concomitanti e delle caratteristiche della malattia, nonché delle esigenze individuali e di genere. Così come negli altri casi, anche in questa sezione vengono sponsorizzate attività come il camminare, nuotare, andare in bicicletta, così da ridurre la massa grassa a favore di un potenziamento del tono muscolare unitamente ad un miglioramento della qualità di vita e soprattutto dal punto di vista psico-sociale. Nel suo complesso il documento è molto approfondito, presenta delle schede relative a particolari condizioni di salute, valorizza il ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità, unitamente alla creazione di una rete territoriale, in grado di monitorare lo stato di salute dei cittadini “malati” al fine di rallentare le complicanze delle malattie sopra citate, garantendo al contempo una qualità di vita dignitosa e soprattutto salutare.

A cura di Muzio Stornelli,                                                                                          infermiere

 

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