Vi ho raccontato la mia solitudine e sono tante le testimonianze che mi sono arrivate e che racconteremo nella nostra rubrica. Una condizione che angoscia noi genitori Caregiver. Non è solo la nostra solitudine a fare paura, ma soprattutto l’impotenza nel vedere i nostri figli nella solitudine, isolati, bullizzati, scherniti, esclusi da qualsiasi attività non a tema disabilità. E’ disarmante vedere l’apatia dei giovani nei confronti del diverso. Mi chiedo sempre: manca la conoscenza? Manca la sensibilizzazione? C’è paura? O piuttosto i giovani d’oggi hanno perso i valori? La risposta è NO, o meglio non è sempre vero. C’è ancora speranza e la storia di Amin e Michele che vi racconto oggi è la più bella delle testimonianze. Ma prima condivido con voi le parole di una mamma caregiver.
La solitudine di chi è diverso, il messaggio di mamma S.
Cara Katia, il problema non è la nostra solitudine, ma quella dei nostri figli. Finché sono bimbi ci siamo noi, ma poi diventano grandi e nonostante le mille difficoltà, cercano con tutti i mezzi di inserirsi nella società. Sono contesti dove la relazione diventa l’ostacolo numero uno da superare…ahimè con esito quasi sempre negativo.
Gli aiuti ci sono, ma manca la formazione
I mezzi economici ci sono. Oggi una persona disabile in Italia, a livello economico, è anche abbastanza tutelata da potersi permettere uno psicologo o terapista in forma privata.. Ma la società non è preparata all’integrazione, perché manca d’informazione….o forse di formazione!
L’impegno dei genitori non basta
Io non credo che noi genitori possiamo fare molto, purtroppo. Dopo anni di tentativi fatti per sensibilizzare questo mondo, io ho rinunciato e cerco di curare bene il mio orticello (anche se è veramente brutto da dire)… Ho lasciato il lavoro da diversi anni, e ho potuto farlo grazie ai compensi economici che riceve mio figlio e a qualche saltuario lavoretto che mi permette di vivere occupandomi di lui (ragazzo autistico) e del fratello, anch’esso con una lieve forma di disabilità!
Serve empatia per vincere la solitudine
Cara Katia, ti ammiro per il coraggio e il tempo che metti a disposizione degli altri, ma a mio avviso non basta. Deve cambiare la società e per farlo occorre partire da molto lontano. Già dalla scuola materna dove andrebbe introdotta una materia essenziale che si chiama empatia. Se così non sarà, questa società, e le prossime a venire, non impareranno mai che cosa sia l’inclusione delle diversità. L‘intelligenza emotiva è un dono e non si può insegnare, ma acculturare la popolazione in dette materie questo si che si può fare! Ecco forse è proprio da lì che bisogna partire.
Sane ed equilibrate relazioni per le future generazioni
Per i nostri figli è tardi, ma per quelli che verranno allora ci saranno molte più possibilità di sane ed equilibrate relazioni! Senza questo, sarà solo tempo perso e tutto vano! Non è il singolo individuo che farà la differenza, ma l’unione del mondo intero…. e qui… purtroppo vedo poche speranze! Ti abbraccio forte, un bacione grande a Rebecca, bellissima dolce ragazza, pura, anima bella! Un abbraccio anche da parte di M.!
Una speranza c’è: la storia di Amin e Michele
Ne parleremo insieme cara mamma, nel frattempo ti/vi racconto una storia che mi ha colpito molto e risponde proprio a questa tua richiesta di sensibilità dei giovani.
Questa è la storia di due amici per sempre. Loro sono Michele, 19 anni e Amin, 15 (per sempre). Sono cresciuti insieme in un piccolo paese nell’hinterland di Pavia. Hanno frequentato la stessa classe nella scuola elementare e media. Un’amicizia molto forte, una fratellanza, oserei dire, che è cresciuta con loro e si è consolidata con la passione per lo sport. Insieme sono entrati nella squadra di pallamano dove hanno percorso tutto il settore giovanile, fino a diventare grandi, in tutti i sensi. Campioni nel campo e nella vita.
Una vita spezzata
La vita di Amin però è stata spezzata a 15 anni in un incidente stradale, portando dolore in tutta la comunità, ma specialmente nella squadra e in Michele che mi cita le testuali parole: «Quando entrava in campo si trasformava ! Mi manca molto…».
Michele ha sempre avuto una grande sensibilità. Lo conosco da quando era bambino perché frequentava la scuola materna con mia figlia Rebecca. Poi le nostre strade si sono divise per bisogni diversi, ma settimana scorsa ho avuto la fortuna di incontrarlo di nuovo!
Una partita per Amin
E’ venuto a trovarmi a casa raccontandomi che stava organizzando una giornata speciale di sport, in ricordo di Amin! Michele ha 19 anni lavora come meccanico, nello sguardo ha l’adolescenza, ma il fuoco e la determinazione di un adulto! La storia di Michele 19 anni e Amin è intensa e fatta di dolci ricordi. Sono cresciuti insieme prima alle scuole elementari, poi medie, condividono anche la passione per lo sport e la pallamano. Purtroppo la vita di Amin è stata spezzata a 15 anni in un incidente stradale. Michele oggi sente molto la mancanza del suo più grande amico e allora per vincere la solitudine decide di tenere in vita i ricordi e dedicare all’amico per sempre una giornata speciale di condivisione e di sport.
Per vincere la solitudine
Michele mi racconta che ha spronato l’associazione Sportiva, cercato gli Sponsor, chiesto aiuto agli amici, calcolato il budget per non sperperare denaro e raccogliere più denaro possibile per il fondo Vittime Della Strada. Ha due obiettivi: tenere vivo il ricordo di Amin e sensibilizzare il più possibile alla prudenza e alla sicurezza stradale. Mi dice che Amin in campo si trasformava, era un campione ed io lo ascolto con il cuore colmo di gratitudine per quello che Michele è e sarà per la nostra società.
Un evento per vincere la solitudine e ricordare Amin
L’evento è stato meraviglioso grazie a Michele che si è prodigato in tutto: nel pulire il campo, lavorare per l’organizzazione della giornata, pensare alle cassette per la raccolta fondi, divulgare l’evento e pensare all’organizzazione del pasto con un menù adatto anche alla famiglia di Amin che è musulmana. E poi giocare. Mentre giocava si percepiva nelle sue gambe la stanchezza di ore di preparativi, ma anche la volontà di non risparmiarsi e di onorare, con i compagni, quelle meravigliose maglie nel ricordo di Amin.
Un insegnamento per i giovani
Memore dalla solitudine che provano i nostri ragazzi e di una società non empatica, per fortuna ci sono ancora giovani come Michele che spicca per questa sensibilità rara. Oggi purtroppo fa più notizia la violenza giovanile, il disagio, chi si autodistrugge o distrugge, ma queste notizie non agiscono sui giovani come esempio da evitare. Più se ne parla più ci si abitua ad una normalità malata. Per questo occorre dare maggiore enfasi a chi si mette in luce per sensibilità, empatia e generosità.
Noi adulti abbiamo il compito di dare valore ai giovani, di gratificarli per le meravigliose opere fatte. Sono certa che Michele verrebbe a giocare anche con i nostri ragazzi facendoli sentire unici. Questa è la storia di Amin e dell’amico che tutti vorrebbero avere!
A cura di Katia Verzica, caregiver e futuro counselor