domenica, Febbraio 9, 2025
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La “leggerezza” delle protesi ortopediche

Nuovi materiali e tecnologie permettono oggi di avere protesi più performanti. Il professor Giacomo Pacella, ortopedico presso l’unità di Ortopedia e Traumatologia all’IRCCS San Raffaele di Milano e Professore Associato dell’università Vita – Salute San Raffaele di Milano spiega perché è meglio evitare l'intervento precoce

Prof. Giacomo Placella Ortopedico presso l’unità di Ortopedia e Traumatologia all’IRCCS San Raffaele di Milano, Professore Associato dell’università Vita – Salute San Raffaele di Milano

Negli ultimi anni, i registri delle protesi ortopediche hanno evidenziato un dato significativo: sempre più pazienti si sottopongono a interventi di impianto protesico in età precoce. Questo fenomeno è legato a tre fenomeni:

  • ai progressi nella progettazione delle protesi,
  • alle migliori performance dei materiali
  • alle tecniche chirurgiche sempre più raffinate.

Tuttavia, nonostante queste innovazioni, sorge una domanda cruciale: è una buona idea abbassare l’età media di questo intervento?

Protesi più leggere, ma non senza limiti

Le protesi moderne sono il risultato di decenni di ricerca e sviluppo. Materiali innovativi, come le leghe di titanio e i polimeri ad alta resistenza, hanno permesso di migliorare la performance delle protesi senza comprometterne la robustezza. Inoltre, i nuovi design, spesso personalizzati grazie a tecnologie come la stampa 3D, garantiscono una maggiore stabilità e un’integrazione più efficace con l’osso naturale. Questi progressi hanno reso possibile negli ultimi due decenni un ampliamento delle indicazioni a soggetti con maggiore richiesta funzionale ed aspettativa di vita rispetto al passato.

Attenzione all’usura delle protesi ortopediche

Ma c’è un rovescio della medaglia: le protesi, nonostante le migliorie, sono comunque soggette ad usura, ed anzi impiantarle in soggetti attivi aumenta inevitabilmente questo processo. Più un impianto viene sottoposto a stress meccanici, come accade nei pazienti giovani e sportivi, maggiore è il rischio di dover affrontare una revisione protesica. Questo tipo di intervento, necessario quando la protesi originale si danneggia o perde funzionalità, è sempre più complesso rispetto all’impianto primario, poiché l’anatomia dell’articolazione è già stata modificata.

Rischio infiammazione e metallosi

Un ulteriore aspetto critico riguarda i detriti generati dall’usura delle protesi. Polveri di metallo e microframmenti di plastica possono accumularsi nei tessuti circostanti, causando reazioni infiammatorie e, in alcuni casi, patologie come la metallosi. Metallo e plastiche rappresentano anche un terreno fertile per l’attecchimento di batteri, che possono provenire dal sangue o da altre infezioni sistemiche. Le infezioni protesiche ematogene sono particolarmente insidiose, poiché spesso risultano resistenti ai trattamenti antibiotici convenzionali e richiedono interventi chirurgici complessi per la loro gestione: più tempo deve sopravvivere un impianto, più possibilità c’è che si infetti, anche a distanza di decenni.

Le nuove tecnologie accorciano la vita alle protesi ortopediche

Inoltre, l’evoluzione rapida dei materiali, delle tecnologie e delle tecniche chirurgiche fa sì che una protesi considerata all’avanguardia oggi possa risultare obsoleta in pochi anni. Più o meno come accade oggi ai nostri smartphone o ai nostri computer, 5 anni fa il nostro cellulare aveva una memoria limitata, faceva foto a bassa risoluzione e le videochiamate costavano molto oggi tutto questo è obsoleto, nella protesica ortopedica siamo all’inizio dell’era robotica e in pochi anni già moltissime cose sono cambiate con maggiore comprensione della tecnica e delle possibilità offerte da questa tecnologia, magari fra 5 anni le cose saranno completamente rivoluzionate.

L’importanza delle terapie conservative

Questo è un ulteriore motivo per cui è opportuno procrastinare l’intervento protesico quando possibile è sempre una buona scelta. Quando le condizioni cliniche lo consentono, è sempre consigliabile adottare approcci conservativi prima di ricorrere a un impianto protesico. La ginnastica quotidiana, finalizzata al rinforzo muscolare e al miglioramento della mobilità articolare, è un pilastro fondamentale. Allo stesso modo, mantenere un peso corporeo corretto, ridurre i sovraccarichi articolari, adottare una dieta equilibrata ed evitare sport usuranti può prevenire o ritardare il deterioramento delle articolazioni.

Ma allora le protesi ortopediche fanno male?

No! Anzi sono sicuramente tra gli impianti con migliori risultati clinici, la protesi dell’anca e stata dichiarata “l’intervento del secolo” perché ha risolto disabilità altrimenti irresolubili, ma forse bisogna fare un passo indietro nella scelta dell’intervento cercando di indicarlo per artrosi gravi, in pazienti che hanno già tentato la via conservativa per anni, ai traumi articolari o ai loro esiti con disabilità.

Diffidare delle soluzioni rapide

È importante anche diffidare di chi propone soluzioni rapide e semplicistiche. Come recita un detto popolare, “chi va a comprare dal macellaio difficilmente troverà meloni”; chiedere sempre più opinioni di diversi specialisti e in diversi ambienti, cercare di comprendere a pieno il proprio stato patologico ed avere coscienza di quali sono tutti i possibili scenari è importante. Una scelta affrettata può portare a complicazioni che avrebbero potuto essere evitate con un approcci più prudenti.

Protesi ortopediche perché è meglio in età avanzata

Le protesi ortopediche rappresentano un traguardo straordinario della medicina moderna, offrendo una nuova qualità di vita a milioni di persone. Tuttavia, la decisione di sottoporsi ad un impianto deve essere sempre ponderata, considerando non solo i benefici immediati, ma anche i rischi a lungo termine. Per i pazienti giovani, l’adozione di terapie conservative ed efficaci può spesso rappresentare la scelta migliore procrastinando la sostituzione protesica si otterrà un impianto migliore, che deve funzionare per minor tempo ad una richiesta funzionale minore e che garantisce maggiormente la possibilità che l’intervento eseguito sia l’unico ed ultimo intervento della vita per quella articolazione.

A cura del Professor Giacomo Placella                                                                      Ortopedico presso l’unità di Ortopedia e Traumatologia all’IRCCS San Raffaele di Milano, Professore Associato dell’università Vita – Salute San Raffaele di Milano.

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