
La depressione è la prima causa di disabilità a livello mondiale, diventando uno dei principali costi sanitari entro il 2030. L’ho affermato nel mio ultimo libro, La cura della depressione fra illusioni e speranze. Esperienze e interventi in psicologia clinica che ho scritto negli anni della pandemia.
Prima regola: non confondere la depressione con la tristezza
Prima di tutto, però, non dobbiamo confondere la depressione con la tristezza. Stabilire cosa sia fisiologico e cosa invece esagerato nella reazione a un evento stressante o negativo di vita non è semplice. Eppure dobbiamo accettare che nel nostro percorso accadono cose che è naturale ci rendano tristi (ad esempio un lutto). Per alcune persone, magari più vulnerabili di altre su vari piani (biologico, psicologico, culturale, ecc.) si può giungere a una reazione depressiva per cui è necessario un aiuto specialistico.
La causa della depressione
Il dibattito su quale sia la vera causa della depressione rischia di essere ideologizzato: si tratta di una condizione complessa di origine multifattoriale dove a volte può giocare un maggiore ruolo una predisposizione biologico-genetica, altre volte una sensibilità psicologica individuale frutto di una storia personale, altre volte ancora un contesto sociale e culturale basato dall’eccesso di tecnologie, che ormai invadono molti spazi di vita impedendo di vivere parti di vita reali, e sulla richiesta continua di performance, risultati, controllo.
La depressione nei ragazzi: anestesia affettiva
Gli adolescenti non sono certo immuni dal fenomeno depressione, anzi a volte sono i più vulnerabili perché ancora privi di quelle protezioni psicologiche tipiche dell’età adulta. In particolare oggi si assiste a una “anestesia affettiva”, dove risulta difficile vivere, esprimere e coltivare le proprie passioni in un mondo che a volte sembra offrire soluzioni già confezionate e rassicuranti. Si guadagna dunque un presunto controllo su ciò che accade, rinunciando però al fascino delle emozioni con le loro insicurezze ma anche i loro brividi e le loro soddisfazioni.
Come uscirne?
Come uscirne? Intanto è importante che il mondo degli adulti fornisca agli adolescenti e giovani quegli stimoli, quelle passioni, spesso purtroppo assenti anche nei genitori, che possono dare un senso a medio-lungo termine alle vite di ciascuno. La scuola dovrebbe far sognare, oltre che educare. Lo sport dovrebbe esaltare i corpi, più che chiedere prestazioni, e così nei vari ambiti. Oltre dunque a un atteggiamento culturale di stimolazione delle giovani generazioni a portare avanti propri progetti, anche ambiziosi, anche accettando gli errori di gioventù, rimane necessario un aiuto individuale a chi più fa fatica a trovare il proprio ruolo nel mondo. A volte non sono necessarie lunghe psicoterapie, ma anche supporti psicologici brevi o al bisogno.
A cura del prof. Gianluca Castelnuovo, Psicologo, psicoterapeuta responsabile del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia e del relativo Laboratorio di Ricerca presso l’IRCCS Istituto Auxologico Italiano