In Italia, i pazienti oncologici, purtroppo, non sempre hanno accesso a percorsi preferenziali per gli esami diagnostici. Sebbene l’Italia disponga di un sistema sanitario nazionale pubblico che garantisce l’accesso alle cure, la realtà pratica può essere complessa e variare a seconda della regione e delle specifiche strutture sanitarie.
Cosa non funziona per i pazienti oncologici
- Mancanza di percorsi diagnostici prioritari: In generale, non esiste un vero e proprio “percorso preferenziale” formalizzato per i pazienti oncologici per quanto riguarda l’accesso agli esami diagnostici. Sebbene i pazienti oncologici siano spesso considerati “urgenti” dai medici, non sempre questo si traduce in una rapida disponibilità di esami diagnostici. Le liste di attesa possono essere comunque lunghe, a causa della carenza di risorse o dell’elevato numero di pazienti da gestire.
- Sistema basato su priorità mediche: Sebbene non esistano percorsi preferenziali specifici, il sistema sanitario italiano assegna le priorità agli esami diagnostici in base alla gravità e all’urgenza clinica. Un oncologo potrebbe, in teoria, richiedere che un esame venga eseguito con urgenza, ma l’effettiva tempistica dipende spesso dalla disponibilità delle strutture sanitarie locali.
- Ricorso alla sanità privata: Alcuni pazienti oncologici, a causa dei tempi lunghi di attesa nel pubblico, si rivolgono alla sanità privata per accelerare gli esami diagnostici. Tuttavia, questo approccio è costoso e non sempre accessibile a tutti, in particolare per le persone senza una copertura assicurativa privata.
Nessuno sconto
Proviamo a tracciare il percorso tipico di ciò che avviene oggi in sanità. Diamo per scontato che una volta accertata la diagnosi di tumore, al paziente dovrebbe essere garantito un percorso da seguire che parta dalla diagnosi di tumore fino all’intervento chirurgico (Visite, esami, controlli, terapie). Questo è il principio della Breast unit nel caso del tumore al seno, ma non vale per tutte le patologie.
Il percorso che dovrebbero fare i pazienti oncologici
Il paziente deve sottoporsi a visite specialistiche, a esami diagnostici specifici, come ad esempio: Tac, Pet, Risonanza magnetica, biopsie, ecc. Tutte queste prestazioni che dovrebbero essere prenotate ed eseguite dalla struttura con il SSN, come parte di presa in carico del paziente, spesso non seguono questo iter.
Una corsa ad ostacoli per arrivare a sostenere l’esame
Gli esami che devono eseguire i pazienti a cui è stato riscontrato un tumore (dipende poi dalla tipologia di neoplasia, dalla sede e dallo stato avanzato), sono spesso invasivi, con tempi d’attesa molto lunghi e costosi. Inoltre alcuni esami vengono effettuati solo in pochi ospedali che hanno ovviamente tempi d’attesa lunghissimi. Il paziente si ritrova a saltare da un ospedale all’altro o da un CUP all’altro sperando di ricevere un appuntamento che non sia estremamente lungo.
Se i tempi sono troppo lunghi
Se invece l’appuntamento è fissato dopo 6 mesi o più, e la patologia non permette di attendere così tanto, come bisogna comportarsi? I dati Agenas del 2023 riportano che: il paziente oncologico preso in carico da un ospedale pubblico esegue esami a pagamento fino al 30% delle visite e 20% degli accertamenti diagnostici. A parità di attesa cioè il tempo che deve intercorrere tra la diagnosi e l’intervento, negli ospedali privati accreditati le visite a pagamento superano il 50% e gli accertamenti diagnostici più del 30%.
Stress e rischi per la salute
Purtroppo i pazienti oncologici in Italia non sempre hanno percorsi preferenziali garantiti per l’accesso agli esami diagnostici e questo può comportare un aumento dello stress e dei rischi per la salute dei pazienti. Le disparità regionali e la carenza di risorse in alcune aree del paese amplificano ulteriormente il problema.
Un percorso necessario per i pazienti oncologici
Che un paziente oncologico debba affrontare non soltanto il dramma della malattia, ma anche un’organizzazione sanitaria che non sostenga i pazienti a rischio vita, non è ammissibile. Facilitare i percorsi attraverso procedure ad hoc su tutto il territorio nazionale, non solo riferite alla singola patologia oncologica e al ceto sociale di appartenenza, dovrebbe essere la regola perché la vita è un valore prezioso per tutti, non per pochi.