Sono tanti gli infortuni che accadono ogni anno in Italia sul luogo di lavoro, a volte addirittura letali, causando le cosiddette morti bianche. Ogni volta che un lavoratore perde la vita mentre sta svolgendo la sua attività si leva uno scudo di indignazione, di protesta, ma purtroppo negli anni nulla è cambiato, fino a ieri. Il primo di ottobre 2024, infatti, è entrata in vigore la patente a punti sul lavoro. Una normativa che ha lo scopo di migliorare la sicurezza in particolare nei cantieri. Infatti, il settore dell’edilizia è quello che fa registrare il maggior numero di infortuni anche gravi.
Infortuni sul lavoro: i numeri in Italia
A dirlo è un’analisi di Inail nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022. Nell’ultimo anno monitorato, infatti, gli infortuni sul lavoro denunciati nel settore dell’edilizia sono stati 40 mila, ovvero un 3,4% in più rispetto all’anno precedente e stabili rispetto al biennio 2018-2019. Cosa significa questo? Che il maggior numero di infortuni avvengono nei cantieri e di questi il 30% sono gravi, perché dovuti a schiacciamento. Nove casi su dieci di questo trenta per cento si riferiscono poi a cadute dall’alto mortali.
La patente a punti deterrente di infortuni sul lavoro?
Per cercare di invertire il trend e diminuire i rischi per i lavoratori in generale e più in particolare degli operatori edili, ieri è stata introdotta la patente a punti per lavorare in cantiere. I principi su cui si basa sono tre: formazione, certificazione e ispezione. In pratica il datore di lavoro da ieri ha a disposizione 30 punti, ovvero un numero di crediti di sicurezza. Ad ogni violazione vengono decurtati. Per entrare in cantiere sarà necessario avere almeno 15 punti. Ad essere maggiormente colpiti saranno gli infortuni per i quali è prevista una decurtazione da 2 a 10 punti a seconda della gravità dell’incidente. In casi gravi l’ispettorato del lavoro avrà la facoltà di sospendere la patente fino a 12 mesi. «L’obiettivo è chiaro -spiega Eraldo Meggiolaro di Air Lab, PMI innovativa che progetta dispositivi dedicati alla protezione delle persone -. Di fronte al rischio di sospensione dell’operatività in cantiere, il legislatore si aspetta un più rigoroso rispetto delle norme sulla sicurezza, sia da parte di aziende che degli autonomi ». Sarà sufficiente una decurtazione di punti a cambiare la mentalità in tema di sicurezza sul lavoro di chi fa impresa?
I costi degli infortuni sul lavoro
Per rispondere a questa domanda occorre analizzare quanto costa ad una azienda un infortunio grave di un lavoratore. Secondo il progetto Co&SI (Costi e sicurezza), le associazioni di categoria dei datori di lavoro e l’INAIL la spesa globale per la non sicurezza oggi in Italia ammonta a circa 45 miliardi di euro (una media del 3,5% del Pil). Uno studio realizzato dall’Agenzia Europea per la Sicurezza ha messo in luce anche quei costi per la sicurezza non facilmente determinabili che subentrano nel momento in cui si verifica un infortunio sul lavoro e che in Italia hanno un peso specifico. Come la minore capacità produttiva dell’impresa, il lavoro straordinario di altri lavoratori per supplire all’assenza dell’infortunato, le commesse slittate, il turn-over interno. A questi si aggiungono poi i costi di immediata gestione dell’infortunio. Lo studio calcola che l’infortunio costa all’azienda circa 5 volte in più rispetto alla retribuzione del dipendente e dunque il piano di gestione della salute e della sicurezza aziendale dovrebbe essere considerato al pari di altre voci essenziali nel bilancio aziendale.
Serve una cultura della prevenzione
«A conti fatti, quindi, occorre sviluppare una cultura della prevenzione – prosegue nella sua disamina Meggiolaro -. Valutare bene i costi per tutelarsi e tutelare i propri dipendenti. La sicurezza è un investimento, non un costo puro. Il provvedimento introdotto però non sembra andare in questa direzione perché è volto a sanzionare i trasgressori quando l’incidente è accaduto. Invece in Italia, per aumentare la consapevolezza delle imprese, servirebbe agire a monte. Bisogna superare la mentalità fatalistica che porta a sottovalutare i rischi e considerare invece la sicurezza come un valore fondamentale del benessere individuale e collettivo. Solo allora potremo assistere a una reale diminuzione degli infortuni sul lavoro».