venerdì, Aprile 18, 2025
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Infermieri, parte la protesta in Lombardia

Il sindacato infermieri Nursing Up annuncia per giovedì 27 marzo, a Milano, un'assemblea-presidio sotto Palazzo Lombardia, dalle 10 alle 12, alla presenza del presidente nazionale Antonio De Palma. Il nostro quotidiano da sempre è un megafono anche per gli infermieri. Abbiamo trattato molto spesso questo argomento attraverso le parole autorevoli del presidente Nazionale CNAI, Walter De Caro e quelle del nostro editore, Gabriella Scrimieri, che ogni giorno vive sul campo le annose fatiche del personale sanitario.

Gli infermieri scendono in piazza. L’obiettivo è di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla grave crisi del personale sanitario e sulle urgenti necessità della sanità lombarda e nazionale. L’assemblea presidio affronterà i temi cruciali per il futuro della professione infermieristica, ostetrica e delle professioni sanitarie. Sarà presente il Presidente Dott. Antonio De Palma, insieme a colleghi e professionisti del settore.

23 mila sono gli infermieri che hanno rinunciato

«La situazione è drammatica. Negli ultimi tre anni il sistema sanitario nazionale ha perso oltre 23mila infermieri. I professionisti sanitari, colpiti da carichi di lavoro insostenibili, retribuzioni insufficienti e frequenti episodi di violenza, sono sempre meno. Così si mette a rischio la salute dei cittadini», ricorda il Presidente di Nursing Up De Palma

Le richieste principali del sindacato

«Adeguamento degli stipendi alla media europea Ocse. Blocco della nuova figura dell’assistente infermiere, considerata un arretramento di 50 anni nella qualità assistenziale. Revisione urgente degli organici infermieristici, superando le vecchie norme ormai inadeguate (minutaggio). Indennità economiche per contrastare la fuga di infermieri, specialmente nelle zone di confine (Como, Varese, Sondrio). Maggiore sicurezza nelle strutture sanitarie contro le aggressioni. Riconoscimento del lavoro usurante per le professioni sanitarie. Definitivo superamento del vincolo di esclusività e incentivi per la ‘fedeltà aziendale’. Queste misure sono indispensabili -avverte il Nursing Up- per garantire assistenza di qualità ai cittadini e ridare dignità al sistema sanitario nazionale».

L’intervento dell’editore Gabriella Scrimieri, sulle criticità odierne

«Gli stipendi ancora troppo bassi, i carichi di lavoro eccessivi, la conseguente carenza di iscrizioni al corso di laurea e l’abbandono della professione fa si che l’impatto su tutto il sistema sanitario sia devastante. Possiamo prevedere soluzioni raggiungibili? Sì se l’infermiere lavorasse in sicurezza, rispettando gli orari di lavoro che consentono di rendere compatibile una vita familiare. Se avesse la possibilità di garantire alla propria famiglia e al futuro dei propri figli una casa (avendo la possibilità di pagare un mutuo), una vita dignitosa. Quindi, perché un infermiere dovrebbe abbandonare la professione? E, soprattutto, perché i giovani non dovrebbero sceglierla?».

Le soluzioni per Scrimieri

«La carenza di infermieri è un problema complesso che richiede soluzioni su più fronti. Ogni paese europeo sta affrontando la questione in modo diverso, ma la maggior parte delle soluzioni coinvolge l’aumento degli investimenti nella formazione, il miglioramento delle condizioni di lavoro e la promozione di politiche per attrarre professionisti da altri paesi. Sebbene i risultati siano ancora parziali, questi approcci stanno aprendo la strada a un futuro in cui gli infermieri possano svolgere il loro ruolo fondamentale nel sistema sanitario con maggiore soddisfazione e efficacia. Staremo a vedere cosa accadrà in Italia».

‘Prigioni di cristallo’ per il presidente De Caro

Sulle pagine del nostro giornale, solo alcuni mesi fa, era intervenuto anche il presidente Walter De Caro, in occasione della revisione del Codice Deontologico degli infermieri. Riportiamo le sue parole. «Il recente processo di revisione del Codice Deontologico degli infermieri, approvato dal Consiglio Nazionale della FNOPI ma non reso pubblico, merita alcune osservazioni. Sembrerebbe infatti essersi sviluppato in una vera e propria “prigione di cristallo”, un ambiente caratterizzato da barriere sottili, a volte invisibili ma pericolose, che, di fatto, impediscono agli infermieri l’esercizio della partecipazione decisionale. Non conoscendone il testo integrale, ci si augura che questa nuova versione del Codice non porti alla cristallizzazione di prescrizioni deontologiche scollegate dalla realtà operativa quotidiana».

Le criticità emerse

«Ciò che emerge con chiarezza è un sistema di rappresentanza professionale caratterizzato da un dirigismo verticistico, che ha sistematicamente agito in una linea evitante di proposte alternative.  Da questo deriva un documento privo di quella condivisione ampia nelle modalità di consultazione, da cui dovrebbe fondare il suo valore -continua De Caro- Sebbene si sostenga di aver condotto un processo inclusivo, l’evidenza suggerisce che la consultazione sia stata circoscritta a una cerchia ristretta di “esperti”. Questi, pur essendo sicuramente competenti, non rappresentano sicuramente il bisogno in questo tipo di elaborazioni di disporre di una visione ancora più ampia, diversificata e multidimensionale. Il coinvolgimento dei 102 Ordini provinciali, con gli ovvi aspetti di formalità procedurale, non garantisce l’effettiva partecipazione della base professionale – visibile, ad esempio, dalla partecipazione attiva con la condivisione tra gli iscritti provinciali in soli 2 o poco più ordini su 102, come evidente dai media».

Le ragioni di una crisi profonda

«Un Codice Deontologico dovrebbe offrire un riferimento stabile e duraturo, anziché essere soggetto a continui aggiustamenti che ne indeboliscono l’autorevolezza. A questi presupposti si aggiungono, da un lato, l’assenza di dati riguardanti le violazioni, criticità e ricorsi avverso il Codice Deontologico a livello provinciale, regionale e nazionale, e dall’altro la bassa affluenza alle elezioni degli Ordini Provinciali Infermieristici — inferiore al 7% a livello nazionale e addirittura inferiore all’1% in alcune province. Tale dato non è marginale, ma rappresenta il sintomo di una profonda crisi di rappresentatività degli ordini, che tuttavia, ignorano il parere, talvolta della maggioranza assoluta, degli infermieri iscritti – in forma obbligatoria –  e delle  altre rappresentanze sindacali e scientifico-professionali (come nel caso dell’assistente infermiere)», conclude De Caro

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