Ogni anno in Italia circa 60 mila persone sono colpite da infarto fulminante o morte cardiaca improvvisa. Spesso sono giovani e anche sportivi. Quando accade inevitabilmente si sprecano le domande sul perché un evento simile possa accadere senza preavviso. Ma è davvero così? Lo abbiamo chiesto al Professor Stefano Carugo, Direttore della Cardiologia del Policlinico di Milano.
Dottore quando si parla di morte cardiaca improvvisa e infarto fulminante?
«Si tratta di un evento letale che accade in un soggetto che non presentava sintomi tali da ipotizzare un’aritmia o una cardiopatia ischemica. L’infarto fulminante o infarto del miocardio si verifica quando il flusso sanguigno diretto ad una parte del cuore si interrompe a causa di un coagulo di sangue, trombo, con la conseguente necrosi del miocardio. Le ragioni possono essere svariate ma di sicuro ci sono dei dati che devono farci riflettere: nelle statistiche della Società Europea di Cardiologia l’Italia è al terzultimo posto per attività fisica; è il secondo paese per obesità nell’adolescenza e primo per il consumo di tabacco, con la Bulgaria. Questo significa che devono essere innanzitutto corretti gli stili di vita».
Nell’ infarto fulminante ci sono campanelli di allarme che una persona spesso sottovaluta, ma che potrebbero, se riconosciuti, cambiare il corso degli eventi?
«Se parliamo di uomini e donne dai cinquant’anni in su, ci possono essere dei sintomi che il soggetto trascura, ma che sono riferibili ad una sofferenza cardiaca:
- Dolore al braccio sinistro
- Mal di stomaco con un senso di bruciore che si estende verso il basso ventre
- Eccessiva sudorazione
- Nausea e vomito
- Senso di costrizione al petto
- Respiro corto
- Vertigini
- Improvvisa stanchezza
- Ansia
In presenza di questi sintomi è opportuno chiamare i soccorsi».
Esistono anche i fattori di rischio per l’infarto fulminante, quali sono?
«L’infarto fulminante può essere la conseguenza di uno stile di vita non corretto che sviluppa una serie di fattori di rischio coronarico che col tempo possono causare un restringimento delle arterie di tutto il corpo, compreso il cuore e aumentare il rischio di un infarto. I principali fattori di rischio sono:
- Il diabete
- La pressione alta
- Il fumo di sigaretta
- Il colesterolo alto
- I trigliceridi alti
- L’obesità
- Il consumo di alcol
- Lo stress
- La sedentarietà
- La menopausa nelle donne
- Fattori genetici, infatti se in famiglia ci sono stati casi di infarto o episodi ischemici in soggetti relativamente ancora giovani, intorno ai 50 anni, il rischio di infarto aumenta notevolmente».
Fattori di rischio e campanelli di allarme vengono meno però quando l’infarto fulminante accade a soggetti giovani e a sportivi, come è possibile?
«A questo proposito diciamo che per la legge dei grandi numeri possono accadere anche tra persone giovani e sportive eventi cardiaci improvvisi, non prevedibili. Di sicuro l’Italia in tema di idoneità sportiva per atleti agonisti è tra i paesi con regole più stringenti. Ricordo il caso di Christian Eriksen, il giocatore danese che ha avuto un arresto cardiaco in campo durante una partita degli europei del 2021 in conseguenza del quale non ha più potuto giocare nel campionato italiano, mentre gioca tuttora nella Premier League inglese. Quindi il messaggio importante da dare a chi vuole fare sport, anche non agonistico, è di controllare il proprio corpo».
Quale può essere il vademecum per non trascurare la propria salute?
- «Misurare almeno due volte all’anno la pressione arteriosa,
- Almeno una volta all’anno il colesterolo e la glicemia,
- Effettuare un elettrocardiogramma ogni dodici mesi
Queste sono le basi minime essenziali, chi ha familiarità deve prestare maggiore attenzione».
Cosa fare se si scopre di avere familiarità?
«Per prima cosa è importante avere un medico di fiducia. Una volta individuato lo specialista di riferimento bisogna seguire con diligenza le indicazione ricevute per uno stile di vita corretto, dalla dieta all’attività fisica. Anche l’aderenza terapeutica è fondamentale. Evitare sempre il fai da te».
La prevenzione si scontra però con le liste d’attesa lunghe. Come si può ovviare?
«Bisogna fare un appello ai pazienti di non fare esami inutili. Ai medici di non prescrivere troppi esami inutili e agli avvocati di denunciare un po’ meno. Abbiamo infatti un problema di difesa medica per cui il nostro Paese ha un primato per le cause intentate contro i medici che genera una forma di iper-prescrizione come forma di difesa».