lunedì, Gennaio 13, 2025
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Il Bullone. “Il Bello che c’è”, oggi è con i B-Liver

La nostra rubrica si sposta nella riunione di redazione dei B-Liver, che stanno programmando la prossima uscita del mensile Il Bullone. I ragazzi, dai 15 ai 30 anni, sono i B.Liver e fanno parte della Fondazione B.Live Ets.

Il Bullone. “Il Bello che c’è“, oggi è con i B-Liver. La rivista è diretta dalla nota firma del Corriere della Sera, oggi in pensione, Giancarlo Perego. Questa domenica ci parla dei B.Liver e qui in redazione si respira un’aria bellissima. Il profumo della vita. Oltre la malattia. Qui e ora!

Perché nasce la Fondazione B.Live Ets

Dopo la morte della figlia Clementina, di appena dieci anni per un neuroblastoma, Bill Niada, fonda la Fondazione Magica Cleme Onlus e la Fondazione B.Live Ets, con sede a Milano. I ragazzi vengono coinvolti in progetti di editoria, comunicazione e formazione in collaborazione con aziende e professionisti. Si tratta di una comunità inclusiva e potente dove i B-liver possono andare oltre le loro difficoltà, guardando avanti.

La richiesta di Clementina ai genitori

Un tumore che non lascia scampo, scoperto all’età di tre anni e mezzo. La paura di chi l’ha messa al mondo, il coraggio di una bambina di 11 anni che, poco prima di andare oltre le nuvole, lascia il suo testamento. ‘Mamma, papà fate qualcosa per i ragazzi come me, fateli vivere’. E così è stato. Bill e la moglie iniziano con la Fondazione Magica Cleme Onlus, con la Fondazione B.Live Ets e dentro a quest’ultima nasce l’incredibile esperienza della rivista. Il Bullone oggi lavora in partnership con aziende che credono nel suo sguardo, ironico, profondo e fuori dalle convenzioni, per sviluppare e realizzare progetti di comunicazione, eventi formativi e nuovi prodotti.

Il Bullone diretto dal giornalista Giancarlo Perego

Il mensile è ideato e realizzato dai ragazzi, sotto la supervisione del direttore Giancarlo Perego, firma del Corriere della Sera che nel 2015 li ha incontrati e non li ha più lasciati. «Un giorno sono venuti a farci visita in redazione – ricorda il direttore – e con il loro entusiasmo hanno conquistato tutti. È nata così l’idea di realizzare quattro pagine di racconti e di interviste a chi nella vita ha lasciato un segno. Il nostro giornale racconta storie di persone che si sono messe in gioco e che hanno fatto la differenza in diversi ambiti, che sono impegnate nella lotta e nella ricostruzione»

Giancarlo, cosa ha voluto dire Clementina con ‘Fateli vivere’?

«Accompagnare adolescenti e giovani adulti, con esperienze di patologie importanti alla riscoperta della propria identità, oltre la malattia, costruendo insieme percorsi di reinserimento nella vita sociale e professionale. Sono ragazzi dai 15 ai 30 anni, che vivono il qui e ora, perché il futuro per loro è un’incognita troppo grande. Hanno bisogno di fare e di viverci dentro. Fanno formazione e lavorano, hanno contratti con aziende importanti, nei luoghi di lavoro portano l’esperienza che vivono dentro la Fondazione. Non possiamo curarli ma possiamo farli vivere giorno dopo giorno dentro la vita che coincide anche con la realizzazione della loro persona dentro il lavoro. Alcuni di loro non hanno tempo e non possono perdersi dentro un bicchiere d’acqua»

Chi sono i B-Liver

I B-Liver sono circa un centinaio, tra i 15 e i 30 anni. Affrontano percorsi di cura difficoltosi che impongono momenti di isolamento ospedaliero o domiciliare, riducendo le occasioni di inserimento sociale e professionale in un momento delicato per la costruzione della personalità̀. Chi è in cura al Niguarda, chi al Policlinico, allo IEO, all’Humanitas o al San Raffaele per vincere il cancro, per convivere con l’Hiv, inseparabile compagna di viaggio dalla nascita, o ancora per guarire dall’anoressia. Tra loro ci sono anche giovani con la fibrosi cistica o con altre malattie rare, costretti a lottare in mille modi: nelle corsie degli ospedali, nella quotidianità, a casa e a scuola. L’obiettivo comune, però, è solo uno: vincere la sfida della vita!

Eleonora, 17 anni: Perché non io?

Questa è la risposta di Eleonora, malata di tumore dall’età di 14 anni, alla madre Vittoria, da poco rimasta vedova. Un pomeriggio, nella cucina della loro casa, Vittoria, colta da smarrimento, dice a Eleonora: «Guarda se questa cosa doveva capitare proprio a te. Speriamo che quello là in alto guardi giù».  «Mamma, la domanda è diversa, perché non a me? Mettiti il cuore in pace se chiama me c’è un perché!». Giancarlo mi parla io cerco di ascoltare senza che il cuore si frantumi. «Sul letto di morte sono andato con una delle nostre volontarie -racconta Giancarlo- pensavamo che Eleonora non fosse presente, fosse già nel suo lento passaggio oltre le nuvole, però le abbiamo comunque raccontato di quello che sarebbe uscito sul nuovo numero della rivista, senza tralasciare le difficoltà. Ad un certo punto, Ele, mi fa una carezza sul dorso della mano, come per dirmi: avanti, coraggio non demordete».

Francesca, 22 anni: sorride al suo bimbo

Anni di sofferenza a causa dell’anoressia, anni di ricoveri al Niguarda. Francesca arriva a Il Bullone vivendo alla giornata, dentro il suo dolore e il suo continuo rifiuto al cibo. «Poi passa il tempo e qualcosa cambia -chiosa Giancarlo – si innamora della vita, di quella speranza, della fiammella che cerchiamo di accendere per andare avanti con la vita. Succede che Francesca ad un certo punto viene assunta part time dalla Fondazione e riprendere in mano la sua vita. In quel momento si innamora, si sposa e diventa mamma. Che vittoria!».

Edoardo, 23 anni: esperienza che diventa metodo

Ha la fibrosi cistica, Edoardo. Fino a tre anni fa pensava solo alla morte, la sua vita girava intorno alla spaventosa idea che oltre i 40 anni la sua malattia non gli avrebbe concesso di vivere. «Grazie alla Fondazione Marzotto, che negli anni ha investito molto sulla ricerca, arriva, anche in Italia, un nuovo farmaco per la fibrosi cistica e improvvisamente la sua aspettativa di vita si allunga. Oggi Edo pensa solo alla vita e non più alla morte. L’esperienza de Il Bullone diventa metodo».

O.d.g. Emozioni e brividi

«Abbiamo appena concluso una riunione di redazione da brivido -mi racconta Giancarlo, ancora colmo di gratitudine – Sul tavolo di lavoro abbiamo posto alcune provocazioni. Una di queste è stata: ‘Siate affamati siate folli’, frase pronunciata da Steve Jobs, ma presa in prestito da Stewart Brand, autore americano. Quando parlo con i ragazzi attingo molto dalle esperienze e dalle persone che incontro. Un mio idolo è don Paolo Alliata, il parroco della Chiesa di Santa Maria Incoronata, in Corso Garibaldi a Milano. Un giovedì al mese, Don Alliata, tiene degli incontri che raccolgono a lui centinaia di persone. Si ispira alla letteratura, legge romanzi e parla di amore, l’amore che compie i miracoli. Io amo la letteratura e quando mi devo preparare alla riunione di redazione passo volentieri dalle librerie e mi faccio ispirare».

La strada non andava in nessun posto

In questa fiaba moderna scritta da Gianni Rodari (1920-1980) la morale tradizionale viene ribaltata e la trasgressione del giovane Martino che, solo, ha il coraggio di percorrere una strada nuova, non viene punita ma ricompensata. «Ho posto sul tavolo questa frase: l’avventura di percorrere una strada che non ti porta in nessun posto, cosa vuol dire? Che esplori e vai incontro a chi vuoi senza sapere a chi. Rodari narra di tre possibilità. La prima ha una strada che ti porta al mare, la seconda ti porta in una città e la terza in nessun posto. Ecco, davanti a queste opzioni tutti noi siamo attratti dalla terza. Bisogna trovare il coraggio e la determinazione per intraprendere qualcosa che mai nessuno ha fatto prima di noi. Si scegli la terza, perché è quella che devi percorrere per trovare sé stessi. Rodari narrava: certi tesori esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova».

Le parole di salvezza

Il compito dei ragazzi per il numero di ottobre è trovare le parole di salvezza. Parole che ti ha detto una persona nel momento più critico della vita e che ti hanno salvato, che non ti hanno fatto precipitare. «Ti racconto una storia – mi dice Giancarlo – Otto anni fa andai per la prima volta ad una tipografia a Monza, dove ancora oggi stampiamo la rivista, per cercare di strappare un buon prezzo e riuscire così a far partire questa esperienza. È bastata una parola del tipografo. Quella parola oggi continua a salvarci. Regalo».

CICATR/CI

Da un progetto sviluppato insieme al +LAB, l’innovativo laboratorio del Politecnico di Milano, nasce CICATR/CI: una mostra itinerante e incrementale, esposta per la prima volta alla Triennale di Milano nel 2018, che oggi è anche un percorso di sensibilizzazione e una delle attività di team building che proponiamo ad aziende e realtà professionali. La mostra ha girato tutta Europa. La mostra nasce dall’incontro tra una designer e i ragazzi.

Come nasce CICATR/CI

Dopo una riunione di redazione al Politecnico di Milano, i ragazzi hanno chiesto a una docente se fosse possibile stampare in 3D le loro cicatrici. Lasciate sui loro corpi, dai tumori, dagli interventi e dall’aids. Così nasce questa mostra che lascia senza fiato. La Venere di Milo e il David di Michelangelo, due icone della bellezza classica, hanno prestato le loro fattezze perché diventassero sfondo per narrazioni umane. Un esercito di piccole statue colorate, trasformate, scalfite, decorate, trafitte, ornate da dettagli e racconti tanto personali quanto universali. Un gesto di coraggio collettivo in cui ognuno può disegnare o scrivere su uno dei bozzetti di CICATR/CI e consegnarlo al Bullone perché diventi un’opera collettiva infinita. Anche questo è l’esempio perfetto che le cose nascono dall’esperienza. Questo si chiama: metodo Il Bullone»

Giancarlo qual è la tua parola di salvezza?

«Con i ragazzi imparo ogni giorno, se avessi avuto questa coscienza quando lavoravo al Corriere della Sera, avrei costruito le pagine in modo diverso. Ho due parole di salvezza. La prima è il monito della mia mamma: fai andare la testa. Dopo questi anni con i ragazzi la mia parola di salvezza è: trova un senso. A 71 anni l’ho trovato. Il Bullone mi ha fatto svegliare e mi ha fatto trovare un senso».

Riunione di redazione itinerante

Una cosa bella che ho capito, dopo la preziosa chiacchierata con Giancarlo Perego, è che questa concentrato di vita, amore, dolore, paura e speranza non può rimanere chiuso in quattro mura. Questa esperienza incredibile deve vagabondare, deve entrare nei luoghi ed essere conosciuta. «Le nostre riunioni sono una umanità che cammina, per questo molto spesso, sono fatte all’interno delle aziende, degli ospedali, delle associazioni e anche dentro le carceri».

Le parole del cuore

Una volta il motto dei giovani di B.Live Onlus era: essere, credere, vivere. Oggi è: pensare, fare e far pensare. Il futuro non esiste, esiste solo l’oggi. Far pensare vuol dire affermare: Io non sono la malattia, io ho una malattia. Io non sono il tumore, io sono Giovanni».

Bullone in pillole

Un giornale, un sito e i canali social i cui contenuti sono realizzati insieme a studenti, volontari e professionisti per pensare e far pensare.

  • Bullone è azione: esperienze con i B.Liver, progetti di sensibilizzazione, lavoro in partnership con aziende.
  • un’Accademy: organizza per i B.Liver attività, interviste e incontri, formazione e laboratori, approfondimenti e svago.
  • sensibilizzare: attraverso visionari progetti artistici, viaggi temerari, storytelling, esperienze e incontri che uniscono realtà diverse in percorsi originali.
  • un rifugio dove l’essere umano è al centro, dove i giovani sono i motori di pensieri che sollevano l’anima.
  • La Fondazione collabora con gli ospedali di Milano e provincia.

Partnership tra profit e non profit

Poter lavorare per loro significa sviluppare passioni e competenze, godere di occasioni di incontro e confronto, fare un percorso di crescita personale e professionale. Per i nostri clienti, sceglierci significa poter contare su un approccio professionale unito alla profondità di sguardo di chi ha vissuto esperienze fuori dall’ordinario, in una logica ad alto impatto sociale, capace di generare cambiamenti positivi per la comunità. I ragazzi con passione imparano a lavorare per veri e propri clienti: che si tratti di collezioni di gioielli, borse, bio-cosmesi, fino a servizi di comunicazione e formazione. Inoltre, sviluppano progetti di team building e progetti editoriali multimediali. I B.Liver, per mano a professionisti, raccontano storie generative di fragilità e bellezza a servizio di aziende e realtà professionali. Testimoniano che la malattia è un punto di partenza per mettersi in gioco e andare oltre.

Riconosciuti giornalisti ad honorem

Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, in questi anni ha nominato circa un centinaio di ragazzi del Bullone giornalisti pubblicisti ad honorem, consegnando loro l’ambito tesserino. Un traguardo che li gratifica e certifica il grande lavoro fatto.

La riflessione del Bello che c’è!

Questa domenica hanno detto tutto le parole di Giancarlo. la sua emozione e la mia. Posso solo lasciarvi il monito che è emerso in queste righe: Non perderti, trova il senso!

Giancarlo la mia parola di salvezza è: Grazie!

moiraperruso
moiraperruso
Giornalista professionista da oltre 30 anni. Nasco come fotoreporter di cronaca. Un lavoro che mi ha permesso di mettere in fila, su una linea orizzontale immaginifica, occhio, testa e cuore, nel preciso momento dello scatto. Ho potuto vedere luoghi e avere dentro il mirino della mia Nikon volti e storie che mai potrò dimenticare. Solo più tardi all'immagine si è affiancata la scrittura. E' arrivata una notte, dopo il crollo di una palazzina a Milano. Il mancato arrivo del giornalista di una testata importante, che accompagnavo con le mie foto, mi ha reso improvvisamente protagonista. "Moira oltre la foto fai anche l'articolo?" Mi chiese il caporedattore di turno. "Ma cosa faccio? Non ho mai scritto?" E lui mi disse una cosa che illuminò la notte buia: "Scrivi quello che vedi". E così fu. Il mio battesimo arrivò davanti ad una palazzina crollata che si era portata via, sogni, progetti e pezzi di vita di numerose famiglie. Da quel giorno scrivo, racconto e rappresento la verità. Il mio motto è il primo dei dieci comandamenti della stampa di Piero Ottone: " Scrivi sempre la verità, tutta la verità, solo la verità"
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