È un’impronta nel mondo quella che aveva deciso di lasciare Andrea Miotti dopo la laurea in scienze naturali e invece di cercare lavoro nell’ambito dei suoi studi, ha preferito dedicarsi al mondo del terzo settore presso l’organizzazione sociale Don Calabria. Ed è proprio la passione per i temi della disabilità e del disagio sociale che lo hanno portato a fondare nel 1999 l’associazione L’Impronta.
25 anni dopo quella decisione
A oltre vent’anni di distanza “L’Impronta” è impegnata sui temi socio-sanitari, a sostegno delle persone e della famiglie con fragilità e in quelli dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. I settori lavorativi in cui si muovono sono l’agricoltura, la produzione di alimenti, il comparto caffetteria, la ristorazione e il catering. Inoltre, si occupano di tecnologia inclusiva grazie al lavoro di “inTEC”, in grado di coinvolgere disabili e giovani con problemi medico fisici.
L’incontro che fa nascere una storia
«La mia esperienza con le persone con disabilità nasce nel periodo delle scuole superiori. Andavo a scuola in bicicletta e ogni giorno incrociavo un ragazzo in carrozzina che aspettava il pullmino per andare a fare riabilitazione. Lo ricordavo alle scuole elementari ma poi lo avevo perso di vista. A 17 anni decisi di avvicinarlo per conoscerlo meglio, ero curioso e attratto dalla possibilità di essere utile e di proporgli di uscire insieme ai miei amici. In realtà, però, ero timoroso e mi bloccavo. Poi un giorno il prete del nostro oratorio (San Barnaba a Gratosoglio, Milano ndr), mi chiese di accompagnarlo a casa e quella fu l’occasione per conoscere Davide. Non parlava, diceva solo sì e no con dei movimenti chiari e decisi. Dietro al mutismo di Davide, in realtà, c’era un mondo», racconta Andrea.
Amicizia basata sui sì e no
Andrea continua: «Questi due avverbi mi hanno permesso di entrare nel mondo di Davide e della sua disabilità. Con il tempo ho scoperto che nella diversità eravamo simili, con gli stessi desideri, passioni e voglia di fare esperienze. Occuparmi di Davide, sintonizzarmi con i suoi bisogni e aiutarlo materialmente a fare esperienza di vita mi riempiva di gioia, ci faceva stare bene. Dentro questa amicizia sono riuscito a svoltare la sua vita ma anche la mia».
Allargare la maglia della socialità
Ad un certo punto Andrea decide che era giusto chiedere il coinvolgimento degli amici per allargare questa opportunità anche fuori dalla realtà parrocchiale. «In modo spontaneo nasce un gruppo che inizia a darsi da fare per realizzare questa idea di compagnia e di aiuto. Non nascondo che, dando vita a qualcosa che poteva diventare un lavoro, avevo paura di perdere quello stupore che mi dava la vita da volontario, tuttavia così nasce l’Impronta».
Abbandonarsi al fuoco interiore

Nel ’91, a soli 18 anni, Andrea dà vita al gruppo l’Impronta e nel ’99 nasce l’associazione. L’esperienza dell’amicizia con Davide è stata estremamente formativa e ha sviluppato il desiderio di creare qualcosa per gli altri. Davide oggi non c’è più, ma fino al 2012 è stato sempre presente ed ha aiutato l’Impronta a crescere.
Un valore aggiunto impiegare le persone con disabilità
«La conoscenza delle persone con disabilità ha cambiato radicalmente la mia vita- sottolinea Andrea- Inserire le persone fragili e con disabilità all’interno del mondo lavorativo apporta una maggiore coesione all’interno del gruppo. Non tutti sono disponibili a lavorare con loro ma chi li sceglie sa di dover contribuire a valorizzare le loro capacità che, evidentemente, sono ridotte ma è una grandissima sfida e chi l’accetta è felice. L’Impronta quando inserisce le persone con disabilità nei luoghi di lavoro crea dei percorsi informativi per sensibilizzare le aziende».
I numeri di questa avventura

A Milano le attività del Gruppo l’Impronta sono concentrate nella zona Sud della città: San Gottardo, Stadera, Boifava, Gratosoglio, Ripamonti. Il comparto socio educativo ha 200 lavoratori (educatori che seguono le persone fragili nelle varie attività), 40 volontari che seguono 700 persone e famiglie sul territorio. L’attività di inserimento lavorativo oggi ha 150 lavoratori di cui 110 con disabilità e 40 non disabili.
La sfida ancora da affrontare
«Sono tante, in realtà, ma in questo momento ne evidenzio tre -precisa Andrea- La prima ampliare il centro polifunzionale Ri.Abi.La, che risponde a differenti bisogni sociali. Qui vorremmo sviluppare i due temi centrali del bisogno dei disabili: casa e lavoro. La seconda realizzare un ostello per giovani turisti e dare lavoro alle persone fragili grazie ai nostri servizi di ristorazione e bar, aggiungendo anche una palestra e sale riunioni. Una sorta di meticciamento, organizzato e strutturato, di incontro ed inclusione. La terza sfida è avere un piccolo ruolo nelle olimpiadi 2026, un cameo con la nostra offerta di servizio catering».
Agrivis l’attività agricola

Agrivis è la cooperativa sociale di agricoltura biologica per inserire persone fragili al lavoro. «Un altro progetto è l’ampliamento della nostra attività agricola per coltivare erbe officinali così da poter fare tisane -dichiara Andrea- Infine, abbiamo una grande ambizione: entrare con i nostri servizi di ristorazione nelle aziende così come è accaduto con il nuovo progetto: Bum -Buoni un mondo all’interno della Universal Music Italia».
BUM – Buoni Un Mondo

All’interno dei nuovi uffici di Universal Music Italia, in via Nervesa 21 a Milano, è stato aperto BUM – Buoni Un Mondo, uno spazio bar/ristorante, dedicato ai dipendenti, nato grazie a un progetto innovativo della ristorazione aziendale in collaborazione con una realtà milanese del Terzo Settore. BUM Universal, gestito direttamente dal Gruppo l’Impronta, dà la possibilità concreta di inserire nel mondo del lavoro due giovani con disabilità in un piccolo gruppo, coordinato da un professionista della ristorazione. Negli anni il Gruppo L’Impronta ha creato a Milano una vera e propria filiera alimentare etica e di prossimità che va dall’agricoltura sociale alla panificazione e dalla pasticceria fino alla ristorazione con l’obiettivo di inserire al lavoro persone con fragilità.
In questa avventura qual è il bello che c’è?

Il bello ha due facce per me: poter incontrare ogni giorno le stesse persone e ogni giorno incontrarne di nuove. Il bello è anche lo stimolo, il desiderio e la voglia di relazionarmi con tutti. Il bello che c’è nelle nostre attività è farle, spostando sempre più in là i limiti e progettare cose nuove. Vado al lavoro sapendo che posso non avere limiti e questo mi dà un senso di libertà pazzesco.
La riflessione
In questa intervista ho parlato solo con Andrea Miotti ma la sua premessa era stata chiara e incisiva: siamo un collettivo quindi amo parlare al plurale. Un incipit che non fa una piega dopo questa lunga intervista dove inclusione, volontariato e partecipazione sono state le parole protagoniste. A tratti mi è sembrato di dialogare con quell’adolescente al primo incontro con Davide, perché lo stupore, la curiosità e l’entusiasmo non lo hanno ancora abbandonato. Andrea ha vinto la sua battaglia, il volontariato trasformato in lavoro non ha trasformato i sogni di quel ragazzo.
Grazie Andrea!