domenica, Febbraio 16, 2025
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Il bello che c’è! Il Kilimangiaro e la gioia di Luigi

Si è conclusa la spedizione sul Kilimangiaro di Luigi Degli Occhi, il quattordicenne milanese portatore del disturbo dello spettro autistico a basso funzionamento, accompagnato da Massimo Magnocavallo, presidente dell’associazione I Supersportivi e dal fotografo Alberto Locatelli

La vetta del Kilimangiaro non è stata raggiunta, ma non ha nessuna importanza, era solo un pretesto per dimostrare a Luigi, alle istituzioni e all’opinione pubblica che nulla è impossibile. Nemmeno quando si parla di disturbo dello spettro autistico: «Abbiamo dimostrato al mondo intero cosa può fare Luigi», parola di Massimo Magnocavallo

Giant Guardian

Un “gigante”, questo è Massimo Magnocavallo per Luigi Degli Occhi. Il ‘Giant Guardian’ è il maestoso guardiano buono, posto davanti all’ingresso delle pagode a protezione del Buddha. Immenso e composto è Massimo quando parla di Luigi e delle sue potenzialità, ora che sono davvero in piena espressione. Orgoglioso e con il cuore gonfio di speranza per il futuro di Luigi e di tanti che vivono la stessa condizione.

Missione compiuta, obiettivi raggiunti

Massimo Magnocavallo, il presidente de ‘I Supersportivi’, che utilizza lo sport metodologico come strumento abilitativo, alla conclusione del Progetto Kibo che ha intrapreso insieme a Luigi Degli Occhi e al fotografo Alberto Locatelli, si dichiara emozionato e felice per il successo della spedizione sul Kilimangiaro. Si sente orgolioso, dice: «Missione compiuta! Obiettivi raggiunti! Grazie a Locatelli presto faremo una mostra fotografica, così tutti potranno vedere la bellezza di Luigi in questo viaggio». Il progetto Kibo in Tanzania è stato preceduto da oltre due anni di allenamenti con Luigi sulle montagne, a partire da quelle lecchesi, Monte Cevedale, Punta Giordani e Petit Flambeau, 3.700 metri nel gruppo del Monte Bianco.

Il viaggio

La spedizione è partita lo scorso 12 gennaio con un viaggio organizzato dall’agenzia di Milano: Focus Himalaya Travel. «Fin dall’inizio del viaggio, Luigi, mi ha mostrato quello che speravo: in volo era tranquillo, aveva già fatto quel tipo di esperienza di volo per andare alle Maldive, e si è comportato bene -spiega Magnocavallo- Il comandante gli ha fatto anche vivere l’emozione di stare seduto in cabina di pilotaggio. Il primo giorno Luigi ha camminato sei ore nella foresta pluviale senza problemi, senza un lamento, anzi, mi spronava e mi diceva: Massimo seguimi! Già questo lo abbiamo considerato un fatto straordinario, perché Luigi solitamente non parla».

Il primo campo a 2700 metri

Luigi Degli Occhi

«Come rifugio avevamo delle casette di legno, comode e accoglienti, e lì abbiamo cenato e ballato con le guide locali. Luigi era curioso e divertito e non si è mai tirato dietro. Il secondo giorno abbiamo camminato per 8 ore. Luigi aveva una energia incredibile, sembrava un alpinista professionista. Anche le guide erano esterrefatte. Senza lamentarsi, concentrato sulle sue capacità, ha capito che poteva andare oltre e così ha fatto», continua Magnocavallo

Motivatore del gruppo

«La forma fisica di Luigi, la sua forza ha motivato molto anche noi, soprattutto Alberto, il nostro fotografo, perché, se non ci fosse stato Luigi, non sarebbe mai salito così in alto -continua- loro due hanno raggiunto il campo 4 a 4720 metri. Io mi sono dovuto fermare prima, faceva molto caldo, la mancanza di ossigeno si faceva sentire e ho avuto un principio di edema polmonare e lì ho capito che la mia situazione si stava aggravando. Dovevo scendere, in fretta».

La cima era un simbolo non un obiettivoLuigi degli Occhi è tornato dalla spedizione sul Kilimangiaro. Ha battuto l'autismo

«Luigi e Alberto hanno proseguito la salita con le guide locali, mentre scendevo però vedevo che il suo viso diventava sempre più triste eppure è salito senza la mia presenza al suo fianco. Un fatto che ha dell’incredibile. La sua forza di volontà, la sua tenacia l’avrebbero portato in cima. Una volta arrivati alla meta, però, ha deciso di tornare da me, anche perché Luigi era sotto la mia responsabilità. Una volta giunto in ospedale mi hanno fatto un check up e quando i parametri si sono normalizzati, mi sono ricongiunto con Luigi».

Vivere l’avventura

«Luigi ha compiuto in tutto 25mila passi ed è il primo ragazzo con autismo a basso funzionamento ad essere arrivato a 4720 metri. Il nostro scopo era fargli vivere questa bellissima avventura e dimostrare all’opinione pubblica e alla sua stessa comunità, che Luigi può tutto, anzi, può anche di più. Luigi non ama sentirsi al centro della scena, ma ha dimostrato una capacità tecnica eccezionale, si è comportato da vero avventuriero. Per questa sua capacità e tenacia, questo ragazzo farà la storia. Quello che conta è avere accanto persone che credono nelle nostre capacità. Luigi si è sentito guardato dentro, valorizzato, gli abbiamo dato fiducia e questa cosa lui l’ha percepita come un’opportunità che non poteva sprecare. Luigi ha dimostrato che l’autismo è andare oltre, è diventato un modello virtuoso».

L’obiettivo di Massimo per il futuro dei ragazzi

«Stiamo cercando di aprire un centro sportivo medico a Milano dove si possa fare diagnosi e terapia a questi ragazzi. La classe medica e universitaria mi sta aiutato, ho già realizzato un resoconto anche grazie all’aiuto e sostegno del Prof. Silvio Garattini. Lo sport è uno strumento di abilitazione straordinario per tutti ed in particolar modo per chi ha fragilità motoria o ritardi cognitivi nella sfera di sindromi rare quali biparesi e tetraparesi spastica, sindrome di Turner, sindrome di Angelman, sindrome di Williams e sindrome neurobiologica dello spettro autistico di cui ci siamo occupati negli ultimi 8 anni. Anche patologie rarissime quali la PSP (paralisi nucleare progressiva) e deiezione cromosomica di tipo 1, sono state affrontate utilizzando questa metodologia».

Una metodologia di insegnamento

L’esperienza maturata negli anni da Massimo Magnocavallo, 63 anni, Istruttore Federale dal 2009 della disciplina Olimpica Triathlon, Facilitatore Sportivo, alpinista e con un passato da calciatore dilettante, ha fatto sì che si arrivasse alla stesura di una vera e propria metodologia di insegnamento. Quella che lo stesso Magnocavallo semplicemente chiama Metodologia SSA, sigla che deriva da Sport come Strumento Abilitativo. «Lo sport è maestro di vita, l’ho sperimentato su me stesso fin da bambino. Insegna a rispettare le regole, a mettere alla prova le nostre capacità, ci stimola a credere in noi stessi, a impegnarci per raggiungere degli obiettivi, a stare con gli altri, degli obiettivi, a stare con gli altri, a confrontarci con loro in modo civile e rispettoso».

Il Bello che c’è per Massimo

«L’esperienza fatta con Luigi, la sua lietezza nell’affrontare la salita, l’entusiasmo che non faceva sentire la fatica sono, per me, il bello che c’è. Sarebbe tutto ancora più bello se anche le istituzioni e l’opinione pubblica si occupassero di queste vittorie. Prima della partenza eravamo su tutti i giornali, ora che siamo tornati solo un paio di giornalisti hanno voluto sapere del viaggio. Luigi non fa più notizia? Questo non va bene, perché Luigi merita un premio e questo riconoscimento deve essere dato da una istituzione, altrimenti non c’è un reale lavoro di squadra».

La riflessione

Il nostro giornale aveva raccontato del Progetto Kibo, dell’emozione di questa spedizione sul Kilimangiaro, di Luigi e di Massimo. Ne abbiamo parlato perché è la missione del nostro fare giornalismo: dare voce per far conoscere, informare e incontrare fragilità che messe insieme ad altre diventano risorse. Il lavoro che Massimo Magnocavallo fa con questi ragazzi è potente, sfiora il miracolo per questo dobbiamo chiedere con lui che Luigi possa essere premiato. È giusto! È doveroso!

Grazie Luigi

Grazie Massimo

Grazie Alberto

 

 

 

 

moiraperruso
moiraperruso
Giornalista professionista da oltre 30 anni. Nasco come fotoreporter di cronaca. Un lavoro che mi ha permesso di mettere in fila, su una linea orizzontale immaginifica, occhio, testa e cuore, nel preciso momento dello scatto. Ho potuto vedere luoghi e avere dentro il mirino della mia Nikon volti e storie che mai potrò dimenticare. Solo più tardi all'immagine si è affiancata la scrittura. E' arrivata una notte, dopo il crollo di una palazzina a Milano. Il mancato arrivo del giornalista di una testata importante, che accompagnavo con le mie foto, mi ha reso improvvisamente protagonista. "Moira oltre la foto fai anche l'articolo?" Mi chiese il caporedattore di turno. "Ma cosa faccio? Non ho mai scritto?" E lui mi disse una cosa che illuminò la notte buia: "Scrivi quello che vedi". E così fu. Il mio battesimo arrivò davanti ad una palazzina crollata che si era portata via, sogni, progetti e pezzi di vita di numerose famiglie. Da quel giorno scrivo, racconto e rappresento la verità. Il mio motto è il primo dei dieci comandamenti della stampa di Piero Ottone: " Scrivi sempre la verità, tutta la verità, solo la verità"
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