lunedì, Gennaio 13, 2025
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Il Bello che c’è: diritto alla disconnessione

Il Bello che c'è oggi ci fa riflettere sul diritto di prendersi cura dell'anima, staccare la spina dal lavoro e occuparsi di ciò che ci fa stare bene

Oggi nella rubrica il ‘Bello che c’è’, voglio parlarvi di cos’è il diritto alla disconnessione. Diritto in Italia non normato in modo chiaro ma che la sua tutela è un fondamento per tutti i lavoratori, per un migliore equilibrio tra la vita privata e la vita lavorativa. No all’iperconnessione! Fermiamoci un attimo, del resto è domenica!

Cos’è il diritto alla disconnessione

Il diritto di staccare la spina, di disconnettersi dall’attività lavorativa, di non essere reperibile attraverso mail o chat di lavoro e, soprattutto, di non essere rimproverati per questo. Essere sempre connessi è una caratteristica dei nostri tempi ma questo non è sempre positivo sulle vite dei lavoratori. L’introduzione dello smart working, comodo per la gestione della famiglia e dei tempi del lavoro, non aiuta a staccare davvero quella spina. Una mail ci raggiunge la domenica, quando siamo in vacanza e anche di notte. Il diritto alla disconnessione stabilisce dei confini precisi alle comunicazioni dopo l’orario di lavoro. Per diritto alla disconnessione s’intende la possibilità di garantire, per legge, ai lavoratori in smart working o lavoratori agili, di rendersi non reperibili a determinate fasce orarie.

Il diritto alla disconnessione a livello legale

La Francia, nel 2016, introduce l’obbligo, per le aziende con almeno 50 dipendenti, di regolamentare il tempo libero dei dipendenti assieme al divieto di inviare comunicazioni fuori dall’orario di lavoro. In Spagna, invece, è stato introdotto nel 2018 e ora altri Paesi, europei e no, stanno valutando di inserire il diritto alla disconnessione nel proprio ordinamento nazionale. La differenzia sostanziale è che in Francia la disconnessione è qualificata espressamente come un diritto.

In Italia la legge a che punto è?

In Italia il diritto alla disconnessione non è ancora dettagliato come in Francia. L’unico riferimento è attualmente presente nella legge 81/2017, la cosiddetta legge sullo smart working, che prevede espressamente che: «nel rispetto degli obiettivi concordati e delle relative modalità di esecuzione del lavoro autorizzate dal medico del lavoro, nonché delle eventuali fasce di reperibilità, il lavoratore ha diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche di lavoro senza che questo possa comportare, di per sé, effetti sulla prosecuzione del rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi».

Le conseguenze della connessione continua

Il costante collegamento e la conseguente mancanza di riposo ha una grave ricaduta sul lavoratore come: ansia, depressione, mal di testa, insonnia e il burnout. Una legge mirata serve a tutelare la salute mentale e il benessere dei lavoratori e, perché no, a non abbassare la produttività, migliorando di conseguenza le performance, oltre a relazionarsi serenamente con la squadra di lavoro.

Il parere dell’esperto

«Disconnettersi è molto importante per il benessere mentale e fisico di una persona -commenta Elisa Vianello, Psicologa- Psicoterapeuta umanistico Rogersiana, specializzata in EMDR II livello – . E’ necessario mettere in equilibrio la vita professionale e quella personale, perché questo ci aiuta, anche, a lavorare in modo preventivo per evitare di andare verso una situazione di burnout.

Non fa bene essere costantemente connessi, bisogna lavorare, invece, sulla riduzione dello stress perché rimanere sempre connessi implica innalzare il livello di stress oltre la soglia consentita. Affinché questo non accada, bisogna staccare la spina, caricarsi di energia buona e contenere l’aumento delle sintomatologie ansiose legate all’attività lavorativa. Disconnettersi permette di aumentare la produttività e di essere più concentrati e più lucidi una volta tornati sul luogo di lavoro. Non occupare testa e tempo con il lavoro ci permette, soprattutto, di coltivare la sfera personale, prenderci cura delle persone care, come amici e famiglia. Bisogna imparare a nutrire l’anima ed è possibile grazie all’affetto e all’amore che circonda le nostre vite. Nulla di tutto questo può essere sottovalutato».

La riflessione

Il Bello che c’è, con questo approfondimento, rimarca l’importanza del prendersi del tempo da dedicare alla nostra persona e alle relazioni che rendono più vera e più bella la nostra vita. Un tempo prezioso, perché è un tempo che cura e l’essere iperconnessi non ci permette di accarezzare la nostra anima. Fermiamoci un attimo, guardiamo chi ci sta accanto, sorridiamoci allo specchio, leggiamo un bel libro o guardiamo le nuvole correre nel cielo e per qualche ora lasciamoci il mondo alle spalle, va avanti anche senza di noi.

 

 

 

moiraperruso
moiraperruso
Giornalista professionista da oltre 30 anni. Nasco come fotoreporter di cronaca. Un lavoro che mi ha permesso di mettere in fila, su una linea orizzontale immaginifica, occhio, testa e cuore, nel preciso momento dello scatto. Ho potuto vedere luoghi e avere dentro il mirino della mia Nikon volti e storie che mai potrò dimenticare. Solo più tardi all'immagine si è affiancata la scrittura. E' arrivata una notte, dopo il crollo di una palazzina a Milano. Il mancato arrivo del giornalista di una testata importante, che accompagnavo con le mie foto, mi ha reso improvvisamente protagonista. "Moira oltre la foto fai anche l'articolo?" Mi chiese il caporedattore di turno. "Ma cosa faccio? Non ho mai scritto?" E lui mi disse una cosa che illuminò la notte buia: "Scrivi quello che vedi". E così fu. Il mio battesimo arrivò davanti ad una palazzina crollata che si era portata via, sogni, progetti e pezzi di vita di numerose famiglie. Da quel giorno scrivo, racconto e rappresento la verità. Il mio motto è il primo dei dieci comandamenti della stampa di Piero Ottone: " Scrivi sempre la verità, tutta la verità, solo la verità"
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