
Quante volte ti sei sentita frustrata per essere stata etichettata da qualcuno? Magari da una persona importante per te, che in quel momento ha provato a raccontarti chi sei, attraverso uno sguardo limitato, basato su un singolo comportamento.
Etichette: quando ti definiscono senza conoscerti
Parole come “sei antipatica”, “sei cattiva”, “sei insopportabile”. E chissà quante altre potremmo elencarne insieme. Senza nemmeno accorgertene, quelle parole hanno attivato dentro di te emozioni profonde, riaccendendo una cicatrice neurale: quella sensazione che riaffiora ogni volta che vieni giudicata per ciò che “sei”, invece che per ciò che “hai fatto”.
Ribalta la prospettiva: lo hai mai fatto anche tu?
Ho iniziato con questo esempio per farti immedesimare nella parte offesa. Ora però ti chiedo di cambiare punto di vista. Ti è mai capitato, in un momento di rabbia o stanchezza, di dire a qualcuno: “Sei proprio pesante!”, “Non capisci niente!”, “Sei un ingrato!”. Senza volerlo, anche tu hai usato il verbo essere per definire qualcuno. Ma cosa avrà percepito quella persona? Quale ferita, magari invisibile, avrà riattivato in lei?
Identità e comportamento: due piani diversi
L’identità riguarda chi siamo, mentre il comportamento è ciò che facciamo in un momento specifico, condizionato da moltissimi fattori, quali ad esempio: lo stato emozionale e fisico, l’ambiente in cui ci troviamo, la percezione soggettiva della realtà, convinzioni e credenze che ci influenzano e molti altri ancora. Mescolare questi due livelli può generare incomprensioni, ferite, senso di inadeguatezza. Etichettare una persona significa bloccare un potenziale di cambiamento. Significa non lasciare spazio all’evoluzione. E a volte, pur senza rendercene conto, può diventare una forma di manipolazione o disconnessione.
Allenati a usare il linguaggio con più consapevolezza
Pensa a questi esempi: una persona non è diabetica. Ha il diabete. Ancora: Tuo/a figlio/a non è un asino se non ha studiato per un’interrogazione. Ha avuto un comportamento non preparato e ne va compreso il contesto. Hai mai sentito parlare dell’effetto Pigmalione? È il fenomeno per cui le persone tendono ad agire in linea con le aspettative che gli altri nutrono su di loro. Se qualcuno ti ripete che “sei sbagliata”, inizierai forse a crederci. E ad agire di conseguenza. Il mio consiglio è: prova a sostituire il verbo essere con il verbo fare, soprattutto quando vuoi dare un feedback. Aiuta a creare spazio, possibilità e dialogo. “Hai agito con leggerezza oggi” è diverso da “Sei sempre superficiale”; “Ti sei comportata in modo egoista” lascia aperta la porta al cambiamento. “Sei egoista”, la chiude. Scegli dunque parole che permettano all’altro di vedere il comportamento, non una sentenza sulla sua identità. Ricorda: Le parole creano la realtà. Allenati ogni giorno a distinguere tra chi sei e ciò che fai. Inoltre fai lo stesso con chi ti sta accanto. L’identità va custodita, non giudicata. Il comportamento può essere osservato e trasformato. Etichettare è facile. Comprendere richiede presenza. Proprio nella presenza, nasce la connessione.
A cura di Nadia Procopio, Global Strategy R&D Executive & FemTech Ambassador @PQE Group /Founder & Life Coach@Sheshinex