lunedì, Gennaio 13, 2025
HomeSocialeAssociazioniFine vita: Paola Gobbi, dirigente infermiere «Necessario sostegno psicologico per personale sanitario»

Fine vita: Paola Gobbi, dirigente infermiere «Necessario sostegno psicologico per personale sanitario»

La testimonianza di una infermiera in merito alla gestione del malato terminale: «Serve aiuto psicologico, principio di autonomia e testamento biologico»

Accompagnare un paziente nel fine vita è un momento molto toccante anche per chi da medico o infermiere lo affronta quotidianamente. Ne parliamo con Paola Gobbi, dirigente infermiere ed esperta di etica (nella foto).

Il fine vita è un momento doloroso, come viene vissuto da un sanitario, medico o infermiere?

«Il professionista sanitario ha formazione, abilità tecniche ed un codice deontologico di riferimento che lo porta a mettere in atto tutto ciò che rientra nella propria competenza per apportare il maggior beneficio, in termini di salute, al proprio assistito. Fino ad alcuni decenni fa, questo corrispondeva alla guarigione, perché medici ed infermieri erano chiamati prevalentemente ad assistere persone con problemi di salute di tipo acuto. Con i progressi della medicina, l’utilizzo di farmaci, tecnologie e pratiche sempre più sofisticate questa presa in carico si è modificata: una parte delle persone assistite arriva a completa guarigione; la maggior parte di esse raggiunge un equilibrio di vita qualitativamente soddisfacente, convivendo con le proprie patologie croniche e l’invecchiamento; la restante viene accompagnata dai professionisti sanitari a vivere dignitosamente la parte terminale della propria vita».

In riferimento a questo momento, come è cambiato il rapporto con il paziente negli anni?

«Insieme alla persona assistita i curanti pianificano le cure, anche nel lungo periodo, bilanciando gli interventi che apportano un miglioramento nella durata della vita con quelli che garantiscono una qualità della stessa, anche sulla base del sistema dei valori etici a cui la persona si riferisce, e nel rispetto dei dettami dei codici deontologici delle professioni sanitarie».

Cosa dice la legge italiana in merito al fine vita?

«A questo riguardo vorrei citare la Legge 219/2017, art. 3: “Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o  di imminenza di morte, il medico  deve  astenersi  da  ogni  ostinazione irragionevole nella somministrazione  delle  cure  e  dal  ricorso  a trattamenti inutili  o  sproporzionati.  In  presenza  di  sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico  può  ricorrere  alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”. Anche il codice deontologico dell’infermiere 2019 art. 25 è molto chiaro: “L’Infermiere tutela la volontà della persona assistita di porre dei limiti agli interventi che ritiene non siano proporzionati alla sua condizione clinica o coerenti con la concezione di qualità della vita, espressa anche in forma anticipata dalla persona stessa”.

In alcuni paesi europei, come la Francia, chi assiste i pazienti nel fine vita è affiancato da equipe di psicologi per reggere l’impatto emotivo ed evitare forme di frustrazione, burnout e magari l’abbandono della professione. In Italia questo esiste?

«Nel nostro Paese sono già molti i contesti sanitari in cui gli operatori sanitari possono richiedere l’aiuto di professionisti esperti in queste situazioni. Penso alle oncologie, agli hospice e cure palliative, ai servizi della salute mentale. Nel periodo del Covid questo aiuto professionale è stato esteso a molti colleghi di altri setting, quali le terapie intensive e le RSA».

Un cambio di passo importante per la salute psicofisica del personale sanitario…

«Bisogna lavorare su questo tema su due fronti: da una parte  affinché i professionisti sanitari riconoscano di avere un disagio a seguito della loro attività professionale e chiedano aiuto prima di arrivare a gesti estremi o all’abbandono della professione; dall’altra affinché in tutte le Aziende sia possibile ricorrere con facilità e in tempi rapidi a contattare uno psicologo. E’ quanto chiedono anche studenti, genitori e docenti nelle scuole, per la prevenzione del disagio psichico negli adolescenti. È auspicabile che tutta una serie di figure professionali siano implementate sul territorio, compresi i setting sopra citati, tra cui lo psicologo di base all’interno delle Case della Comunità».

Da un punto di vista etico qual è la sua visione?
Lei cosa proporrebbe?

«La mia visione su questi temi è fortemente orientata al rispetto del principio di autonomia, che in sanità si traduce con la massima tutela, da parte di tutti noi professionisti sanitari, all’autodeterminazione della persona assistita:

  • corretta informazione – tempestiva, accurata, completa e adeguata alle capacità di comprensione della persona
  • ottenimento del consenso alle prestazioni, che non deve tradursi in una mera formalità tipo “firma questo modulo”
  • pianificazione, condivisa con tutta l’equipe, delle cure e dell’assistenza in casi di patologie croniche o terminali
  • supporto alla persona e ai suoi familiari perché questi diritti siano sempre rispettati
  • stop all’accanimento terapeutico e al conseguente abbandono della persona quando i vari trattamenti non producono risultati in termini di guarigione
  • promozione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT o testamento biologico), ad oggi compilate e depositate solo dallo 0.5% della popolazione maggiorenne in Italia.

C’è poi tutto il capitolo relativo alle decisioni di fine vita, in base alla sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019, che consente alla persona – in presenza di ben definite condizioni – di poter richiedere un aiuto sanitario per morire.  È un tema molto divisivo nella nostra società e che mi vede fortemente impegnata nella diffusione di queste informazioni accanto all’Associazione Luca Coscioni».

I numeri dell’associazione Luca Coscioni

L‘Associazione Luca Coscioni ha fatto sapere di aver ricevuto 13.977 richieste di informazioni al numero bianco sui diritti del fine vita (06-99313409) e tramite e-mail nell’ultimo anno. Una media di 38 richieste al giorno, ovvero un aumento del 23,8% in confronto ai 12 mesi precedenti. Secondo i dati Eurispes invece nel 2023 il 67,9% degli italiani si è detto favorevole all’eutanasia, mentre nel 2022 era il 74,9%. Per il testamento biologico le persone favorevoli rappresentano il 68,8%, mentre per il suicidio assistito con  l’ausilio di un medico sempre più italiani sono favorevoli.

 

ARTICOLI CORRELATI

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

- Advertisment -

Più popolare

Commenti recenti