venerdì, Aprile 18, 2025
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Fibromialgia: la battaglia di Pia, storia di coraggio e resilienza

Dal 2012 soffre di fibromialgia, una malattia reumatologica che causa dolori insopportabili e che ha portato alla sua inabilità lavorativa nel 2015. Nonostante le difficoltà, Pia ha sempre mostrato una forza d'animo straordinaria perché ha una missione da compiere: il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante

Pia Zirpolo è una donna o meglio una guerriera perché la sua vita da oltre dieci anni è diventata una battaglia continua contro la fibromialgia e una serie di altre malattie debilitanti. Dal 2012 soffre di fibromialgia, una malattia reumatologica che causa dolori insopportabili e che ha portato alla sua inabilità lavorativa nel 2015. Nonostante le difficoltà, Pia ha sempre mostrato una forza d’animo straordinaria perché ha una missione da compiere: il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante.

Fibromialgia la malattia invisibile che in Lombardia conta 60 mila malati

Solo in Lombardia si stimano 60 mila malati. E il 20% delle malattie reumatiche si riferiscono alla fibromialgia. Pia è una di loro. «Purtroppo, essendo una malattia multiorgano, spesso viene sottovalutata – racconta Pia -. Anche nel mio caso il riconoscimento della malattia è stato tardivo. Mi hanno curato con cerotti di morfina, ma ad un certo punto non sono più riuscita a camminare e i dolori sono diventati insopportabili». Una escalation di dolore che la porta a non essere più in grado di uscire di casa e di lavorare.

I farmaci per la fibromialgia non bastano più

Viene trattata prima con le immunoglobuline poi con farmaci biologici. «Mi hanno dato un farmaco sperimentale per il quale è stata necessaria l’autorizzazione dell’Istituto Mario Negri e di Regione Lombardia – racconta con la voce rotta dal pianto -.  Non era specifico per la fibromialgia ma aveva risolto diverse problematiche in altri pazienti e quindi è stato fatto un tentativo anche con me.  Purtroppo, però il farmaco non ha avuto gli effetti sperati. E  alla fine all’ennesima elettromiografia, i medici mi hanno detto che la malattia è diventata irreversibile».

« Ho pensato al suicidio»

La fibromialgia non è l’unica sfida per Pia. Ha affrontato una maculopatia retinica, la tiroidite di Hashimoto e numerosi altri problemi di salute. La sua condizione è peggiorata al punto che oggi non riesce più a camminare e i dolori sono diventati insopportabili. «Negli anni sono diventata allergica a diversi farmaci e ho rischiato di morire più volte – ammette sottovoce – . Sono ipertesa, diabetica, ho un rene in gravi condizioni, ho avuto 56 polmoniti, 50 varicelle, 5 Fuochi di Sant’Antonio, sono una paziente autoimmune e  non ho più barriere immunitarie. Più volte ho  pensato al suicidio, ma qualcosa mi ha sempre fermato. Prima di andarmene devo portare a termine la mia battaglia. Nel 2017 ho presentato in Regione una mozione  che è stata approvata, ma l’iter non è mai arrivato al termine». A distanza di otto anni, la mozione è ferma. Nonostante tutto, Pia non si arrende. La sua mission oggi è aiutare chi come lei soffre di questa malattia multiorgano altamente debilitante.

Uno sportello per i malati

Pia oggi è vicepresidente dell’associazione A.I.R.A., dedicata ai pazienti fibromialgici. Ha aperto uno sportello per aiutare coloro che, come lei, si trovano a dover affrontare questa malattia. La sua dedizione e il suo impegno hanno ispirato molti, ma la strada è ancora lunga. Ha dovuto affrontare numerose complicazioni, tra cui ipertensione, diabete, gravi problemi al rene.

L’appello di Pia

La storia di Pia Zirpolo è un esempio di coraggio e resilienza. Nonostante le difficoltà, continua a lottare per sé stessa e per gli altri, dimostrando che anche nelle situazioni più difficili, è possibile trovare la forza per andare avanti. Il suo appello è rivolto all’assessore al welfare di Regione Lombardia, Guido Bertolaso «Oggi la fibromialgia è una malattia nota perché se ne parla, ma la mia mozione presentata nel 2017 in Regione Lombardia e approvata in tre tavoli è ancora ferma. E questo non è ammissibile. Sono disposta a legarmi davanti alla regione per arrivare alla conclusione. Cosa chiedo? La fibromialgia deve essere riconosciuta come malattia invalidante, i malati devono avere l’esenzione del ticket per i farmaci e una rete di centri reumatologici regionali dedicati. A me non resta molto tempo, la mia vita è un inferno. Sono sola nella mia battaglia  e invisibile al mondo intero. Ma prima di andarmene vorrei lasciare un segno tangibile per tutti i malati di fibromialgia». Forza Pia!

 

 

 

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
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