giovedì, Maggio 15, 2025
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Fibromialgia: diagnosi e cure della malattia del dolore

Dolori diffusi in tutto il corpo possono essere il campanello di allarme della fibromialgia. Una malattia reumatologica non infiammatoria che colpisce in particolare le donne giovani. Il professor Luigi Sinigaglia, Specialista in Reumatologia e in Medicina Interna spiega come riconoscerla e trattarla

Dolori diffusi che non danno tregua? Potrebbe trattarsi di fibromialgia, conosciuta anche come la malattia invisibile. Infatti, non si conosce l’origine ed è sotto diagnosticata proprio perché non esiste un esame in grado di identificarla con certezza. Si stima che colpisca tra il 2 e il 5% della popolazione con un picco intorno ai 35 anni, anche se può manifestarsi a qualunque età. Come fare allora per riconoscerla? L’abbiamo chiesto al Professor Luigi Sinigaglia, Specialista in Reumatologia e in Medicina Interna, Docente presso la Scuola di Specializzazione in Reumatologia dell’Università di Milano. Già Direttore del Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche del Centro Ortopedico Traumatologico Gaetano Pini -CTO di Milano e Presidente della Società Italiana di Reumatologia.

Prof. Luigi Sinigaglia, Specialista in Reumatologia e in Medicina Interna

Professore, come possiamo definire la fibromialgia?

«Innanzitutto, erroneamente a quanto molti pensano, è bene precisare che non si tratta di una malattia infiammatoria. Infatti, fa parte delle malattie reumatologiche. Più precisamente è una sindrome da dolore cronico che interessa diverse sedi, i muscoli della colonna vertebrale, gli arti ed è caratterizzata da una sintomatologia diffusa a carico dell’apparato locomotore».

Chi sono i soggetti più colpiti e perché?

«Colpisce in prevalenza le donne giovani e la causa non è nota. Probabilmente la sua esplosione è causata dall’alterazione dei meccanismi percettivi del dolore individuale che scatena la sindrome dolorosa cronica diffusa e rende la vita dei pazienti molto difficile».

Come si manifesta?

«Al dolore diffuso si associano altri disturbi: del sonno, intestinali, determina uno stato d’ansia perpetrato, stanchezza e astenia. Nonostante la sintomatologia dolorosa diffusa però la fibromialgia non determina danni a carico dell’apparato locomotore. Non determina deformazione, perdita di funzioni che si conservano nel tempo».

Come si arriva ad  una diagnosi?

«Non ci sono esami specifici in grado di determinare la presenza della fibromialgia. Si arriva alla diagnosi per esclusione. L’esperienza del clinico porta a fare la diagnosi. Di sicuro si esclude si tratti anche di una forma di malattia autoimmune. Dunque, non ci sono anticorpi specifici e neppure segni di infiammazione a carico di muscoli e articolazioni».

C’è un’età di confine a partire dalla quale si scatena la fibromialgia?

«Colpisce le donne giovani, intorno ai 20 anni, o anche prima. Difficilmente si manifesta in età avanzata, di solito l’età tra i 20 e i 40 anni è quella che paga il prezzo più alto. Si tratta infatti di donne in piena attività lavorativa e sociale costrette a sopportare dolori importanti e a limitare la propria vita a causa del manifestarsi della malattia».

Quali sono le terapie odierne per curare i sintomi della malattia?

«La terapia per contrastare la fibromialgia è in parte farmacologica, con farmaci che riducono la soglia del dolore come  il Gabapentin, (antiepilettico e analgesico con un meccanismo che riduce l’iperattività delle cellule nervose) e antidepressivi. In questo caso si sfrutta la capacità di generare un rilassamento muscolare che va ad alleggerire il dolore. A fianco di queste terapie farmacologiche occorre impostare  un programma fisioterapico. Il movimento è molto importante, così come la massoterapia per rilassare tutta la muscolatura».

Quale messaggio possiamo dare a chi soffre di fibromialgia?

«È importante sottolineare che questa malattia non porta a danni irreversibili dell’apparato locomotore e neppure ad alcuna deformazione degli arti. Questo è importante perché rincuora i pazienti che hanno più motivazione nel seguire un programma di stretta assistenza farmacologica e fisica. A questo proposito è importante il ruolo delle associazioni di pazienti e dei centri neurologici specialistici dove esiste un supporto psicologico in grado di aiutare il paziente a superare le conflittualità emotive che si scatenano con la comparsa dei sintomi».

 

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
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