
Sovrappeso e obesità. I nuovi farmaci per dimagrire promettono una vita senza più grasso in eccesso. E’ tutto vero? Come funzionano? Sono per i diabetici o possono essere utilizzati da tutti? Per quanto tempo bisogna prenderli? Sono sicuri?
Farmaci per dimagrire: attenzione!
Nel panorama della gestione del peso, molte persone cercano soluzioni efficaci per raggiungere i loro obiettivi di dimagrimento. Tuttavia, è importante comprendere che non tutti i farmaci destinati al trattamento del diabete di tipo 2 sono adatti per l’uso nella perdita di peso per coloro che non soffrono di questa patologia. Un esempio di tale farmaco è la semaglutide. Come medico endocrinologo, è mio dovere sottolineare perché il suo uso per scopi di dimagrimento in individui non diabetici può essere inappropriato e persino rischioso.
La semaglutide non è per tutti gli obesi
La semaglutide è un agonista del recettore del peptide simile al glucagone-1 (GLP-1), un farmaco progettato principalmente per il trattamento del diabete di tipo 2. Questo significa che il suo meccanismo d’azione è specificamente mirato a regolare i livelli di glucosio nel sangue negli individui con questa patologia.
In che modo? Stimolando la produzione pancreatica di Insulina e riducendo la produzione di Glucagone. Esattamente il contrario di ciò che si dovrebbe fare nei pazienti in sovrappeso o con obesità addominale che sono già iperinsulinemici.
Farmaci per dimagrire: rischi e effetti collaterali
Queste persone, infatti, devono seguire una dieta a basso indice glicemico per abbassare la produzione di insulina, aumentare l’apporto proteico per aumentare la produzione di glucagone, fare attività sportiva per abbassare la richiesta di insulina (i muscoli utilizzano il glucosio senza bisogno dell’azione dell’insulina) e, in alcuni casi, assumere farmaci che riducono la produzione di insulina.
Dunque, la semaglutide fa esattamente il contrario, stimola la produzione pancreatica di Insulina. Per questo, infatti, il farmaco è indicato ai diabetici, i quali hanno necessità di un maggior apporto di insulina per abbassare la glicemia. Il paziente iperinsulinemico, invece, ha valori normali di glicemia o, addirittura, può andare incontro a cali glicemici.
E allora? Perché i farmaci a base di semaglutide fanno perdere peso?
Perché il farmaco agisce a livello centrale riducendo il senso di fame, agisce come un anoressizzante. Dunque, aiuta a mangiare di meno e, assumendo meno carboidrati si riduce la produzione di insulina che, però, viene stimolata dallo stesso farmaco. La perdita di peso, dunque, è frenata dalla stessa azione del farmaco. A questo punto, appare chiaro che il successo in termini di peso perso è direttamente proporzionale a quanto cibo in più si assumeva settimanalmente prima della terapia.
La semaglutide fa perdere peso a chi davvero mangiava in eccesso.
Cosa succede agli iperinsulinemici una volta che sospendono i farmaci per dimagrire?
Oppure agli iperinsulinemici che, nonostante la semaglutide non perdono sufficiente peso?
Nel primo caso, se non si fossero nel frattempo intraprese nuove modalità di stile di vita e alimentare, il peso ritorna.
Nel secondo caso, l’aumentata produzione di insulina stimolata dal farmaco, insieme alla già alta produzione per il meccanismo di insulino resistenza può portare ad un esaurimento della capacità produttiva delle cellule beta con conseguente ridotta produzione insulinica, iniziale perdita di peso e successiva comparsa di Diabete insulino dipendente (terapia insulinica a vita).
Si rischia di passare da grasso iperinsulinemico a grasso diabetico per difficile adeguamento della terapia con insulina e restrizione degli zuccheri per rischio di ipoglicemie. Insomma, la questione è complessa. E, la semaglutide, rischia di essere una ulteriore e costosa scorciatoia per perdere peso in chi si ostina a non
Perché bisogna ridurre l’insulina e non stimolarla
Da anni siamo a conoscenza che l’insulina è responsabile della produzione di fattori che favoriscono la crescita delle cellule e queste condizioni a loro volta possono stimolare lo sviluppo dei tumori. Dalla dieta “mima digiuno” di Valter Longo alle ricerche dell’istituto di farmacologia Mario Negri, dai lavori del dottor Berrino solo per restare in Italia, si va nella direzione di ridurre la produzione di insulina.
E le conseguenze a lungo termine dell’utilizzo della semaglutide, che aumenta la produzione di insulina, non sono note perché il farmaco è uscito da pochi anni e non ne era previsto l’utilizzo negli iperinsulinemici.
Esistono casi “borderline” in cui è consigliabile prescrivere la somministrazione di Semaglutide?
Nei pazienti in forte sovrappeso o obesi con glicata al limite alto, con dislipidemia e rischio cardiovascolare che non riescono a seguire un regime alimentare adeguato e sono impossibilitati a praticare attività sportiva.
Ma, va detto che la semaglutide, con il suo ruolo anoressizzante, ha aperto la strada alla ricerca di sostanze simili che, mantenendo e potenziando l’efficacia anti fame, possano essere somministrate ad una categoria di pazienti non necessariamente diabetici o a rischio di patologie legate all’obesità.
Nuovi farmaci: la Tirzepatide
Da ottobre è presente nelle farmacie una nuova sostanza, la tirzepatide, farmaco che contiene una doppia componente, il GLP-1 come nella semaglutide e in più il GIP (Peptide Inibitorio Gastrico). Questa doppia componente allunga l’azione del farmaco e ne aumenta l’effetto anoressizzante rallentando il transito del cibo nel tratto intestinale e dando una sensazione di ripienezza.
Farmaci per dimagrire? Meglio uno stile di vita corretto
Con la semaglutide e la tirzepatide si è aperta indubbiamente una nuova possibilità terapeutica per la perdita del peso. Gli effetti collaterali a distanza ancora non sono completamente conosciuti ma il rapporto rischio beneficio è certamente a vantaggio del beneficio negli obesi. Si sta assistendo ad una riduzione delle richieste di chirurgia bariatrica nei grandi obesi, ad esempio. Quello che è importante ed auspicabile è che il paziente, perdendo peso con l’aiuto farmacologico, entri in un circuito di stile di vita ed epigenetico modificato rispetto a quello che lo ha reso obeso in modo da non perdere nel tempo i risultati ottenuti una volta sospesa l’assunzione del farmaco.
A cura del Prof. Dott. Antonio Stamegna, specialista in Endocrinologia e malattie metaboliche