L’emicrania è la seconda malattia più disabilitante nel mondo. Ad esserne colpiti sono più di un miliardo di persone, di cui 6 milioni solo in Italia, tre su una sono donne. Sono proprio le donne ad avere attacchi più frequenti, di intensità e durata maggiori rispetto agli uomini. Per non parlare dell’emicrania cronica, che colpisce l’1-2% della popolazione globale.
Il tempo rubato dal dolore e dalla paura
Convivere con l’emicrania è un dispendio di energie e di tempo. Ogni minuto rubato dal dolore e dalla paura del prossimo attacco rappresentano attimi non vissuti. Negli ultimi anni, però, grazie a nuove opzioni terapeutiche è possibile ridurre il tempo rubato dalla malattia alla quotidianità.
Cos’è il neuropeptide che causa gli attacchi di emicrania
A fare la differenza possono essere i nuovi farmaci: anticorpi monoclonali in grado di bloccare il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina). Il CGRP è il principale neuropeptide rilasciato dai terminali del nervo trigemino, che causa l’attacco emicranico. Se ne è parlato questa mattina durante l’evento “Emicrania: Una storia di tempo ritrovato” promosso da AbbVie. L’incontro si è tenuto a Milano ed ha permesso ai presenti, specialisti e associazioni di pazienti, di confrontarsi sul concetto di prevenzione e di delineare le prospettive future nella gestione della malattia.
L’impatto dell’emicrania sulla vita
«L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera una giornata vissuta con emicrania severa invalidante, quanto una giornata vissuta con demenza, tetraplegia o psicosi acuta – ha commentato Simona Sacco, Professoressa Ordinaria di Neurologia presso Università degli Studi dell’Aquila e Direttrice UOC Neurologia e stroke unit Avezzano-Sulmona-L’Aquila -. Questo dato è ancor più significativo se si tiene conto del fatto che l’emicrania, spesso, si manifesta nella fascia di età tra i 25 e i 55 anni, quindi nella fase più attiva e produttiva della vita. La qualità di vita dei pazienti con emicrania, dunque, può essere fortemente compromessa in questi anni centrali dell’esistenza con un conseguente impatto sul Sistema Sanitario Nazionale e sul sistema sociale in generale».
Il peso economico dell’emicrania
A questo riguardo, anche dal punto di vista economico l’impatto della malattia è decisamente rilevante. Secondo studi europei, il costo annuo associato all’emicrania è stimato tra i 18 e i 27 miliardi di euro. Investire sulla prevenzione, oltre a migliorare la qualità di vita delle persone, può abbassare i costi sostenuti dal Sistema Sanitario Nazionale.
I costi si dividono in:
- costi sanitari diretti (legati all’assistenza specialistica, ospedaliera e farmaceutica),
- costi diretti non sanitari (relativi, ad esempio, all’acquisto di dispositivi)
- costi indiretti (riconducibili alla perdita di produttività di paziente e caregiver).
Novità terapeutiche
Perché si arrivi ad abbassare i costi dell’emicrania e migliorare la vita dei pazienti che ne soffrono, oggi sono al vaglio novità terapeutiche importanti. «Negli ultimi anni, le opzioni terapeutiche a disposizione per il trattamento dell’emicrania sono notevolmente aumentate. Questo grazie all’introduzione di terapie preventive sempre più mirate che contrastano il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina). E dopo numerosi anni di studi, sono disponibili trattamenti specifici in grado di bloccare l’azione del CGRP e così prevenire gli attacchi», ha aggiunto Pierangelo Geppetti, Professore Emerito di Farmacologia Clinica – Dipartimento di Scienze della salute, Università di Firenze.
La terapie preventiva con anticorpi monoclonali
La terapia preventiva generalmente viene prescritta al paziente che riferisce di 4 o più giorni al mese di emicrania. L’obiettivo della terapia preventiva è di ridurre la frequenza e l’intensità degli attacchi e migliorare la qualità di vita del paziente. L’ottimo profilo di efficacia e di sicurezza degli anticorpi monoclonali anti-CGRP e, più recentemente, dei gepanti, ovvero piccole molecole dirette contro il recettore del CGRP, costituisce la base per un vero e proprio cambio di paradigma nella terapia dell’emicrania.
Chi può avere la terapia di prevenzione
Più efficace e sicura rispetto alle precedenti cure, Atogepant è, ad oggi, l’unico gepante rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale per il trattamento preventivo dell’emicrania negli adulti. Per la prescrizione è necessario però che il paziente presenti otto o più giorni di emicrania al mese. «Nella gestione attuale dei pazienti con emicrania, diventa sempre più importante cercare di concentrarci nel garantire più giorni liberi dalla malattia e senza attacchi invalidanti. La decisione di iniziare una terapia di prevenzione dipende: dalla frequenza degli attacchi, durata e gravità oltre che da quanto questi incidono negativamente sulla qualità di vita delle persone », ha sottolineato Cristina Tassorelli, Professore Ordinario di Neurologia, Università di Pavia e Direttore dell’Headache Science Center dell’Istituto Neurologico Mondino di Pavia.
L’importanza della terapia preventiva personalizzata contro l’emicrania
Nello scenario terapeutico della prevenzione dell’emicrania, Atogepant è una nuova opzione che si è rivelata efficace. I dati che provengono dagli studi clinici ci dicono che, a lungo termine in aperto, quasi la metà delle persone con emicrania episodica, ad un anno dalla terapia, ha ottenuto la totale libertà dall’emicrania. Per Nicoletta Orthmann, Direttrice medico-scientifica di Fondazione Onda ETS «Diagnosi tempestiva, coinvolgimento attivo e formazione del paziente, presa in carico multidisciplinare personalizzata, che consideri anche gli aspetti psicologici e socio-relazionali, rappresentano le principali strategie per promuovere un efficace approccio preventivo fondato sull’adozione di corretti stili di vita e sull’aderenza alle terapie».
La voce dei pazienti
Positivo il commento dei pazienti, anche se non nascondono le difficoltà che ancora quotidianamente incontrano. «Purtroppo è sempre molto forte la mancata comprensione del dolore e delle difficoltà ad essa associate – ha fatto notare Alessandra Sorrentino Presidente di Al.Ce – Alleanza Cefalalgici e di Fondazione CIRNA –. Gli attacchi possono essere così forti da impedire di compiere anche le più semplici attività quotidiane e la paura di un imminente attacco condiziona psicologicamente la quotidianità. Il ruolo delle Associazioni dei pazienti diventa sempre più centrale nel valorizzare e far coincidere l’innovazione, che oggi abbiamo a disposizione grazie alla ricerca, con una migliore esperienza con la malattia».
Il futuro nella gestione della malattia e nelle terapie
«L’approccio alla gestione dei pazienti con emicrania dovrebbe basarsi su un modello organizzativo in 3 livelli. Il primo costituito dai neurologi che lavorano nei poliambulatori specialistici e divisionali, così come nelle Case di Comunità, il secondo da neurologi esperti di cefalea all’interno di strutture ospedaliere con ambulatori dedicati e il terzo da neurologi che lavorano nei Centri riconosciuti, quindi strutture con competenze specialistiche in grado di gestire le cefalee più complesse e disabilitanti con terapie specifiche – ha concluso Alessandro Padovani, Direttore dell’Istituto di Neurologia Clinica presso il Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Università di Brescia e Presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN). L’auspicio per il futuro è che sia i centri di secondo che quelli di terzo livello possano offrire tutte le terapie disponibili, tra cui Atogepant, che andrebbe considerato di prima linea per la prevenzione dell’emicrania, senza dover attendere un precedente fallimento di altre classi di farmaci aspecifiche».