Sono 3,5 milioni le persone affette da diabete in Italia. Di queste una su sei viene ricoverata almeno una volta all’anno in ospedale. Trattandosi di una malattia cronica i pazienti restano in osservazione al Pronto Soccorso per periodi fino a 36 ore. Se si considera poi che la spesa sanitaria annuale per la patologia diabetica è di circa 10 miliardi di euro, il 53% è assorbito dalla spesa ospedaliera.
Perché le complicanze del diabete gravano sul SSN
Questo dato mette in luce una criticità significativa: l’impatto delle complicanze legate a questa patologia cronica sul Sistema Sanitario, già gravato dal sovraffollamento delle strutture di emergenza. Le cause di queste complicanze sono attribuibili a:
- Gestione inadeguata della terapia farmacologica,
- Monitoraggio insufficiente della glicemia,
- Scarsa aderenza terapeutica
- Limitata diffusione di modelli di medicina preventiva e proattiva.
Aumento di costi per il Servizio Sanitario Nazionale
Il risultato è un aumento considerevole dei costi per il Servizio sanitario nazionale. Per affrontare questa problematica è stato organizzato a Roma, presso l’Istituto Sturzo, un Dialogue Meeting. Promosso dall’Intergruppo Parlamentare Diabete, Obesità e Stili di Vita, l’evento ha visto la partecipazione di società scientifiche e associazioni di pazienti per definire le basi di un percorso diagnostico-terapeutico-
Le soluzioni in un documento proposta
«Nell’ambito di una più efficiente gestione della patologia diabetica- ha affermato in un suo messaggio di adesione all’iniziativa la senatrice Daniela Sbrollini, vicepresidente della X commissione permanente del Senato e presidente dell’Intergruppo parlamentare obesità, diabete e per le malattie croniche non trasmissibili– ritengo di assoluta utilità disporre di uno strumento di lavoro e di indirizzo contenente indicazioni per superare l’assenza di una reale continuità assistenziale tra ospedale e territorio nella gestione del rapporto tra cronicità ed acuzie. La medicina del territorio e le future case di comunità dovranno creare i presupposti per liberare i pronto soccorso dai casi non urgenti che sarebbero gestibili al di fuori dei presidi ospedalieri».
L’importanza della condivisione dei dati
Il documento raccomanda anche una gestione integrata dei dati clinici che possa essere disponibile ai diversi operatori sanitari che gravitano attorno alla persona con diabete. A tal proposito Federico Serra, Capo della segreteria tecnica dell’Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete, ha sottolineato che «l’accesso al pronto soccorso nelle aree interne marginali è particolarmente difficile e l’ausilio dell’innovazione tecnologica potrebbe offrire un valido supporto per la prevenzione di episodi acuti».
Pdta: cosa deve cambiare
Nonostante esistano oggi diversi Pdta (regionali e/o aziendali) per il diabete che identificano iter, sequenza e tempi del processo assistenziale, in realtà i pazienti continuano a rivolgersi al Pronto Soccorso. «Si pone la necessità che si metta a punto un nuovo Pdta specifico per i malati di diabete – ha aggiunto Paola Pisanti, coordinatrice del comitato che ha realizzato il documento-proposta -. Che preveda un’adeguata formazione del personale ospedaliero/territoriale e una corretta informazione al paziente e al caregiver prima delle dimissioni. In questo modo si deve trasferire maggior consapevolezza della malattia, facendo comprendere l’importanza dell’aderenza terapeutica, oggi possibile anche attraverso dispositivi autogestiti di monitoraggio continuo della glicemia».
Il ruolo del Pronto Soccorso nella gestione del paziente con diabete
Il pronto soccorso resta in ogni caso un nodo strategico nella gestione della patologia diabetica. Gli accessi in Ps dei pazienti con diabete consentono infatti di valutare l’appropriatezza delle cure sul territorio, la preparazione di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e la percentuale di utilizzo dei dispositivi di monitoraggio continuo dei livelli di glicemia, oltre che sulla telemedicina e l’efficienza dei percorsi per il diabete.
«Si comprende bene come sia fondamentale perciò un approccio organizzativo più efficace ed efficiente che passi da una logica ancora prevalente di sanità di attesa ad una più incisiva logica di sanità di iniziativa, caratterizzata anche da attività di prevenzione e formazione sui pazienti e sui caregiver», ha rimarcato il professor Andrea Lenzi, Emerito di Endocrinologia all’Università La Sapienza di Roma e presidente del Comitato di Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio.
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