Diabete, c’è bisogno di empatia! È partita ieri, 28 ottobre, la campagna ‘Empatia, un giorno con il diabete’. Ideata per evidenziare i bisogni, le criticità e i disagi pratici ed emotivi che possono emergere nell’esperienza quotidiana di una persona con diabete.
Favorire l’integrazione dei malati
L’obiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica. Favorire l’integrazione delle persone con diabete in tutti i contesti quotidiani di vita, come il lavoro, la scuola o l’università e lo sport. Far comprendere a operatori e istituzioni sanitarie l’importanza di rispondere non solo ai bisogni di accesso e cura, ma anche a necessità più ampie e profonde.
Let’s talk about well-being for a better diabetes life
Questo progetto si lega al tema chiave della Giornata Mondiale del Diabete 2024-26, “Let’s talk about well-being for a better diabetes life”. Identificato proprio a partire dalla necessità di costruire consapevolezza rispetto all’impatto psicologico ed emotivo del diabete sul benessere della persona. Non solo. Anche all’importanza di rendere questi aspetti centrali nella gestione della patologia.
Essere positivi è difficile, lo dicono i numeri
Secondo l’lnternational Diabetes Federation (IDF) il 28 per cento delle persone con diabete ha difficoltà a mantenere un atteggiamento positivo nei confronti della propria condizione, il 63 per cento afferma che la paura di sviluppare complicanze influisce negativamente sul proprio benessere e il 36 per cento sperimenta ansia a causa della malattia. Una persona su quattro con diabete di tipo 1 e una su cinque con diabete di tipo 2 soffre di stress e ansia. Stati che possono portare a depressione, burnout e a un rapporto complicato con il cibo e con i farmaci, soprattutto con l’insulina, che si traduce in quasi 1 milione di persone colpite in Italia. Tuttavia, quasi la metà di questi casi non viene individuata.
Azioni quotidiane che affliggono il paziente
«Tenere monitorata la glicemia, controllare l’assunzione calorica, praticare attività fisica e seguire terapie che spesso richiedono l’assunzione di diversi farmaci in più ore del giorno sono tutte azioni che possono avere un forte impatto nella quotidianità delle persone con diabete e comprometterne il benessere psicologico», spiega Antonio Rossi, Responsabile Unità di Medicina Generale a indirizzo Endocrino Metabolico I.R.C.C.S. Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio, Milano; Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche, Università degli studi di Milano.
Maggior rischio di depressione
«Depressione, burnout e disturbi del comportamento alimentare sono solo alcuni dei disagi di natura psicologica con cui spesso convivono le persone con diabete, che, oltre alle evidenti ripercussioni sul benessere della persona, possono avere anche un impatto negativo nella gestione della malattia. Infatti, secondo uno studio dell’Università di Bologna e pubblicato su Acta Diabetologica, le persone con diabete e depressione hanno un rischio 1,6 volte maggiore di andare incontro a complicanze metaboliche nel lungo termine e di 2,3 volte superiore di complicanze acute nel giro di 3 anni».
Mettiamoci nei loro panni
Il progetto “Empatia, un giorno con il diabete” vedrà il coinvolgimento di persone ‘sane’ che, per una giornata, dovranno “mettersi nei panni” di una persona con diabete, tenendo monitorata la glicemia. Durante questa giornata, ai partecipanti sarà anche richiesto di raccontare l’esperienza restituendo il proprio percepito a livello emotivo e funzionale. I dati raccolti saranno poi analizzati con l’obiettivo di condividere evidenze strutturate con l’opinione pubblica, gli operatori sanitari e le istituzioni.
Il malessere va condiviso
«Siamo orgogliosi e felici dell’avvio di questo progetto nato non solo per sensibilizzare, ma anche per promuovere una maggiore consapevolezza su un tema così importante come il benessere psicologico ed emotivo delle persone con diabete. La testimonianza di persone che non hanno la malattia, ma che avranno la possibilità di sperimentare la quotidianità di chi ce l’ha -dice Marcello Grussu, Vicepresidente di Diabete Italia -Il malessere che può insorgere dopo una diagnosi difficile come quella di diabete non può e non deve essere ignorato. Soprattutto per le conseguenze più profonde che può avere sulla persona.
Oggi la tecnologia aiuta la gestione in modo sereno
«Le soluzioni tecnologiche per il monitoraggio in continuo del glucosio oggi disponibili possono consentire alle persone con diabete di gestire la malattia in modo sempre più personalizzato e di convivere con maggiore serenità con la propria condizione. C’è ancora tanto da fare in termini di equità e tempestività di accesso all’innovazione. Attraverso questo progetto, speriamo di dare un contributo concreto affinché le persone con diabete si sentano sempre meno sole e possano essere superate quelle barriere che ancora oggi limitano la loro qualità di vita», conclude Marcello Grussu
L’empatia deve correre tra le persone
«Questo progetto rappresenta un vero cambio di paradigma perchè vuole invitare a riflettere in prima persona sulle difficoltà legate alla gestione del diabete. L’obiettivo è creare una maggior comprensione ed empatia verso chi vive quotidianamente con una malattia cronica, che non concede pause. Attraverso le esperienze e le testimonianze raccolte durante la giornata e documentate con un questionario, daremo voce a ciò che spesso viene espresso solo a parole», spiega Andrea Boaretto, fondatore e CEO di Personalive.
Roche e il progresso
«Il paziente è una risorsa essenziale per migliorare l’efficacia e la sostenibilità dei processi di cura. Ogni azione non può prescindere dall’ascolto della sua voce e dei suoi bisogni, anche quelli legati alla sfera psicologica ed emotiva. Per questo abbiamo deciso di sostenere il progetto ‘Empatia, un giorno con il diabete’, coinvolgendo i nostri dipendenti- commenta Ramiro Pena, Healthcare Development Director di Roche Diagnostics Italia– Questa iniziativa vuole contribuire in modo concreto a creare consapevolezza sui lati invisibili del diabete. Chi non ha la malattia viene invitato ad avvicinarsi in prima persona alle sfide quotidiane di chi vi convive. In questo modo si può comprenderne difficoltà e bisogni di inclusione e fare la propria parte per superare i pregiudizi, purtroppo ancora attuali», conclude