Medici e infermieri stressati al punto da mettere in pericolo la propria vita. La testimonianza di Daniela, giovane infermiera laureata, in forza in un grande ospedale lombardo, è la fotografia di quello che purtroppo si verifica spesso in Italia.
Un caso limite che deve far riflettere
Al rientro dopo un turno di notte, Daniela ha un incidente in auto dove riporta una frattura costale e diversi ematomi. La donna riferisce di aver accumulato molta stanchezza e di non aver avuto, di conseguenza, riflessi pronti per evitare l’impatto con un’altra auto. «Da tempo sono sottoposta ad uno stress psico – fisico importante sul lavoro – racconta l’infermiera a Quotidiano della salute -. Mi sono licenziata dal mio vecchio lavoro per cominciare ad esercitare presso un ospedale della Brianza sperando di trovare una realtà migliore e stimoli nuovi. Sono giovane e ho tanta voglia di imparare e crescere professionalmente».
L’infermiera: «Voglia di imparare ed entusiasmo non bastano più»
«Arrivo lo scorso primo novembre nella nuova sede con mille buoni propositi e con tanta carica – prosegue l’infermiera -. Avrei dovuto effettuare un affiancamento di 15 giorni, ma il secondo giorno scopro che l’affiancamento di fatto non ci sarebbe stato a causa delle “necessità di reparto”. Quindi, laureata da due anni e con sola esperienza in ambito oncologico, mi ritrovo catapultata in un reparto di nefrologia, dove avrei dovuto seguire pazienti nefropatici molto impegnativi, ma soprattutto effettuare la dialisi peritoneale senza un minimo di formazione».
Un solo giorno di riposo per gli ultimi arrivati
«Per gli infermieri in servizio sono previsti due giorni di riposo dopo aver effettuato la notte, ma, nel mio caso è sempre stato uno, perché sono l’ultima arrivata – ammette Daniela -. Non solo, è prassi che la terapia del mattino venga somministrata in tutta fretta per la necessità di finire presto e supportare gli OSS nelle cure igieniche dei pazienti. Un fatto, a mio parere, di rilevante importanza».
Ansia e timore di sbagliare assale l’infermiera
La fretta non è mai una buona compagna di viaggio ed infatti Daniela, dopo poche settimane accusa il colpo, vive una perenne condizione di ansia per il timore di sbagliare la terapia e al termine dell’ennesimo turno di notte ha un cedimento proprio mentre rientra a casa e fa un incidente che le procura dolore e frustrazione. «Ho deciso di rassegnare le dimissioni – ammette la donna -. Preferisco tornare al mio vecchio ospedale dove lo stress da turni massacranti è tanto, ma quantomeno la distanza dalla mia abitazione al luogo di lavoro è minima. La situazione in cui ci troviamo noi infermieri è davvero frustrante e logorante. Confesso che non c’è giorno in cui non pensi di cambiare lavoro o iscrivermi all’università per scegliere un indirizzo diverso. Purtroppo, la ricompensa morale non basta più. Se non cambia qualcosa temo il peggio per la sanità italiana», conclude.
Non possiamo fare finta di nulla
Si è compreso il rischio che stiamo correndo? Con il trend attuale di iscrizione ai corsi di laurea in infermieristica, tra pochi anni non avremo più professionisti. Saremo assistiti da personale formato con un anno di corso che dovrà manipolare farmaci, pianificare l’assistenza, trattare ferite avanzate, elaborare un piano di cura, effettuare manovre invasive, ecc.
Cara Presidente Giorgia Meloni
Cara Presidente Giorgia Meloni, vorrei leggesse il mio sfogo. Parole dure, ma dirette al cuore dei politici che si occupano di sanità, e non solo, perché la salute è un bene di tutti e la malattia non fa distinzione di ceto, genere ed età.
La forza dell’Italia nella formazione
L’Italia ha una grande fortuna: ha università prestigiose, forma professionisti ricercati e ambiti ovunque, ma non ha la forza, una volta completati gli studi, di trattenerli. Non solo da un punto di vista economico, con stipendi adeguati ai parametri europei, ma anche per il trattamento umano riservato loro: riconoscimento della professionalità e rischi connessi a turni massacranti con mancati riposi. Tutti fattori di stress per medici, infermieri e operatori sanitari che, di conseguenza, si riversano su coloro che devono ricevere le cure.
Cosa dice la legge italiana
Eppure, le leggi sul lavoro esistono e sono molto chiare. Solo per citarne una: Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro” (https://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/03066dl.htm). Il Decreto tratta di tematiche quali: “orario di lavoro”- “periodo di riposo”- “lavoro straordinario” – “periodo notturno”- “lavoratore notturno” – “lavoro a turni”- “riposo adeguato”. Sono fattori che non possono e non devono essere violati perché, come abbiamo raccolto nella testimonianza di Daniela, possono causare serie conseguenze in tema di sicurezza personale e dei pazienti.